“Syntechè. Il volo della falena” di Carla Saltelli, Eifis edizioni. A cura di Alessandra Micheli

 

Ammetto che per una volta la mia oggettività nell’analizzare un romanzo viene influenzata dai gusti letterari che mi hanno nutrita in gioventù. E arrivata alla mia veneranda età, è difficile cambiarli e forse non ho neanche intenzione di cambiarli.

Syntechè è un libro raffinato, per palati sfamati dai classici. E’ un libro di una bellezza strabiliante dove l’avventura e i colpi di scena, fanno da contorno a una capacità descrittiva e di introspezione psicologica stupefacente. Quindi se siete abituati a generi distopici sulla falsariga di The Selection, vi trovate completamente spiazzati. Alcune delle critiche al libro, stranamente, sono state rivolte a quelli che sono i punti forza necessari per comprenderne il senso e per viverlo: le descrizioni e le sensazioni del personaggio. Queste due caratteristiche, anzi tecniche letterarie sono da molto, troppo tempo sacrificate in nome della sfrontatezza degli eventi, dell’immediatezza della trama, donandoci a volte libri asettici e semplicemente vendibili.

Syntechè ribalta quest’inquietante tendenza regalandoci la bellezza assoluta di un dipinto che si gusta lentamente, cosi come di gusta un buon vino, un buon thè o un caffè pregiato.

Senza la capacità di entrare nell’animo del personaggio, nel donarci scorci del mondo fantastico, ma non troppo dell’autrice, riusciamo a essere catapultati, rapiti e ammaliati dalla pagine e dalla trama che nno è solo trama, ma emozione, sensazione tattile quasi, vibrante e appassionata.

Ecco che l’evidenza ripugnanza di molti di fronte a un maestoso mosaico di piccoli dettagli, quello che dovrebbe poi riuscire a creare la letteratura, viene a volte snobbato, quasi come se fosse contagioso. Ebbene fatevi contagiare dalla bellezza e dal gusto. Leggete qualcosa che non vi dia soltanto brividi superficiali, ma che abbia la giusta dose di adrenalina che vi scuota nel profondo che vi avvolga davvero. Non guardate sempre e soltanto le apparenze immediate, ma la sostanza.

Dopo questa doverosa premessa eccomi a parlare del nostro romanzo. Prima di tutto, Nel romanzo, troviamo perfettamente inserite ogni tecnica letteraria che è propria del romanzo distopico.  Il distopico ci catapulta totalmente nella nostre più oscure paure, paure rese reali anche dalla possibilità (remota forse, ma probabile) di un futuro non tanto immaginario: il cataclisma finale di una natura che si ribella. E’ un ricordo che è profondamente inciso nel nostro DNA, retaggio di antiche leggende che, purtroppo, hanno avuto un riscontro storico preciso. Atlantide e Mu non sono solo della metafore. Sono il risultato di un azione scellerata di uomini cosi presi da se stessi, da non vedere nient’altro che la loro potenza. Una potenza tecnologica portata ai limiti, di cui abbiamo solo brevi rovine sparse per il mondo e che arrivata al punto più alto si è rivoltata contro il suo stesso padrone. Proprio cosi. Noi uomini cerchiamo troppo spesso l’acme di ogni cosa, spingiamo fino alla massima resistenza, non solo di noi stessi ma di cosa pensiamo di dominare. E portare a limite estremo la natura significa scatenare in essa stessa, una reazione contraria e devastante. Ecco il significato di Syntachè. Una città figlia di un arcipelago di isole, ciò che resta della grandiosità umana, ferita da se stessa, impaurita e debilitata. Che lungi dall’aver capito i suoi sbagli si affida per disperazione, più che per consapevolezza, a un patto di non belligeranza con le forze naturali.

Ed è proprio in questo patto precario che si cerca un cardine forte, capace di riparare le crepe e tenere assieme il tutto: ossia il tramite, il prescelto, un essere umano capace di vivere nei due mondi, di attraversali e aiutarli a comunicare. Jannis è il prescelto,. Unico maschio di una lunga generazione di tramiti femminili con un’enorme responsabilità sulle spalle e un incapacità di essere davvero mediatore, di camminare tra due mondi amandoli e rispettandoli con la stessa forza. Jan non può amare un mondo umano, cosi inconsapevole della necessità di una vera cooperazione tra le forze naturali (incarnate da creature di una bellezza oscura) e le forze razionali dell’uomo. Per Jan è la forza istintiva portatrice di ordine e equilibrio a attrarlo di più. Perché il mondo degli uomini è caso puro, è un camminare in punta di piedi su un filo sospeso tra abisso e paradiso, è un tentennare impaurito sul terreno scosceso delle emozioni cercando di non esserne preda, è un viaggio di tentazioni continue tra le voci suadenti di potere, egoismo, finalità cosciente, arroganza, a volte troppo forti per non essere ascoltate. Essere un umano è difficile. È una lotta tra il se più vero, naturale, fatto di cicli e il se più razionale, più calcolatore, che fa della soddisfazione del bisogno, senza pensare alla conseguenze, il suo unico dio. Ecco che la scelta dell’autrice di dare spazio alle sensazioni del protagonista, diventa una scelta necessaria. E’ lui che ci guida in quest’avventura, lui che la colora di significato, dando un senso più intimo non tanto alla forma del patto, quanto al suo ascendente sulla psiche. Il patto è necessario e Jannis lo comprende, è necessario perché due forze figlie della stessa madre non possono e non è saggio che si combattano. Serve si, ma non è compreso davvero. La sua utilità è immediata e pratica, non ne viene compreso il senso più profondo, più introspettivo; quello di riportare all’unità ciò che è stato scisso per stupidità e egocentrismo. Essendo Jan il tramite, la sua voce interiore avvolge, spiega colora ogni evento dando un senso più reale a una storia che, ci riguarda da vicino. Per questo ascoltando i pensieri di Jan, osservatore privilegiato ma anche quasi con una condanna sulle spalle, noi assistiamo allo svolgersi della storia totalmente partecipi. In quell’istante ,l’autrice riesce a farci essere Jannis. E provando cosa lui prova, paure, amore, rabbia, riusciamo a assorbire, più che leggere, ogni parola scritta facendola nostra e assistendo alla straordinaria esperienza della lettura, quella di vivere un’altra vita di esserne risucchiati e uscirne diversi.

Attraverso una trama accattivante a tratti poetica e mai banale, colorata dalle emozioni intense di un ragazzo con un enorme fardello da portare, l’autrice tocca dei temi importanti con una morbidezza e una saggezza strabiliante, senza per questo sacrificare il colpo di scena, al valore etico e morale di un romanzo sulla vita in ogni suo aspetto. Attraverso l’esperienza e il sacrificio di un ragazzo che scegli di salvare due mondi che non vogliono comunicare noi assistiamo alla storia della nostra civiltà…

 

Ero certo che pochi avessero un reale motivo per protestare contro le regole del trattato. Ma che lo facessero semplicemente perché contrari ai limiti in generale . L’intera situazione aveva l’aspetto di un enorme guerra ideologica cin un cuore di speculazioni economiche…era difficile pensare che in ogni parte del mondo tutti si stessero ribellando non contro qualcosa di concreto e reale bensì contro la limitazione in se.

 

Cosa rende difficile agli umani del mondo post apocalittico della Saltelli, a accettare una cooperazione tra loro e le forze naturali?

Ecco la risposta:

 

Un tempo avrei spontaneamente risposto che secondo il trattato ogni questione sollevata dai rappresentanti era pienamente legittima, tuttavia una parte del mio cervello sapeva benissimo quanto poco l’opinione umana avesse contribuito a formare i termini del patto con la Natura. Anzi quel patto era stato imposto a pochi superstiti decisamente terrorizzati e poco inclini a sollevare questioni di diritti e libertà.

 

Ogni patto, ogni accordo tra specie, uomini e persone deve essere compreso. Non imposto. Ma considerato necessario per la sopravvivenza di ogni essere vivente. Perché siamo uniti da un sottile filo, incorporati nella stessa ragnatela dell’esistenza e ogni violazione di una parte rappresenta un rischio di catastrofe per il tutto. Uomo e natura non sono separati ma figli di una stessa idea primigenia di perfezione, armonia e bellezza. Ecco cosa ci racconta questo splendido libro, una favola di speranza nel dramma, ci racconta come noi stessi ignoriamo spesso verità e realtà a favore di facili scappatoie. Preferiamo costruirci un nemico invisibile e visibile piuttosto che ammettere che il vero, unico nemico è dentro noi stessi. Quella finalità cosciente che ci porta a ingigantire il nostro egocentrismo fino a renderci ciechi e inermi davanti alla catastrofe. Perché la Natura esiliata da noi stessi diventa non più gioia ma imposizione.

 

Forse il trattato è stato visto come un imposizione da parte degli umani. Sono convinta che non ci sarebbe stata neanche una violazione se essi avessero recepito queste regole come proprie

Gli umani non vedono ancora bene i motivi per cui il Trattato va rispettato. Non ne vedono i lati positivi, ma solo quelli negativi; le limitazioni alla loro libertà

 

C’è ancora speranza per il nostro mondo?

Travolgente, emozionante e delicato. Opera impareggiabile e ammaliante.

Autore: Alessandra Micheli

Saggista per passione, affronto nei miei saggi e articoli ogni argomento inerente a quella splendida e misteriosa creatura chiamata uomo, cosi amata dall'energia creatrice: "che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato" Salmo otto

Lascia un commento