Scrivere una recensione deve appassionare. Deve prendere anima e mente, fino a farti scordare dove sei ,chi sei, ostacolare ogni altro pensiero che non sia il libro. E’ una sfida costante, con quelle parole che ti sussurrano schernevoli, vieni da me, scoprimi, ascoltami e carpiscimi. E questa sfida diventa un ossessione, in cui ci si perde nei meandri delle immagini, delle descrizioni e delle atmosfere dipinte con semplici lettere che, danno corpo e sostanza. Ecco quelle semplici lettere dell’alfabeto diventano alchemicamente magia e incanto. Se non suscita questo, un libro è solo un accozzaglia di frasi, messe li a caso forse, o forse messe quasi in esaltazione di se stessi. Ma quando un libro ha dentro di se mille voci, mille sfaccettature, allora sai che inizia la ricerca del senso e ogni domanda ti affanni a scavare il suo perché.
Ecco cos’è stato per me, e cosa si prova a leggere il secondo capitolo della saga di Imbalance. Titolo, cover, testo, creano una vera e propria griglia che cattura, ingloba e non ti lascia andare. Creano tensione, pathos, emozioni. Ed è soltanto il primo strato. Perchè al pari dei frutti migliori, il libro delle due autrici cela molto altro, come se fosse una sorta di scatola cinese da aprire con incanto e meraviglia
Nel secondo libro ritroviamo i personaggi di Aylin, di Stephanie, di Katy, nonché dei Nephilim e Seraphin, letteralmente sconvolti. Il mondo cosi come lo conoscevano, quella quotidianità a cui erano abituati, fatta di ruoli prestabiliti, di lavoro e di sogni, di impegni, responsabilità e una missione che tutto escludeva, è mutato. Anche per quegli esseri sovrannaturali inizia il difficile cammino di chi procede verso la distruzione totale del vecchio se e di conseguenza del vecchio mondo. Le cose assumono altre facce, la realtà si tramuta in modo speculare per ognuno di loro, più umana per le divinità antiche, più magica per gli umani.
E questo fa si che, questa reciprocità, annulli il divario tra le due razze. E a unirli non è il tanto agognato, difeso, amato equilibrio ma il caos, l’incognita rappresentata da Alyn.
Molti sono i dettagli da analizzare. Iniziamo da cover e titolo. Il titolo non è scelto assolutamente a caso ed è conseguenziale alle scoperte del primo. Aylin, è, infatti, lo strepitoso, straordinario risultato delle due razze dominatrici, anzi equilibratrici e creatrici pertanto dell’universo: i Nephilim e Seraphim. E la cover rappresenta la sua insolita anomalia. Infatti, la scelta del pentagramma attorniato dai rispettivi simboli alchemici degli elementi, racconta già e svela una parte del libro. La quintessenza non è altro che il quinto elemento, quello che racchiude tutto, tutta l’energia sovrannaturale ma anche e sopratutto quella dell’uomo, ossia terrena. E’ la croce ( intesa come materia) che si unisce la cerchio (spirito) fino a unire in un diagramma perfetto, tutti gli elementi che compongono la creazione cosi come la conosciamo. Ciò significa che l’equilibrio cielo e terra svanisce, perchè cielo e terra diventano uno parte dell’altro. Non uniti ma letteralmente amalgamati fino a diventare una nuova forma: la stella a cinque punte.
Solo questo dettaglio della cover mi ha letteralmente conquistato.
Andando avanti con la lettura poi, sono stata rapita dalla padronanza stilistica ma anche semantica con cui le due autrici hanno affrontato e esplicato la filosofia suggerita dal titolo.
Ho già analizzato nella precedente recensione l’accuratezza e la perfezione che hanno avuto le due autrici nel descrivere questi due tipi di “angeli”, sia il loro ruolo conforme a quello di messaggeri e di iniziatori della civiltà, sia come antiche leggende che, lungi dal dividerli in due nette e contrapposte figure, li presentano come figli e fratelli, discendenti della stessa sostanza, partecipi del progetto divino creativo, che fa dell’umanità una scommessa da vincere. Nel salmo otto infatti è scritto:
Che cosa è l’uomo perchè di lui ti ricordi e il figlio dell’uomo perchè te ne curi? Davvero lo hai fatto poco meno di un dio di gloria e di onore lo hai coronato
I Seraphim o serafini ( letteralmente significa gli ardenti o il volto di dio) e gli stessi Nephilim ( i giganti coloro che, trasgredendo a un tabù scendono sulla terra per portare non soltanto la perfezione del cielo, ma le conoscenze sacre) sono “strumenti” con cui l’energia primigenia fa evolvere il creato e la creazione. Non bene e male distinti, non negativo e positivo ma una forza che va oltre la forma strutturata, per creare forme nuove e sempre più evoluta. Entrambi gli esseri sovrannaturali, nel libro della Scorfani e della Diurno, concorrono non soltanto a mantenere l’equilibrio tra i poli, ma anche a preservare la natura, la civiltà e l’uomo stesso, salvandolo non da un demiurgo maligno, ma dal vero male: se stesso.
Aylin è frutto dell’amore, strano e estraneo, perché non compreso in quanto mai sperimentato, di due poteri appartenenti a due elementi diversi. Essa oscilla tra una natura ardente, solare (Seraphin) e una fredda, lunare (Nephilim). Possiamo definirla come struttura e cambiamento, come logica e inconscio. In Aylin convivono questi due strati, facendo di essa immagine vivente del Tao. O come scrivono le due autrici della quintessenza. La cover racconta proprio di questa consapevolezza della protagonista che è simbolo di una consapevolezza umana; l’Uomo eroe è immagine speculare dell’uomo grezzo, imperfetto e del suo cammino non verso la redenzione, come ci raccontano le religioni rivelate, ma dell’unione degli opporti, verso la conoscenza di se, cosi come ci narrano gli antichi miti, le filosofie orientali e perché no i tanti eretici finiti al rogo. Aylin è quasi una distorsione in un mondo perfettamente regolato, è il caos che sconvolge le vite, ma al tempo stesso è il caos che regola di nuovo il mondo visto non come opposti, seppur collaborativi, ma come perfetta fusione. L’esistenza stessa di Aylin sconcerta tutti, rompe le certezze mette a rischio un equilibrio stabilito su precisi assunti culturali, morali e filosofici. Turba le persone addormentate, quasi liete della loro quotidianità, ben sistemate in un mosaico da loro creato, ognuno tronfio e tranquillo nel proprio ruolo. Umani e esseri divini erano distinti, ognuno con un preciso compito, ognuno preso da se stesso, ognuno chiuso nel suo piccolo mondo. I Nephilim e Seraphim non comprendono l’uomo, cosi come gli umani non comprendono loro. Si accettano, sanno dell’esistenza uno dell’altro, ma non interagiscono. Questo preserva l’incorruttibilità di entrambe le razze a scapito, però, di un piccolo elemento importante: empatia e crescita.
Se uno resta fermo su quello che è non diventerà mai altro. L’incorruttibilità tanto decantata dal mito dell’eden è semplicemente stasi. È stagnazione. L’atto perturbatore, invece, mette in moto un movimento rotatorio che, come una vera forza motrice, macina, produce energia rende aperti gli occhi e fa crescere. E ognuno di loro cresce proprio grazie al caos Aylin. Stephanie matura una visione più ampia che non comprende solo se stessa ma anche gli altri, Jared impara che il moto dell’amore è energia più forte di quella con cui si nutre e questa lo trasforma rendendolo più umano, forse, ma più empatico. Katy comprende che, l’amore non può sostenere rigide regole, pretese, aspettative, che non può vivere nell’egoismo senza appassire. Aylin comprende non solo la parte bella della natura umana, ma anche la consideratezza, la stupidità l’orgoglio che portano al rischio distruzione. Comprende come, le azioni terribili a cui assiste sono la conseguenza di azioni più piccole e altrettanto terribili. Perchè in questo piccolo grande libro non c’è solo l’umanità esaltata ma anche, giustamente messa in accusa:
È questo quello che tu non vuoi capire, che tutta l’umanità non capisce, la natura si ribella alle vostre azioni: voi non siete i padroni della Terra ma siete degli ospiti; dovreste adattarvi a questo pianeta e non pretendere che il pianeta si adatti a voi. Noi non siamo qui per controllare a nostro piacere la vita della Terra ma solo per assecondarla e fare in modo che si conservi, proteggendola da qualsiasi cosa metta a rischio la sua esistenza».
Il pianeta vive e si evolve secondo le sue leggi e i suoi equilibri che, se stravolti, generano cataclismi devastanti. Avete deforestato una parte dell’Amazzonia ma, come se non bastasse, state intaccando anche gli altri polmoni della Terra, la foresta pluviale del Congo e la foresta Boreale. Continuate a tagliare alberi producendo e incrementando l’effetto serra».
L’ozono si assottiglia, il sole filtra sempre di più, le temperature si alzano, i ghiacciai si sciolgono e il clima si destabilizza. I fenomeni naturali si intensificano e diventano sempre più violenti e frequenti
Ed è quello il messaggio vero del libro. Noi esseri umani partecipi della sostanza divina, nati da un verbo o un soffio di vita, aiutati nei secoli dal sacro, dalle leggende, dai miti, non cambieremo mai.
Continueremo a sentirci non servi ( nel significato originario di custodi) ma padroni assoluti. Ed è in questo delirio di onnipotenza che trattiamo la terra e i nostri stessi simili con negligenza e sfrontatezza. Noi parliamo di uragani killer, terremoti killer, donando alla natura una connotazione che le è estranea totalmente, senza capire come siamo noi stessi a non saper gestire né convivere con i fenomeni naturali. La terra è viva. La terra respira, la terra ci avverte ma noi ci consideriamo delle divinità e disprezziamo la sua voce. Fino a che le peggiori paure espresse da tanti romanzi distopici non rischiano di diventare reali.
Messaggio potente arricchito da uno stile letterario da gustare socchiudendo gli occhi. Con poche, precisa parole, con frasi quasi scarne ma mai banali la Scrofani e la Diurno descrivono e fanno vibrare il pathos, la sensualità e ogni emozione di cui è infarcito il romanzo. Creano un atmosfera che si riesce a toccare, a vivere in prima persona senza che, le descrizioni risultino noiose o asfissianti. Il romanzo scorre, respira e vibra in sintonia con un ritmo incalzante a volte angosciante ma mai noioso. Dietro a uno studio accurato di teorie scientifiche ( posso citare l’effetto farfalla o la teoria dei punti energetici individuata da Grahan Hancock nel suo lo specchio del cielo ma anche cabala, filosofie indiane, sufi, lo hierogamos per finire con l’ermetismo) si snoda una storia ricca di fascino in cui non manca un pizzico di romance senza che questo ostacoli lo svolgimento della storia che è e resta un fantasy eccellente.
Ed è un altro insegnamento che ogni scrittrice dovrebbe rubare: non serve uno stile prolisso per descrivere, bastano pochi accurati aggettivi, dettagli ( come il colore degli occhi che muta, o il vento durante una discussione) che riescono a dare la giusta sfumatura emozionale al testo. E non serve che il romance sia eccessivo in un fantasy; basta un cenno che alleggerisca la tensione. Una tensione che, poi, dovrà tornare predominante, in un altalenarsi di emozioni che restano e devono restare il punto focale del genere. Il libro è movimento puro. E’ vibrazione e perché no ribellione. Ribellione a ogni stereotipo del genere, a ogni tentativo di appiattirlo rendendolo sempre più banale e desertico.
Questo è un romanzo. Questa è la prova che la letteratura può ancora sopravvivere e reagire all’omologazione, pur consegnando un prodotto in grado di emozionare, coinvolgere e sedurre.