La Londra vittoriana, splendido esempio di una nazione che diventava una delle maggiori potenze commerciali e industriali ma anche simbolo di decoro, rispettabilità progresso, morigeratezza tutte le caratteristiche che, sembravano ulteriori conferme di un grande progetto di vita. Tutto questo racchiude il fascino dell’epoca vittoriana, lo si ravvisa nella fede del progresso e dell’evoluzione, nella scienza che inventava sempre nuovi modi per combattere il tempo, la natura e perchè no, anche porre un freno al regresso umano. Eppure, come ci hanno rivelato scrittori al pari di Dickens, quella perfetta macchina da guerra che innalzava la bandiera del divenire umana come baluardo contro i tempi oscuri, nascondeva sotto lo strato di perbenismo borghese il suo lato più oscuro, marcio oserei dire.
Ed è quello strato che la perfetta penna di De Angelis va a raccontare.
Una storia apparentemente banale, che cela in se i drammi e il fasto di un epoca che appassiona e atterrisce al tempo stesso poiché sacrifica sull’altare del progresso la libertà individuale. E questa libertà è abilmente simboleggiata nel racconto dalla poesia.
Perché odiare cosi tanto la poesia? Cosa spaventava di quei versi che sono giunti a noi e che sono musicali, perfetti nella loro metrica lirici come un canto, perfetti esempi di alta letteratura?
Oggi noi bramiamo Keats, Shelley, Byron Shakesperare, li esibiamo come status del nostro gusto raffinato in campo letterario, li studiamo tronfi e fieri nelle nostre università, li declamiamo a memoria come se la pronuncia stessa di quei versi immortali ci donasse un aura particolare, eterea e di potenza.
Ma la poesia al tempo oscuro dell’ottocento inglese era lungi dall’essere cosi venerata. Non almeno dalla mentalità di uomini e donne rispettabili. Questo perché il perfezionamento scientifico, la gloriosa immersione nel neo capitalismo, l’innesto di scoperte avanzate nell’industria e nel commercio, erano moderati da un preciso codice civile e morale: la sobrietà. Quell’esplosione di rinnovamento che comportava lo sfaldamento di antiche convenzioni, di un antica gerarchia sociale andava, stranamente, accompagnata da una chiusura mentale nel campo privato, quasi a bilanciare l’abbattimento totale di valori oramai superati dall’innovazione scientifica. Questa, posta a servizio della corona, doveva garantirne la supremazia nel mondo, doveva contribuire la benessere materiale, cambiare i circuiti antichi di solidarietà e commercio ma non sfaldare le uniche certezze: la famiglia, il lavoro e il risparmio. Un uomo rispettabile doveva essere l’ingranaggio che oliava questa macchina perfetta, che la manovrava con saggezza e sapienza limitando i danni laddove potevano essere limitati: la sfera privata. Ecco quella restava granitica, incentrata su precetti eterni e intoccabili. Tutto questo a scanso di un sentire comune di meraviglia, di libertà, di immaginazione. No l’immaginazione andava usata solo per le invenzioni utili. Volare con la fantasia come i poeti era soltanto pericoloso.
Se l’Inghilterra vittoriana si vantava dell’indubbio progresso scientifico, tuttavia aborriva letteralmente quello sociale e umano.
Lo status era intoccabile. La moralità seguiva rigide regole. Il borghese fu accettato come personaggio fondamentale alla guida della rivoluzione che, però, doveva essere apparente e gestita da precetti antichi. La nobiltà accettò il borghese, l’industriale a patto che, in sostanza si amalgamasse con la loro tradizione antica. Nuovi nobili insomma, con la propensione alla crescita economica ma non a quella umana. Si frenava cioè il progresso in inflessibili canoni stabiliti dalla consuetudine: soldi, potere, ma non conquiste reali.
La poesia,, così come la ribellione, era bandita. La fantasia sacrificata alle convenzioni, la femminilità edulcorata e mistificata e l’amore coniugale posto solo come fondamento e finzione di un potere dato dalla rispettabilità. De Angelis tratteggia benissimo la dicotomia tra l’ansia di ribellione, di bisogni umani di Alphonsine, con la rigidità di una sistema che cadeva a pezzi rappresentato da Lionel. Lionel, vedeva nella conservazione degli assunti sociali, l’unica roccia su cui appoggiarsi proprio perché in fondo, seppur affascinato, temeva il progresso per cui, ironia, della sorte lavorava. Soltanto quello sfiorare l’ingegno, un ingegno tenuto sotto controllo dall’utilità, lo rassicurava. Quasi come contrappeso, c’era la mente fervida, geniale di una moglie che si sentiva in gabbia, proprio perché dotata di un intelligenza intuitiva e acuta, di una sensibilità particolarmente sviluppata, impossibile da contenere nella maschera convenzionale, che la portava ad amare la poesia in quanto portatrice di valori rappresentanti l’evoluzione vera, intesa nel suo significato più autentico, quello di sollevare il velo del reale per immergersi nella sostanza più profonda, quasi sacrale dell’universo, così spesso poco ascoltato, che nonostante ciò, incessantemente faceva udire la sua voce a chi sapeva stare in silenzio e ascoltare. Un andare oltre, un osare, un distruggere per ricostruire da nuove fondamenta una società difforme, forse utopica ma dominata dall’anima.
I due protagonisti sono espressioni di due diversi modi di concepire il mondo, appartenente sicuramente all’epoca suddetta, ma che possono trasversalmente attraversare i secoli. Lionel il marito, è il paladino dell’ordine e di conseguenza dell’immobilità. Tutela le tradizioni fisse, incontestabili, come baluardi contro un cambiamento che, seppur accettato, è doveroso farlo sempre con debite riserve. Il cambiamento per molti conservatori è importante soltanto quando è collegato alla finalità cosciente e all’utilità immediata. Per Lionel significa che va riferito allo splendore concreto dell’Inghilterra, a quell’utilità materialista che sottomette l’ingegno alla fabbricazione di valori tangibili, senza che invada le consuetudini e le certezze. Alphonsine, d’altro canto, rappresenta l’immaginazione che non può essere contenuta nella finalità cosciente. Rappresenta l’amore e la necessità della bellezza, la curiosità, quella che genera domande distruttive, che non si limitano a una superficiale crescita economica ma che intaccano e riflettono sulla profondità di una nazione: i suoi valori, la società che rappresenta, le sicurezze, e le consuetudini sociali. Alphonsine è la forza che va oltre, che fa la terribile domanda oggetto di tabù etnologico: cos’è l’uomo?
Ecco che l’amore per la poesia non è altro che una linfa vitale che trascina il consueto con se, che colora la quotidianità di sfumature sgargianti e che stona con il grigiore fisso dell’immobilità. L’Inghilterra, grande nazione, potente sviluppata è in realtà osservata dai poeti come un cadavere macilento che si trascina a fatica cercando di difendersi da un vento di fantasia che, rischia di spazzarlo in un colpo solo. Perché la poesia è rappresenta da De Angelis in codesto modo, esultando dal campo delle frivolezze e del passatempo? Presto detto, grazie alla citazione di Shelley nel suo difesa della poesia:
La poesia toglie il velo di bellezza celata al mondo e fa si che oggetti a noi familiari ci appaiano sotto una luce diversa… La poesia traduce tutte le cose in amore, esalta la bellezza di ciò che è più bello aggiunge bellezza a ciò che manca di grazia sposa l’esultanza l’orrore il dolore e il piacere, l’eternità e il mutamento tutte le cose inconciliabili che unisce sotto il suo giogo leggero….La poesia ci fa abitanti di un mondo diverso di cui quello che comunemente conosciamo è solo un’ombra…La poesia libera il nostro animo dal velo dell’abitudine che ci impedisce di scorgere la meraviglia del nostro essere, ci spinge a sentire ciò che percepiamo e a immaginare ciò che conosciamo”
La poesia,. In sostanza, esalta quel lato inconscio che sia l’epoca vittoriana, ma anche ogni età storica in cui la crisi viene mascherata con ottimismo e ragione , ha reso temibile, pericolosa perché ignota, terrificante perché non controllabile, che se portata alla luce rischia di travolgere la modernità ripensandola, rielaborando tutti gli assunti sociali e culturali e creando dal nulla il nuovo. Questo rappresenta il caos, necessaria condizione a cui, in un secondo attimo, si genera la creazione. Senza caos non c’è vero progresso, senza caos non si possono devastare le fondamenta diventate oramai pesanti e asfissianti e non si può rielaboratole in una nuova ontologia della mente.
E ecco che Lionel, rassicurato dal suo quotidiano identifica quella particolare sensibilità che si manifesta con un amore incondizionato per la poesia il nemico da combattere, l’anatema contro cui scagliarsi, il vero e proprio Diavolo nella sua accezione di accusatore. Perché è proprio quello che fa Alphonsine, si trasforma nel suo Sathan personale, accusando e mettendo sotto processo tutte le sue convinzioni a cui, egli stesso, si sforza di credere. La poesia, impersonata dalla moglie, non fa altro che costringerlo a pensare e pensare significa osservare nel silenzio e il silenzio fa riaffiorare le domande terribili a cui Lionel non sa e non può rispondere senza rischiare di cambiare se stesso:
perché la maggioranza dei poeti parla di sentimenti morbosi? Perché nella vita di tutti i giorni quei sentimenti vengono solo sussurrati o addirittura taciuti, per vergogna per paura. Ciò che sembra morboso in realtà è soltanto ciò che non siamo abituati ad ascoltare”
Per Lionel ascoltarsi non significa rinascere. A differenza di cosa accade alla moglie, significa distruggere il se stesso così com’è stato creato dalla società, dalla cultura e dalla famiglia. Significa perdersi e aver terrore di non ritrovarsi. Che differenza c’è tra i due? Nel loro status sociale. La donna era, infatti, la creatura umana che meno di tutti avrebbe perso davvero nel cambiamento. In fondo per l’epoca vittoriana essa era già dannata per destino:
la malinconia ovvero il prevalere funesto della bile nera…c’è una stretta relazione tra ciò di cui mi occupo e le manifestazioni patologiche del cervello femminile..E’ una condizione insidiosa che sembra affliggere sempre più persone, in effetti per lo più donne
e ancora
“ La donna è una creatura fragile immatura e misteriosa. Dunque non è raro scoprirne un lato per cosi dire imprevedibile dopo il matrimonio. Le donne rimangono in balia delle più avariate emozioni fino a quando non realizzano il loro naturale desiderio di diventare madre. Solo allora riescono a trovare un qualche equilibrio… il compito principale di un marito è governare il tempo della moglie, selezionando con attenzione le sua compagnie provvedendo a tenerla impegnata in attività edificanti…
Per Alphonsine il salto nel buio è sì ornato di terrore, ma il terrore di una donna già condannata dalla società e dalla scienza non è nulla confrontato a un uomo, la cui rispettabilità è alla base di tutto, del successo, del guadagno, dell’inserimento nella gerarchia sociale. Nulla doveva inceppare il perfetto meccanismo di una vita dedita la raggiungimento di obiettivi precisi. Per Lionel abbandonarsi al diletto comportava la perdita totale della sua identità:
“ fare carriera sposarsi prendersi cura della famiglia questa deve essere la massima aspirazione di un uomo rispettabile mentre il suo timore più grande venir meno a questo grande compito, dando scandalo e precipitando nella povertà, il dovere di un uomo era di scegliere la via più onorevole anche a costo di grandi sofferenze e sacrifici personali”
Tutto questo a scapito della propria libertà personale e tradendo, in fondo l’unica vera fedeltà a cui ogni essere umano deve tener fede: quella verso se stesso.
Per questo anche se entrambi sono frutto di una stessa gabbia intessuta forse con fili di seta, la vivono diversamente:
“ in fondo non siamo cosi diversi fatta eccezione per un punto fondamentale pur essendo entrambi goffi lui indossa la sua maschera con entusiasmo e convinzione io con insofferenza e frustrazione.
Entrambi legati all’idea dell’esistenza di rigide gerarchie presenti nel mondo che andavano e vanno tuttora rispettate, sono vittime e carnefici di se stessi.
Chi sarà vincente riuscendo a guardare davvero se stesso? E chi invece si troverà incapace di lasciare libera la sua immaginazione stuzzicata dalla ventata di novità, finendo per scegliere la via più tragica e devastante?
Un libro raffinato, suadente e morbido come un fiocco di neve e al tempo stesso devastante come una bomba scoppiata nel nulla, quasi a risvegliare coscienze assopite. Uno stile ricercato, perfettamente rispettoso del romanzo vittoriano eppure pervaso da una modernità, soprattutto psicologica, di chi della poesia ha fatto il suo maestro di vita. De Angelis ci porta con sé rendendoci disposti a ascoltare non soltanto una storia accattivante ma la nostra stessa anima, spesso nascosta spesso vilipesa dalla fretta. Una volta letto questo libro sarà difficile e tragico tornare alla realtà, ma sicuramente ci torneremo più ricchi, più forti di quando, per mano di un tale talento, ci siamo addentrati nel mistero che non è soltanto di Paradise Road ma di ciascuno di noi.