Prendete un paese del sud degli Stati Uniti, posto a ridosso degli Appalachi, unite ad esso un alone di mistero su strane morti insabbiate da scuse inutili, fate muovere nel tutto una protagonista animata da sogni e aspirazioni condivisibili e otterrete un mix perfetto di eventi e riflessione.
Il punto di forza maggiore di questo romanzo è proprio il contesto. Un’ambientazione ben descritta in ogni suo aspetto. Swan River è una cittadina piccola in progressiva decadenza. L’economia è debolissima, poiché non si è mai evoluta, non ha subito il benché minimo sviluppo industriale e ci ha restituito la figura di un sud degli U.S.A. ancora attaccato al settore primario: l’agricoltura. Ogni attività è praticamente paralizzata e chiunque decida di rimanere il quel luogo è destinato a subire il lento decadimento di tutto, dall’economia agli usi e i costumi che, anacronistici, tentano di resistere al passare del tempo. C’è però un elemento fuori dal contesto in questo paesaggio montano e arretrato : L’Accademia.
Parliamo di una scuola superiore femminile di alto livello che istruisce ragazze provenienti da famiglie benestanti. Kate è l’unica studentessa a non appartenere al lato ricco di Swan River, quel piccolo quartiere in cui vivono i professionisti della città e per questo si troverà ad affrontare tutti i problemi dati dalla sua posizione. Sarà spesso discriminata, ingannata dalle ragazze più abbienti di lei, che invece tenderanno sempre a fare gruppo tra loro. Il conto in banca fa la differenza anche sul carattere delle ragazze. Kate deriva da una famiglia povera, dissestata, con difficoltà economiche e non solo, ma ha una forte determinazione e un incontenibile desiderio di libertà. Lei vuole completare gli studi e vincere una borsa di studio per un università del Minnesota, in modo da allontanarsi da quel luogo una volta per tutte e si impegna in questo senso. Willow e le sue amiche, invece, pur appartenendo alla società che conta, non avendo problemi di soldi per soddisfare i capricci più futili, sottostanno alle regole che i loro genitori gli stringono addosso. Hanno tutta la loro vita programmata, comprese le amicizie. Reagiscono a questa prigione attraverso gesti di futile cattiveria, come usare le persone. Brilla il caso di Mason che viene usato e gettato di via da una Willow forse annoiata, forse indecisa, probabilmente insicura. Quindi sia la povertà che la ricchezza sono facce della stessa medaglia. Entrambe risultano una gabbia. Ed è proprio a questo punto che si inserisce alla perfezione il fattore magia, stregoneria.
Non sapevo di preciso cosa fossero le ragazze selvagge, ma sapevo cosa non erano. Non erano le figlie dei pochi professionisti della città, dei medici e dei ministri del culto. Non erano destinate a frequentare l’università. Erano le ragazze cattive, quelle che facevano le cosacce nel retro dei furgoni, e molte di loro venivano dalla zona nord della città, da Bloodwort Road.
Le ragazze selvagge sono ragazze povere che hanno deciso di superare la loro condizione, di accedere ad un potere forte in grado di schiacciare qualsiasi cosa odino. Sono costrette dal peso della vita difficile dovuto a quel luogo opprimente, a quella rovina che sono costrette a vivere. Sono figlie della decadenza, la rottura di ogni schema. Kate ha paura di essere una di loro, poiché sente di avere tutti i requisiti per poter entrare in quella schiera e non solo. Sua sorella Maggie ha già liberato la sua furia attraverso il fuoco delle ragazze selvagge. Ha bruciato la biblioteca dell’accademia soltanto perché odiava quel luogo. Quell’episodio ha messo il terrore addosso a Kate, un terrore che cerca di smentire in tutti i modi, spesso passando per l’autoconvinzione in seguito ai risultati delle sue ricerche.
Ma non è così semplice. Il potere delle ragazze selvagge non deriva da questo. Non è affatto legato alla povertà e al disagio di quella condizione. Esso nasce dalla rabbia dovuta alla mancanza di libertà. Infatti le streghe di Swan River non fanno parte solo del quartiere povero, no. Si nascondono dietro visi insospettabili.
La stregoneria descritta dalla Atwell fa capo agli antichi culti pagani. Nel libro vengono citate più volte le Baccanti. La parola chiave è follia, euforia. La perdita completa della ragione e l’abbandono ai desideri più bassi. Ma al contrario della condizione descritta dalla tragedia greca di Euripide, nelle ragazze selvagge non c’è follia insensata, indotta. La follia nasce dalla prigionia, dal desiderio di liberarsi, dalla volontà di sfogare quella parte bestiale che è sul punto di esplodere ad ogni fiamma di rabbia. La stregoneria non è male fine a se stesso, è uno strumento per assaporare la mancanza di vincoli fisici e morali almeno per un po’. Ed ecco infatti la descrizione di un volo libero sopra le cime degli alberi che rappresenta la fuga dagli schemi della logica, ed ecco il fuoco che brucia tutto quello che fa male, quello che è oggetto d’odio e di dolore. E’ quello il fascino di questo libro. Un po’ come il viso umano che nasconde il vampiro dietro i suoi tratti normali, i comportamenti corretti, trattenuti, normali nascondono la voglia di far esplodere la rabbia delle ragazze selvagge.
Credo che la linea guida di questo romanzo sia che ricchi o poveri, tutti siamo più o meno nella stessa condizione. Tutti siamo un equilibrio non sempre stabile di follia e controllo, soltanto che tra noi non riusciamo a riconoscere quest’uguaglianza. Siamo troppo attaccati ai luoghi comuni, un po’ come Kate che si affretta in giudizi basati su dei preconcetti.
Per molto tempo avevo pensato che l’interesse di Caroline per gli episodi di violenza nella mia città fosse uno di quegli hobby da ricchi, come fare i turisti nei quartieri poveri. Pensavo che volesse vedere le ragazze selvagge con la stessa curiosità di chi viaggia in Mercedes e allunga il collo per sbirciare un pick-up tappezzato di adesivi della bandiera confederata e con il conducente seduto sul cofano, stuzzicadenti in bocca. Ce n’erano parecchie di ragazze così all’Accademia, convinte che la cosa più notevole e divertente di Swan River fosse la sua arretratezza.
Mi sono fatta prendere davvero molto dalla bellezza della riflessione che questo romanzo mi ha scatenato e non ho seguito il mio solito schema, quindi riprenderò i punti che di solito metto all’inizio in questo momento. Parto sempre parlando della trama. Questo libro è ben fatto e scorrevole. Il ritmo è veloce ed è intervallato da flashback puntuativi, immagini del passato che si sovrappongono al presente con immediatezza. Ogni personaggio viene approfondito a dovere attraverso una descrizione fisica dettagliata unita a quella caratteriale, ben specificata anche nel caso dei personaggi secondari. La personalità di ognuno ha delle sfaccettature diverse anche quando i personaggi vengono raggruppati, come, per esempio, le amichette di Willow che dovrebbero essere sgherri tutti uguali, ma che invece hanno tutte una storia ben definita ed un motivo preciso per comportarsi in quel modo. Il livello di dettaglio è impressionante e rende il quadro ancora più vivido.
Lo stile è impeccabile, asciutto, privo di eccessi, mai ridondante. Ogni momento è diversificato e si sussegue agli altri in maniera snella, tanto da far scivolare via pagina dopo pagina senza nessun rallentamento.
In conclusione posso solo dire che consiglio questo romanzo a tutti coloro che desiderano addentrarsi in una realtà decadente, fuori dal tempo e allo stesso modo vivida, reale, dove riscoprire quel lato selvaggio di noi, riconsiderarlo e sentirlo vivo, da un lato del nostro cuore.
Stupendo.