In un libro conta soprattutto il talento, quella capacità di creare immagini visive nella mente allenata e pigra di ogni lettore. Più menti si riescono a stuzzicare più il talento è indubbio e sgorga come un fiume, inarrestabile.
Ma un libro è composto anche da altro. Dalla forma che dà organizzazione e coerenza al testo, dal linguaggio che permette alle parole di acquisire significati molteplici, dallo stile che deve scorrere leggiadro e dotato della leggerezza tanto amata da Calvino fino a irretire le menti e sedurre i cuori.
Tutto questo, a patto che l’autore abbia il dono, è svolto da un’arcana figura, custode delle leggi della nostra lingua e dei segreti reconditi delle tecniche letterarie: l’editor. Ovviamente anche qua, come nel caso del blogger, vale la medesima regola esistenziale: tutti possono dirsi editor ma pochi sono editor. Ed è su questa fondamentale differenza la nostra Milena insiste cercando di scoprire attraverso al lavoro di un altro professionista Stefano Mancini, gli elementi indispensabili con cui stilare un vademecum che serva per individuare le competenze, le capacità e le caratteristiche di questa mitologia figura professionale.
Cosa fa l’editor?
Quali regole guidano il suo lavoro?
Quanto l’editor può rendere un libro scarso un capolavoro?
Insomma cerchiamo di porre questo termine fuori dalla leggenda e adattarlo alla realtà in modo da creare ordine in un mondo sempre più caotico dove tutti sono autori e pochi, troppo pochi scrittori.
Buon viaggio
Micheli Alessandra
Chi è Stefano
Classe 1980, Stefano ha una Laurea in Giornalismo e dal 2014 è direttore editoriale della Aragorn Servizi Editoriali.
Ha all’attivo diverse pubblicazioni:
“Il labirinto degli inganni” (AndreaOppureEditore – 2005);
“La spada dell’elfo” (Runde Taarn Edizioni – 2010);
“Le paludi d’Athakah” (Linee Infinite Edizioni – 2013);
“Il figlio del drago” (Linee Infinite Edizioni – 2014);
“Il crepuscolo degli dei” (Linee Infinite Edizioni – 2015);
M. In cosa consiste il lavoro di editor e come si diventa editor?
S. L’editor è quella figura professionale che si occupa di collaborare con gli autori – sia alle prime armi, sia più affermati –, lavorando sui loro libri. L’editor quindi ha il compito di leggere il testo e apportare o suggerire all’autore le necessarie modifiche, che possono riguardare sia aspetti formali (come ad esempio grammatica e sintassi), sia aspetti contenutistici (quindi trama, personaggi e scene), sia ancora aspetti tecnici (“Show, don’t tell!”, punto di vista, infodump, ecc.)
Molti autori alle prime armi credono che un editor sia solo o soprattutto un correttore di bozze. Sono invece due lavori ben differenti. Compito dell’editor è anche correggere errori di battitura e refusi. Ma è soprattutto quello di andare a scavare nella trama, nei personaggi e nell’ambientazione, alla ricerca di ogni possibile svista da correggere. Molti autori si fissano sull’importanza si scovare ogni refuso, sottovalutando come è meglio una frase con un errore di battitura, che una storia incoerente e piena di cliché. Io punto molto su questo aspetto, perché credo che un buon libro sia soprattutto uno in cui i personaggi siano veri e credibili, la storia accattivante e coerente, l’ambientazione viva e vibrante. Posso passare sopra a un refuso, perché la perfezione non è mai possibile; ma non posso accettare trame inconsistenti o personaggi inadeguati.
Editor si diventa con l’esperienza, attraverso stage, tirocini e lavoro presso case editrici, ma anche partecipando a corsi di aggiornamento e scuole di scrittura o (ultimamente ne stanno nascendo diverse) scuole ad hoc per questa figura.
M. Avrai incontrato molti scrittori nella tua vita se dovessi classificarli come lo faresti?
S. Beh, ogni scrittore, come ogni persona, è un mondo a sé. Ci sono quelli più disponibili e cordiali e quelli più distaccati e permalosi. Io dico sempre che lavorare con i manoscritti degli autori significa lavorare con i loro sogni. Perciò ci vuole sensibilità, accortezza e una non indifferente dose di pazienza. Se dovessi classificarli direi che, in definitiva, si distinguono in due grandi classi: quelli che hanno voglia di imparare e di crescere e quelli che invece vogliono solo sentirsi fare vuoti complimenti.
M. Come cambia davvero un testo dopo l’intervento di un editor?
S. Se il lavoro dell’editor è fatto bene, il testo cambia radicalmente. E – ed è la cosa che più mi fa piacere quando succede – a rendersene conto è prima di tutto l’autore stesso. Perché l’editing ha il compito di andare a cercare non solo il refuso o l’errore grammaticale, ma anche e soprattutto il «refuso nell’intreccio narrativo», quindi il passaggio da rivedere, il personaggio poco credibile, la situazione non coerente. Come detto, se l’editing è fatto in maniera professionale, il testo assume tutta un’altra valenza.
M. Un consiglio agli autori emergenti?
S. Leggete tanto. E cercate di essere originali quando scrivete, spezzate con gli schemi e non cercate di riproporre sempre le stesse dinamiche. Osate e mettetevi alla prova.
M. Perché editor e non scrittore?
S. In realtà ho la fortuna di essere entrambi, sebbene riesca a tenere distinti i due profili. Come scrittore, però, ci tengo a precisare che anch’io mi affido a un mio editor di fiducia e dunque conosco sia un lato della «barricata», sia l’altro.
M. Non è avvilente lavorare tanto e poi non avere il tuo nome sull’opera?
S. Dipende che cosa si intende con «non avere il nome sull’opera». Se si intende non pubblicare, evidentemente il testo non era all’altezza e quindi il mio suggerimento è di non scoraggiarsi, ma di continuare a tentare con nuove storie. Solo l’esercizio rende perfetti (o quasi).
Se si intende pubblicare con pseudonimo, probabilmente ci sono valide motivazioni e quindi no, non è svilente.
M. Qual è la parte più difficile del tuo lavoro?
S. Il dover mantenere sempre la concentrazione altissima. Se si abbassa, anche solo di poco, c’è il rischio che sfugga qualcosa. E non è accettabile. In seconda battuta a volte è anche difficile lavorare con gli autori. Ognuno di loro, infatti, vede il proprio libro come una creatura da proteggere e quindi in alcuni casi è difficile far capire a un autore che non si sta criticando il suo lavoro, ma si sta cercando di aiutarlo a migliorarlo. Altrimenti perché rivolgersi a un professionista?
M. Qual è errore più grande che un editor può fare?
S. Non credo ci siano errori più gravi di altri. L’errore fa parte di ogni lavoro e l’editor non ne è esente. Come accennavo poco sopra, forse l’errore è quello di lavorare di fretta, senza la giusta concentrazione. L’editing è un lavoro lungo e impegnativo. Se fate editare il vostro libro e vi chiedono una cifra bassissima e ci mettono poco tempo, state pur certi che il lavoro fatto non sarà di qualità.
M. Correggere i lavori altrui non è una continua violenza al tuo essere?
S. No, perché? Come detto, io riesco a scindere il mio essere scrittore e il mio essere editor. E in ogni caso è un lavoro che amo, quindi non mi violento affatto.
M. È difficile far accettare le correzioni che proponi?
S. A volte sì. Come ho già detto, alcuni autori sono molto gelosi dei loro libri e non si rendono conto che un editor vuole solo aiutarli. E purtroppo questa cosa succede molto più spesso di quanto si creda, quindi sì, molto spesso è difficile far accettare le correzioni e i suggerimenti.
M. Hai mai interrotto una collaborazione o rifiutato di correggere un libro?
S. Sì a entrambe. Ho interrotto una collaborazione poiché la persona non era d’accordo con i miei interventi e si rifiutava di accoglierli e voleva lasciare tutto inalterato. Era quindi impossibile portare avanti il lavoro e perciò ho rinunciato al compenso e ho chiuso la collaborazione.
Poi ho rifiutato alcuni lavori perché – oggettivamente – erano troppo pieni di errori e di criticità. L’editing sarebbe stato troppo complesso e lungo, e in ogni caso il libro non sarebbe mai stato adatto alla pubblicazione. Perciò con molta onestà l’ho detto all’autore e ho rifiutato il lavoro.
A. Cosa distingue un bravo editor da uno improvvisato?
S. Come accennavo poco più sopra, la distinzione si ha nella preparazione e nella professionalità. Quello che posso dire è che un bravo editor chiede una cifra adeguata per il suo lavoro e si prende il tempo necessario per portare a termine un lavoro ineccepibile. Se dopo l’editing il vostro testo ha ancora tantissimi refusi, una storia incoerente e dei personaggi pieni di cliché, purtroppo non vi siete affidati alla persona giusta.
A. L’editor che limite non può oltrepassare?
S. A mio avviso deve sempre rispettare il libro e il suo autore. Non può travalicare questo confine. Ovviamente dall’altra parte ci deve essere lo stesso rispetto.
A. L’editor può sopperire alla mancanza di talento?
S. Purtroppo no. L’editor può e deve aiutare il manoscritto a far emergere tutto il suo potenziale, ma se questo potenziale non c’è, non si può certo riscrivere il libro. La base di partenza è indispensabile.
A. Indica un libro che non avresti mai editato e spiegaci il perché.
S. Come in tribunale, mi avvalgo della facoltà di non rispondere 😛
A. Consigli agli autori nella scelta dell’editor
S. Scegliete dei professionisti. Fatevi dire quali e quanti libri hanno già editato e non abbiate paura di andare a verificare se quello che vi hanno detto è vero. E in caso non fatevi scrupolo a chiedere agli autori che hanno già lavorato con quell’editor come si sono trovati e che cosa ne pensano. Il rapporto che si viene a creare tra editor e autore è molto stretto e dunque ci deve essere totale e reciproca fiducia. E ovviamente, non lo ripeterò mai abbastanza, diffidate di chi si propone di farvi il lavoro per pochi soldi e in brevissimo tempo.
A. Molto spesso l’editor più che concentrarsi sul testo, diventa un pubblicitario. Tu cosa ne pensi?
S. Penso che l’editor debba fare l’editor e nient’altro. Il suo lavoro deve consistere nel far emergere il meglio da ogni libro e non nel pubblicizzarlo.
Un grazie a Stefano per la gentilezza e la sua disponibilità.
E speriamo che le sue parole possano aver fatto un po’ di luce in questa perenne oscurità caotica.
Perché gli scrittori ricordano tutto, Paul. Specialmente quello che fa male. Denuda uno scrittore, indicagli tutte le sue cicatrici e saprà raccontarti la storia di ciascuna di esse, anche della più piccola. E dalle più grandi avrai romanzi, non amnesie. Un briciolo di talento è un buon sostegno, se si vuol diventare scrittori, ma l’unico autentico requisito è la capacità di ricordare la storia di ciascuna cicatrice.
Stephen King
Intervista, domande e risposte oggettivamente istruttive: complimenti e grazie.
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