Release party presenta: anteprima di “Chills” di Mary Sangiovanni, Dunwich edizioni. A cura di Micheli Alessandra

 

Quando leggerete Chills, evitate di farlo in una notte buia e tempestosa, con tuoni lampi e un freddo gelido che invade le ossa. È un consiglio spassionato. Ma soprattutto, evitate di fissarvi sulle ombre, quelle che appaiono beffarde sulle pareti e che si muovono sinuose e serpentine.

Dopo queste avvertenze che vi impediranno una notte insonne, posso accompagnarvi alla scoperta dei deliri da incubo di questa autrice che, fidatevi, non dimenticherò facilmente. E siccome si tratta di un horror, vuol dire che la Sangiovanni ha ottenuto il suo scopo: atterrire e rendere manifesti e quasi tangibili mostri e incubi.

Il testo appare permeato di un’atmosfera duplice che parte dai miti oscuri e nordici fino a toccare i deliri mostruosi di Lovecraft. Del regno cupo e nordico ha mutuato l’idea apocalittica, il Ragnarok, che con la distruzione totale del mondo conosciuto, instaura un regno da incubo. Una sorta di terrificante purificazione operata da esseri totalmente alieni somiglianti a quelli presenti nel ciclo di Cthulhu, ma che li superano in perfidia.

Ed è questo innesco di differenti atmosfere che rende il libro allarmante. L’apertura di un portale su altre dimensioni, nascosta in quel luogo inaccessibile che sta oltre le stelle, caotica e senza né tempo né spazio, si accompagna al freddo gelido di un inverno senza fine. E l’autrice è perfetta nel rendere questo gelo reale. Nelle descrizioni sembra di avvertire davvero queste sferzate di freddo atroce, un paesaggio innevato, silenzioso, in cui aleggiano ombre tenebrose pronte a ghermire un’umanità considerata solo cibo. È una sorta di capovolgimento totale della gerarchia naturale: l’uomo in cima alla catena, si ritrova improvvisamente vittima.  O meglio solo carne morta:

 

L’effetto complessivo spogliava quel cadavere dell’umanità, come quel lieve odore, lasciando una caricatura disgustosa di ciò che era stato una volta.

 

La vita umana è a contatto con quest’universo immutato e immobile generato dal freddo dello spazio più profondo:

 

Erano semplice oscurità oltre il gelo, un’oscurità più aliena di qualunque altra cosa nell’universo. Forse erano la stessa sostanza delle tenebre dello spazio senza stelle. 

 

Un infinito dominato dal gelo, proprio perché il gelo simboleggia l’immobilità del vero male, che è senza speranza di crescita, di evoluzione, fisso e immutabile, vuoto, aggrappato e adagiato su se stesso, senza il calore dell’altro e del confronto:

 

Il freddo ci mantiene come eravamo in vita, nell’infanzia, un’istantanea dei nostri beni più materiali. Fa congelare l’acqua in noi… ed eccoci lì: freddi e bellissimi e puri.»

 

E in questo caso, l’acqua rappresenta il fluido vitale delle emozioni e delle sensazioni che nutrono le nostre cellule e la nostra anima, levigandoci giorno per giorno come rocce, modellandoci e rendendoci sempre diversi.

In questo caso la neve è il senso più atroce di un’immobilità schiava, dominio dell’essere privi di fluidità e, quindi, di coscienza; intoccabili persino dal fango e, quindi, dalla forza creatrice e motrice che dal vuoto del caos fa fiorire la vita vera:

 

Tutta scintillante, sai? Mi fa venire in mente i diamanti e le stelle, duri e freddi e puri, semplicemente… incontaminati. Come una nuova anima. Il suo bianco immacolato, la sua uniformità ininterrotta. Poi le persone arrivano con le loro auto e la terra e il traffico e la rendono una poltiglia fangosa, come… come una purea di patate, ma sporca. E la neve perde quel candore perfetto, quella purezza. Diventa qualcosa di lercio perché noi l’abbiamo toccata. Proprio come questo pianeta.

 

E questo pianeta, la Terra, ha perso la sua immobilità per divenire materia, a volte distruttiva a volte vibrante, ma mai stantia o ferma. E questo significa che il dominante e il dominato si alternano e si sovrappongono, creando confini sfumati e mai netti. Questo mondo sfaccettato è ostico a chi fa della sopraffazione e della dominazione la sua raison d’etre.

E chi trova giovamento dalla suddivisione netta dei ruoli?

Ovviamente la religione, che si cristallizza in dogmi rigidi e in ricerca assoluta del potere, così come è magnificamente rappresentato dalla Setta della Mano delle Stelle nere.

L’apertura del portale che innesca:

 

una commistione di mondi.

 

E questa commistione introdurrebbe, nella nostra realtà, non solo il potere ma anche:

 

un’intersezione gloriosa e caotica di esseri infinitamente potenti e antichi provenienti dalle estremità più remote dello spazio dove non ci sono stelle, dai punti remoti dell’universo e dai mondi al di là di esso, negli altri universi. Una fine tumultuosa a ogni cosa, e un inizio inimmaginabile per le semplici menti umane. 

 

E questo significa che la nostra etica verrebbe spazzata da entità diverse che:

 

Non erano soltanto entità provenienti da una parte remota dei confini dell’universo o da un piano parallelo, il che era già abbastanza terrificante. Quelle, a quanto pareva, erano creature da incubo di altri mondi, esseri dai confini remoti di una dimensione aliena. Lo spaventava la possibilità che fossero privi di qualsiasi concetto di compassione o rispetto per la vita, che le loro spinte, i loro pensieri e le loro sensazioni fossero così alieni rispetto a quelli umani da essere incomprensibili.

 

Queste diverse intelligenze caratterizzate dall’assenza di calore, non avevano che il solo fine di nutrirsene per poi rendere l’altrui universo:

 

una landa desolata ghiacciata e vuota, le condizioni saranno giuste perché questi altri possano attraversare il portale e prendere il controllo.

 

Ma chi sono queste antiche e primordiali divinità increate?

Ce lo racconta perfettamente la Sangiovanni:

 

Questi esseri antichi sono stati generati nella e dalla pura oscurità dello spazio senza stelle da cui sorgono tutto il creato e tutta la devastazione. 

 

E ovviamente non possiamo non notare la similitudine con gli incubi partorirti dalla fervida mente di Lovecraft, esseri striscianti, osceni nella loro anormalità, creature scaturite dalle lande più desolate dalla nostra psiche, dal terrore più assurdo e inconfessabile, inumani e gelidi.

Ed è il gelo che accomuna la corsa folle di questi esseri, guidati dal solo istinto di sopraffazione, di fame, a creare una sorta di moderna caccia selvaggia di norrena memoria.

Che cos’è questa Wilde Jagd ( Caccia Selvaggia?)?

 

In una delle dodici notti chiamate Rauhnachte, che si susseguono dopo il 25 dicembre, un’orda di cacciatori sovrannaturali giungono dal cielo notturno in cerca di prede o, nelle versioni più macabre, di anime. Si tratta della famosa caccia di Odino o Orda di Asgard, a cui partecipano morti, fantasmi, dannati che riempiono le notti gelide di urla e lamenti e a volte con una musica agghiacciante che sommerge il silenzio. Chi ha il coraggio di assistere a quest’oscuro spettacolo rischia di essere rapito e trascinato via da queste forze indomite. E spariscono per anni. O secoli prigionieri dell’altro mondo. Un mondo ultraterreno dominato dalla Dea Hel (la leggendaria Frau Holla antenata della Befana) che in quelle notti magiche, apre le porte del suo regno e interagisce con i vivi.

 

In questo caso però, è necessario porre l’attenzione sull’intersezione tra i due mondi (caratteristica del periodo denominato Yule, la cui radice el indicherebbe la tempesta di neve. Proprio questa intersezione collega il mondo gelido della caccia con la mitica Terra di Thule, sede per molti di saggezza ma anche di oscure entità).

La differenza sostanziale che innesca la Sangiovanni, usando quest’antico eco di un mito oramai dimenticato, è che, alla fine, l’intersezione dei due universi si rende necessaria proprio per questo scambio di energie, che mantiene, stranamente, in vita entrambi i mondi, che se troppo chiusi in se stessi rischiano di stagnare e crollare miseramente.

Nel caso del testo, Chills è collegato semplicemente a un’assoluta volontà di distruzione:

 

 Quelle creature dopotutto erano lì per radere al suolo Colby…

Cos’era un piccolo pianeta per esseri che distruggevano interi universi?

 

Fantastico e allarmante, pauroso e onirico, è un libro che consiglio sia agli amanti del genere che ai neofiti, e invito tutti, tra un brivido di orrore e un altro, a lasciarsi ammaliare dalle descrizioni perfette di quel mondo che si sta affacciando sul baratro:

 

Quell’erba ormai bianca, i rami degli alberi, le auto, persino le case sembravano così fragili, come se potessero spezzarsi e andare in frantumi al tocco più lieve. Un vento gelido che arrivava a colpire fin sotto i vestiti e la pelle aveva imperversato su Colby per giorni, e ora la cittadina era gelata.

 

Sentivano il freddo che provava a strappare la pelle dalle ossa e sentivano anche qualche altra cosa: una sorta di disperata solitudine che cercava di strappare la tranquillità dalle anime. Mentre mettevano da parte cibo e bottiglie d’acqua, pale e guanti, osservavano la notte all’esterno prima di tirare le tende e chiudere le porte, controllando due volte i bambini a letto e accoccolandosi più vicini del solito gli uni agli altri. C’era qualcosa di diverso di un tardo inverno nell’aria, e se si soffermavano troppo a pensarci rabbrividivano.

Anche se neanche le dicerie davano voce a questa impressione, la gente di Colby sapeva che qualcosa stava arrivando insieme alla neve.

 

Un altro capolavoro targato Dunwich.

 

 

 

 

 

 

 

 

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