La comunicazione batesoniana come rimedio alla non violenza. ( Tratto da Verso Un’atropologia del peacekepping, il modello di Gregory Bateson) di Alessandra Micheli)

Oggi, per chi fosse ancora ignaro dell’evento, si celebra la giornata mondiale contro la violenza di genere. Il blog che gestisco, tranne le solite richieste, non contribuirà a questo giorno. Il perché è di un’ovvietà abbagliante: perché crediamo che bisogni lottare OGNI giorno contro la tendenza allo squilibrio dell’essere umano di cui la violenza è l’esempio più lampante. Noi lottiamo ogni giorno attraverso i libri, invitando ognuno a pensare.

La violenza è il modo, bizzarro visto da uno studio esterno, con cui l’essere umano, animale sociale utilizza l’istinto positivo dell’aggressività. Mentre in un contesto etologico e selvatico l’aggressività è sinonimo di autoconservazione, quindi di reazione istantanea e istintiva a un pericolo, per sé e per la comunità di cui fa parte (pensiamo alla gatta che diventa un demonio quando qualcosa o qualcuno minaccia i suoi cuccioli) noi la riversiamo o a noi stessi o nel peggiore dei casi verso una parte della società. Distruggendone l’equilibrio omeostatico.

Cos’è questo equilibro?

Dicesi equilibrio omeostatico, quella capacità da parte di un organismo di mantenere un equilibrio interno stabile, grazie a un insieme di processi di regolazione e contro regolazione che agiscono ogniqualvolta si verifica una variazione delle condizioni esterne. E la società è un organismo complesso formato da singole parti una legata all’altra in un rapporto di interdipendenza. Uccidere, aggredire, deturpare una di queste componenti porta al disordine.

Ora come regola la società, fatta non di organi ma di persone, questi rapporti di interdipendenza caratterizzati dalla diversità?

Tramite la comunicazione.

Per prevenire quindi ogni disordine, sia esso la guerra, sia la devianza, sia la violenza e l’esclusione sociale regolata da stereotipi, è necessario che ci sia una buona COMUNICAZIONE.

Come, direte voi con le vostre facce stupite, per evitare la violenza basta la comunicazione?

Sì. L’educazione, la crescita morale, l’apprendimento, addirittura la crescita biologia passano attraverso lo scambio, costante, di informazioni tra una parte e l’altra. E tutto questo ce lo spiega un grande uomo, un certo Gregory Bateson.

Uffa, diranno in molti, co sto Bateson!

Ebbene ragazzi, oltre a essere stato il protagonista indiscusso dei miei studi universitari (la mia tesi era su di lui, quindi mi piace pubblicizzarla, denunciatemi) trovo i suoi studi terribilmente attuali. Vi invito a leggere, anzi a assorbire i suoi testi “Mente e natura” “dove gli angeli esitano” “verso un’ecologia della mente”. Lasciate per un attimo After, e la James e provate a inserire le sue teorie nelle vostre vite. Ne sarete stupiti.

La comunicazione rappresenta uno dei fattori chiave grazie al quale le persone non solo entrano in collegamento tra di loro ma gestiscono i loro rapporti sociali, una comunicazione disturbata o una comunicazione in cui uno o più elementi sono risultati incomprensibili a una parte, può causare comportamenti patologici. Bateson individua principalmente tre tipi di incomprensioni nelle relazioni umane: nelle comunicazioni, nelle relazioni e nei modi di vivere. L’epistemologia batesoniana suggerisce tre importanti cambiamenti nelle nostre percezioni, nei nostri atteggiamenti e nelle relazioni:

  1. Smettere di cercare il controllo degli altri e cercare invece il miglioramento della partecipazione collettiva
  2. Smettere di trattare gli altri come macchine e cercare invece relazioni spontanee
  3. Smettere con l’abitudine alla manipolazione unilaterale del prossimo e cercare invece la creazione di modelli sociali di co-evoluzione.

Lo stile di conversazione di Bateson offre interessanti spunti per analizzare in profondità alcune questioni legate agli esseri umani in quanto specie comunicativa, in particolare per quanto concerne le diverse modalità con le quali impariamo a trattare gli altri nelle nostre reti di comunicazione.

 Lo stile di conversazione di Bateson era

 “era tale da rendere impossibile all’ascoltatore definire il contorno preciso delle sue storie. Molte persone erano incapaci di seguirlo e molte trovavano i suoi scritti eccessivamente difficili da comprendere”.

Questo stile personale risultava coerente con le sue teorie; per esempio, rispetto all’idea che per noi sia meglio non vedere i contorni delle conversazioni allo scopo di aumentare le possibilità di una partecipazione creativa da parte di ciascuno. Quindi è meglio parlare ed ascoltare in maniera circolare, indiretta e metaforica, in modo da mantenere nascoste le diverse caratteristiche del contesto trattato. Bateson esponeva le sue idee sotto forma di storie, aneddoti scherzi e osservazioni in apparenza sconnessi senza dire nulla in modo compiuto e indiretto, fermo nella sua convinzione che, forse, si raggiunge una migliore comprensione quando si è in grado di afferrare da soli le connessioni in un atto creativo. Bateson, al massimo, indicava l’area nella quale la struttura poteva essere percepita con un po’ di sforzo personale. Questo stile particolare di comunicazione si presentava quale modello o struttura di relazioni interpersonali da imitare, capire e riprodurre liberamente. In particolare, il metalogo (Il metalogo è una conversazione immaginaria tra un padre e una figlia su un argomento problematico. Inizia sempre con una domanda della piccola figlia, domanda che permette a papà Bateson di introdurre le sue teorie. I metaloghi non terminano mai con certezze, ma lasciano la possibilità di porsi molte altre domande.)  “Perché le cose hanno contorni?” fornisce un punto di partenza per un’analisi più accurata degli stili di comunicazione. Questo metalogo contiene molte indicazioni per capire quando le conversazioni sono ambienti salutari o non salutari per coloro che vi partecipano. In particolare si possono dedurre tre importanti cambiamenti nei pensieri e nelle azioni, quelli che Bateson considerò come fondamentali per qualsiasi cambiamento costruttivo nella nostra organizzazione sociale: l’attenzione nel vedere relazioni al posto di oggetti, un nuovo stile comunicativo nelle relazioni interpersonali, percepire forme organizzate al posto della percezione di quantità.

Il metalogo in questione è questo:

Figlia. Che cosa vuol dire per te che una conversazione ha un contorno? Questa conversazione ha avuto un contorno?

Padre. Certamente sì. Ma ancora non possiamo vederlo, perché la conversazione non è ancora finita. Non si può vederlo mai, quando ci si è nel mezzo. Perché se tu potessi vederlo, saresti prevedibile come una macchina…

Figlia. Non capisco. Prima dici che è importante essere chiari nelle cose. E tu ti arrabbi con le persone che confondono i contorni. E poi pensiamo che è meglio essere imprevedibili e non essere macchine. E tu dici che non possiamo vedere i contorni della nostra conversazione finchè non è finita. Allora non ha importanza se siamo chiari o no, Perché tanto non possiamo farci nulla

Padre. Si lo so..e io stesso non capisco…Ma comunque chi ha voglia di farci niente? (Bateson Verso un’ecologia della mente, pag 63)

Ecco fornito su un cesellato piatto d’argento una prima indicazione importante che riguarda la chiusura organizzativa della conversazione ed i suoi confini e come l’interazione tra queste due caratteristiche genera reti conversazionali molto diverse. Si intravede così, una possibilità di ottenere una comprensione alternativa di quelle diverse forme di conversazione nelle quali Bateson sottolinea il bisogno di uno spostamento verso un nuovo stile di comunicazione interpersonale, basato sull’ottimizzazione della partecipazione piuttosto che sul controllo dell’espressione delle persone. Esaminando il metalogo più dettagliatamente, possiamo riassumere il primo problema della conversazione interpersonale come il conflitto che nasce nello scegliere tra l’alternativa al tentativo di controllare gli altri nelle conversazioni e quella di incoraggiare la partecipazione attiva degli altri nelle conversazioni.

Il contorno della conversazione è una caratteristica cruciale (o un contrassegno) del tipo di conversazione che si sta svolgendo. In un coinvolgimento aperto e dinamico tra persone è impossibile percepirne i contorni perché essi vengono generati dall’interazione momento per momento tra i partecipanti. Tuttavia in una conversazione chiusa e predeterminata, i contorni sembrano troppo chiari e prevedibili, appaiono come una presenza obbligata, oppressiva e unidirezionale che esclude i contributi personali. Il nostro parlare è controllato. Il valore opposto al controllo degli altri è il concetto di partecipazione di tutti alla costruzione del loro sistema relazionale ampio e globale. Bateson, sottolinea l’importanza di vedere l’intero sistema di interazione tra individui, nel quale tutti sono incorporati in una più ampia totalità e come la nostra personale sopravvivenza dipenda da questa rete di conversazioni sovra-ordinata.

Dal punto di vista di Bateson, ci deve essere un’estetica mente/natura nel nostro modello. Questa è un’unità necessaria, che va apprezzata, comprendendo che la mente non è confinata all’interno della scatola cranica, la mente è un fenomeno al quale noi prendiamo parte, mentre passa, si estende, o condivide la nostra partecipazione nel suo viaggio lungo il suo circuito di esistenza. Dobbiamo essere attenti su come partecipiamo a questi circuiti dato che qualsiasi umana malvagità, arroganza, presunzione tenderanno a trovare i loro riflessi patogeni nelle parti di natura che diventano folli.

La questione riguarda in quale misura i nostri sistemi di conversazione siano fondati sul controllo, ostilità, manipolazione e perciò in quale misura noi siamo in grado di partecipare apertamente nei sistemi di comunicazione dentro i quali viviamo. Passiamo molto tempo in conversazioni nelle quali si fanno sforzi estremi per eseguire un controllo unilaterale o per incanalare la direzione della conversazione, i suoi limiti, o i suoi confini, con il deliberato intento di arrivare ad una destinazione preconcetta. In una rete aperta, relazionale, salutare non si possono vedere i contorni fino a che la conversazione non sia conclusa, nelle reti non salutari, invece, ognuno sa che le sue parole non hanno una reale influenza nella discussione, o sa quello che gli altri si aspettano che lui dica. La scelta è tra quella di essere controllato o imparare a controllare sé stessi o gli altri, oppure di elaborare creativamente cambiamenti continui nel proprio sistema di vita. L’illusione sottintesa a queste pratiche è basata sulla convinzione che una persona possa impegnarsi in una specie di auto-manipolazione basata in gran parte sul parlare o sul controllo attraverso il parlare; per Bateson, semplicemente non esiste un parlare potente che possa sciogliere curare o rimuovere il dolore o i problemi che causano la sofferenza umana.

Gli altri tipi di errori rilevati dal metalogo in questione, riguarda la metafora dell’uomo come “macchina.” Bateson ci mette in guardia contro le metafore che noi stessi scegliamo, perché queste creano uno spazio all’interno del quale dobbiamo vivere e in questo vivere arriviamo ad essere plasmati dalle metafore che selezioniamo inizialmente. Possiamo trovare difficile giungere a percepire il tipo di metafora che vive dentro le quali viviamo o che vive dentro di noi. Questo rende molto difficile liberarsene, dopo che sono diventate un ostacolo o una limitazione, anziché un mezzo di trasporto utile. Siamo nati nel flusso di interazioni create nello spazio delle metafore sociali dominanti che rimangono in massima parte tacite ed invisibili, in quanto date per scontate. Dentro questo spazio le nostre analisi, il nostro lavoro e le esperienze personali, sono continuamente forgiate, modellate e fornite, a nostra insaputa, di una direzione predeterminata. Bateson credeva che la logica non andasse bene per capire le forme viventi. Per raggiungere la comprensione del vivente e dell’uomo in particolare, era necessario usare le metafore. Proprio perchè la logica non era adatta per la comprensione del dominio del vivente, Bateson, critica frequentemente, anche quel particolare gruppo di metafore usate abitualmente, specialmente quella newtoniana del mondo come macchina. L’idea che dovremmo essere efficienti come macchine è oppressiva e porta ad una situazione di abuso, le capacità di previsione, improvvisazione, generazione spontanea vengono ignorate e rinnegate. Per Bateson, l’approccio sistemico era la migliore alternativa valida alla metafora della macchina. Mediante questo modello, egli fu in grado di trovare un’organizzazione dietro alle strutture formali esplorate dai vari modelli scientifici e dalle varie discipline scientifiche. Se le definizioni devono avere come base le relazioni, l’approccio sistemico è un approccio che rispetta l’autonomia auto-organizzante di un più ampio sistema relazionale che ha le sue proprie ragioni.

La terza questione riguarda l’attitudine a voler cambiare le cose, nel voler riparare o interferire in qualche modo con le cose come sembrano essere in quel momento, sempre dal punto di vista di una parte del sistema che prova ad incollare, controllare, organizzare, il resto del sistema nel suo insieme. Bateson mise sempre in guardia i suoi colleghi scienziati come i suoi studenti dai pericoli della finalità cosciente; essa, infatti, oltre ad essere un concetto insensato distoglie l’attenzione dalla qualità delle cose per fissarla sulla quantità. Ad una conferenza organizzata da Brad Kenney del 1979, Gregory esortò a rimpiazzare o riequilibrare l’ossessione per le quantità con le capacità di percepire qualità e organizzazione. In effetti ad una più attenta analisi la manipolazione si verifica più spesso attraverso la riduzione di tutto in quantità. Noi usiamo la metafora quantitativa anche per dare un senso al nostro mondo interiore di soddisfazione personale; la prospettiva di manipolazione di oggetti si estende così alla manipolazione di noi stessi. Questo modo di vivere causa patologia nella cultura e nelle relazioni reciproche. Trattare i beni e il denaro come se fossero entità qualitative è un errore epistemologico poiché essi sono meramente quantitativi.

Uno dei modi in cui la patologia viene generata dall’ossessione per la quantità è nel cercare di massimizzare i nostri possessi quantitativi.  La nostra società è basata sull’accumulazione di quantità di denaro, di potere, di successo. La comunicazione tra le parti di un sistema, diviene manipolativa nel momento in cui trasporta questi errati concetti epistemologici che impediscono il riconoscimento dell’organizzazione strutturata della vita. La comunicazione infatti cementa in modo saldo e duraturo le nostre percezioni della realtà; se queste sono falsate e distorte di conseguenza tutto il campo dell’esistenza sarà trascinato verso il disastro da una patologia irreversibile.

Secondo Bateson, dunque, ogni persona deve essere incoraggiata a essere pienamente presente e attenta agli scambi che sono contraddistinti da genuini legami sociali. Ogni partecipante ha relazioni che influenzano le relazioni degli uni con gli altri, quali componenti delle stesse reti di conversazioni. Se le persone si ritrovano in reti di conversazioni potenzialmente patologiche o morenti, sono incoraggiate ad essere manipolative nel trattarsi reciprocamente come macchine. Questo ha l’effetto di cancellare valori umani universali dalle reti comunicative come quelli della mutua assistenza, della mutua accettazione e della mutua comprensione.

Ciò che viene drammaticamente cancellato è il senso di reciprocità goduta dagli esseri umani nelle reti che consentono relazioni sociali genuine.

Senza reciprocità non esiste il modo in cui, le relazioni umane, possano co-evolversi lungo il percorso della fiducia, dell’onestà e della non violenza; l’unica maniera di ritrovare il paradiso perduto, è quello di compiere cambiamenti radicali nel modo di intendere noi stessi come esseri viventi in una possibile ecologia della mente di stampo batesoniano.

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