Se io taccio il mio segreto, esso è mio prigioniero; se me lo lascio sfuggire, io sono suo prigioniero
Arthur Schopenhauer
In filamenti spettrali e tremanti di verde e azzurro, simili ad aurore boreali, colorano ancora una volta un antica leggenda, che precedeva perfino l’Alba della Civiltà, era stata raccontata moltissime volte… la leggenda dell’Albero della Vita e del suo tesoro, che affondava le sue radici nel cielo e nell’inferno, e nella terra dei giganti del ghiaccio, e dei serpenti che insidiavano quelle radici mentre gli dèi combattevano per difenderle. Trasformata in colori espressivi dal genio di Miriam Palombi, la leggenda primitiva del mistero, del terrore e della decadenza dell’uomo e di una delle principali casate dell’Italia antica, affascina i lettori di questo testo.
Preso da un’eccitazione che trascende la dimensione umana, mi son piegato in avanti e ho iniziato la lettura di questo testo.
Le radici della realtà sono spesso in agguato e spesso si trovavano cose ben peggiori dei serpenti.
La teologia, intesa come dogma storico, in questo romanzo non è l’equivalente di alcuna religione conosciuta. Essa nasce dallo sforzo dell’autrice di sviluppare un sistema di pensiero, astratto e logico, basato sull’arbitrario postulato che l’enigma e il segreto descritto esista realmente.
Devo aggiungere, inoltre, che ho sottoposto alla mia attenzione una gran mole di materiale storico-teologico di cui ero in precedenza parzialmente all’oscuro.
La visuale di questo romanzo è altamente soggettiva; con ciò voglio dire che in ogni momento la realtà è vista non direttamente ma indirettamente, cioè per il tramite della mente dei personaggi. Il punto di vista differisce da una parte all’altra, anche se quasi tutti gli eventi sono visti quindi, attraverso la psiche del lettore.
Nel testo preso in esame quel che sembra un fatto unico può essere definito come un luogo comune.
Vi sono stati mondi, culture e segreti a non finire, ognuno forse sedotto dall’illusione orgogliosa di essere unico, insostituibile, irriproducibile.
Ci sono stati uomini, a non finire, malati della stessa forma di megalomania da cui anche intere nazioni e mondi interi sono affetti.
Ce ne saranno altri e altri ancora.
Un’infinità.
Questa è la storia di uno di questi uomini: Lorenzo Contini, il protagonista del romanzo preso in esame. Lorenzo Contini, futuro archivista, ritrova un elaborato codice che una volta decifrato lo porterà a dei quadri custoditi nel museo presso il quale lavora. Analizzando i dipinti scopre i misteriosi segni lasciati da Cristoforo. Cristoforo, è un anziano pittore, assolto dal Granduca Francesco I De Medici, suo maestro e amico, dedito all’arte alchemica.
Lorenzo insieme al suo amico Marco cercherà di capire cosa effittivamente è celato nei sotterranei del museo. Infatti, tutta la trama del libro si concentra e si incentra sul mistero della Galleria, seguendone gli sviluppi passo dopo passo.
Inizialmente gli eventi descritti e i personaggi sembrano scollegati tra loro, in realtà poi tutto si concatenerà come in un puzzle. La maestria dell’autrice sta proprio in questo.
L’autrice mescola sapientemente gli eventi descritti.
Il testo comunque lo definirei essenzialmente un Thriller con cenni storici e nozioni stereotipate di alchimia e esoterismo, ma comunque dall’atmosfera piacevole.
La lettura del testo in esame mi è piaciuta molto, anche se avrei preferito maggiori approfondimenti dal punto di vista esoterico e alchemico, credo con estrema convinzione che, comunque, l’autrice non abbia voluto approfondine alcune tematiche in maniera non casuale, quindi la lettura del testo appare maggiormente indicata ai profani delle tematiche descritte.
“…La più terribile delle eresia, l’uomo accanto a Dio, posti sullo stesso piano. L’inquisizione aveva condannato i seguaci di quest’arte oscura, la sete di conoscenza era vista come diretta influenza del demonio. Nel 1317, Papa Giovanni XXII, aveva emesso una bolla per porre fine alla ricerca alchemica da parte del clero e un’altra nel 1326 con cui condannava magia e stregoneria…”
“L’archivio degli dei”, è un’opera di fantasia. Sebbene alcuni protagonisti siano personaggi storici realmente esistiti, qui appaiono come creazioni dell’immaginazione. Qualche volta appaiono inclusi nel dialogo opinioni scritte o espresse dalla stessa autrice..
Sin dalle prime pagine i ruoli appaiono ben chiari: si riconoscono i buoni e i cattivi, o almeno si è convinti di riconoscerli. Non mancano, infatti, i colpi di scena che animano un giallo dal ritmo concitato, capace di catturare il lettore. I capitoli ben delineati, la lingua scorrevole contribuiscono sicuramente a rendere il tutto ancor più piacevole.
La parola che più si addice a questo testo della Palombi è, quindi, senza ombra di dubbio, “Piacevolezza”.
Non è così per quanto riguarda i contenuti. In questo senso le mie aspettative sono state in parte deluse come ho accennato in precedenza. La suspance non manca anche se a tratti la trama è un po’ prevedibile , gli enigmi un tantino forzati e il tema centrale è sicuramente quello della ricerca.
Ma di storico ha poco. Lo sfondo storico è un po’ come l’aroma di un mazzo di fiori : a tratti si sente, l’autore lo avvicina al naso del lettore, ma per poi allontanarglielo per la maggior parte del tempo.
Avrei gradito excursus storici, digressioni sui dipinti, sui luoghi visitati, sulle cattedrali un po’ alla Fulcanelli.
Il risultato è un romanzo un po’ diluito, ma inaspettatamente molto piacevole, in grado di catturare. Nel complesso il romanzo è molto bello e vale la pena leggerlo, però mi son sentito come la rondine che vola fretttolosamente nell’aria per prendere al suo passaggio l’insetto che le serva di nutrimento, così il suo spirito, la sua anima, bramosa, cerca incessantemente qualche cosa che possa soddisfare le sue aspirazioni.
La trama segue il modello attualmente popolare degli eventi del passato che ritornano a tormentare il presente.
La storia possiede elementi di pura tensione psicologica che rimangono impressi nella mente.
Personalmente ho apprezzato gli ultimi capitoli e la conclusione della storia da farmi quasi dimenticare l’impatto iniziale con il libro. L’apparente lentezza del racconto svanisce in poche righe ribaltando la situazione. In ogni modo la scrittura è sempre fluida e leggera, le pagine scorrono veloci.
Ottimo Thriller.
Sicuramente, anche se alcune situazioni descritte si rilevano alquanto improbabili, posso concludere che l’opera nel complesso merita di essere letta.
L’epilogo è emozionante e totalmente sorprendente per il lettore.
Se cercate una lettura relativamente rapida e non troppo impegnativa “L’archivio degli dei” fa al caso vostro.
Ora “Sorridi”. E quando avrai un momento di smarrimento o indecisione, fermati, aspetta e senti il tuo cuore.
…a mia figlia Miriam con infinito amore…vito ditaranto.