“Il cuore oltre ostacolo” di Luciana Balducci, self publishing. A cura di Paoletta Maizza e Milena Mannini. Introduzione a cura di Alessandra Micheli

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Ci sono libri che sono più di racconti. Sono confessioni dell’anima, un anima che forse non riesce a contenere troppo dolore e tenta, di riversarlo al di fuori. Ed è questa la scrittura catartica, quella che salva e che può salvare altre persone, altri sogni.

Ma raccontare la storia di una ferita non è mai facile né immediato. Ce lo dimostra Luciana Balducci, in queste pagine che apparentemente trattengono, quasi per pudore le lacrima, ma che per un certo verso urlano attraverso la loro pacatezza tutto il tormento.

 

Ecco che, le due diverse ma complementari voci presenti nel testo, quella impercettibile trattenuta e quella grondante di sangue vanno ascoltate. E vanno, sopratutto,  raccontate da due  sensibilità diverse, quella che riesce a cogliere nel silenzio il tormento e chi sprona a versare lacrime, per poi poterle accogliere dentro di se,  bevendole fino all’ultimo sorso.

Paoletta e Milena, due donne con occhi diversi, ma con la stessa volontà di abbracciare l’altro, di porgergli la mano e stringerla forte affinché un calore umano si irradi tra le membra. E una terza donna, Luciana, che spera che in poche pagine qualcuno riesca a aprire questo suo mondo interiore, anche se è consapevole dell’impossibilità di poter dare voce a tutte le emozioni, le sensazioni e il senso di perdita che si prova ad affrontare gli ostacoli del cuore.

Eppure il dolore non deve mai essere silente, bisogna regalarlo al mondo affinché esso possa farlo suo, distruggersi come si distrugge chi racconta, e  rinascere dalle stesse ceneri da cui l’autrice rinasce.

È una sfida, una dolce richiesta, un bisogno, un grido soave e profondo.

Ecco perché ho deciso di pubblicare due diverse riflessioni su questo racconto, bello e al tempo stesso scomodo. Perché in fondo ognuno di noi teme il dolore, nonostante lui, forse abbia solo bisogno di raccontare la sua storia. Ma noi lo teniamo troppo rinchiuso in un angolo, sperando che scompaia.

Ma impareremo con gli anni che in fondo:

 

 

Hai fatto di tutto

per disarmarmi la vita

e non sai, non puoi sapere

che mi passi come unombra sottile sfiorente,

appena-appena toccante,

e non hai vie duscita

perché, nel cuore appreso,

in questo attendere

anche in un solo attimo,

lemozione di amici che partono,

figli che nascono,

sogni che corrono nel mio presente,

io sono vivo

e tu, mio dolore,

non conti un cazzo di niente

Roberto Vecchioni

 

 

 

 

Quando il dolore urla nel silenzio. di Milena Mannini

 

 

“Il bambino chiama la mamma e domanda: “Da dove sono venuto? Dove mi hai raccolto?”

La mamma ascolta, piange e sorride mentre stringe al petto il suo bambino.

“Eri un desiderio dentro al cuore.”

Tagore

 

 

Nel momento in cui un bambino nasce anche una madre sta nascendo.

Lei non è mai esistita prima.

La donna esisteva, ma la madre, mai.

Una madre è qualcosa di assolutamente nuovo.

Osho Rajneesh

 

 

In questo racconto la scrittrice, attraverso la stesura di quello che potrebbe tranquillamente definirsi diario, ci parla della voglia di maternità, dei tormenti dell’anima che una donna vive quando non riesce a realizzare quello che per molte è il desiderio di grande, quello di diventare madri,

stringo fra le mani riponendo in un bastoncino di plastica tutti i miei desideri.

 

quel debole puntino era scomparso, mio figlio si era dileguato. Il suo cuore aveva smesso di battere e col suo, il mio.

 

Ad una prima lettura il racconto può sembrare privo di sentimenti e risultare semplicemente un racconto asettico, ma, è ve lo dico per esperienza, solo chi ha prova un dolore come quello della nostra protagonista riesce a capire i tormentati pensieri della nostra protagonista, della solitudine che si vive e di come tutto sembri contro di te.

Il cuore umano è capace di reggere qualsiasi dolore ma non quello che ti viene inflitto da chi ti ha voluto e neanche avresti potuto immaginare potesse sfiorarti.

Della malsana gelosia che attanaglia queste donne che si sentono inferiori e che cominciano a vedere la felicità degli altri come una punizione per sé stesse

Com’è possibile che una semplice immagine mi faccia stare così male?

È possibile che la voglia di un figlio mi faccia perdere di vista tutto il resto?

È possibile che sia diventata così vulnerabile e, a seguito di ciò, rigida verso tutti, compreso amici e parenti?

E soprattutto perché solo io sono terrorizzata dall’eventualità di non poter rimanere nuovamente incinta?

C’è inoltre un altro messaggio molto importante, mai abbandonare le speranze, seguire sempre i nostri sogni e ricercare la nostra felicità ovunque essa si nasconda.

Ho già detto che la scrittura usata può risultare asettica ma sinceramente mi sembra più un modo per non soffrire ancora mentre si racconta un’esperienza vissuta in prima persona

 

 

 

L’importanza di lasciar scorrere il dolore. Di Paoletta Maizza

 

 

Lieve è il dolore che parla.
Il grande dolore è muto.
(Seneca)

Il dolore è il gran maestro degli uomini. Sotto il suo soffio si sviluppano le anime.
(Marie von Ebner-Eschenbach)

 

Ludovica è una giovane donna che ama ed è riamata dal marito, Giulio, e rischia addirittura di perderlo per un malore improvviso e inaspettato; come inaspettata è la possibilità di non riuscire ad avere figli, quando la vita torna a sorridere loro. La gravidanza della sorella la mette per questo in crisi ma le da anche la forza di affrontare le difficoltà di una maternità comunque possibile grazie alla fecondazione assistita. La speranza non rinasce ma si moltiplica in lei con i suoi due gemelli.

Luciana Balducci è sicuramente brava nel descrivere situazioni e emozioni che non le sono del tutto estranee. Dalla rabbia all’impotenza di sentirsi davvero donna realizzata anche come mamma, alla conquista di un posto in questo mondo.

Mentre si scorre la lettura di questo brevissimo racconto, ci si sente in qualche modo estraniati però dalle stesse situazioni, come se non appartenessero al lettore. La Balducci si è limitata a osservare una storia, quasi congelata nelle sue emozioni, in alcuni passaggi ci si ritrovava davanti ad un articolo piuttosto che un racconto. Concisa, perfetta nella stesura, ma trattenuta nel coinvolgimento del lettore.

E’ importante, forse, in questi casi concedere più spazio  narrativo, attraverso il quale il dolore per la perdita di un figlio, l’impossibilità ad essere genitore, non rimanga solo informazione, ma divenga vita vissuta, riscritta nero su bianco.

Tuttavia ci sono dei passaggi che non lasciano indifferente e che vorrei sottolineare:

 

“Non avrei voluto essere in nessun altro posto se non in quella chiesa, con te che mi guardavi come la donna più bella.”

 

C’è voglia d’esprimere amore in queste pagine, romanticismo, ma è come se fosse rimasto chiuso nel cuore dell’autrice che non ne ha fatto dono completo al lettore. Eppure bisognerebbe lasciarsi andare fino in fondo quando si scrive, bere totalmente le emozioni,  la  gioia e il dolore, molto di più del momento in cui esse si provano.

Un pensiero su ““Il cuore oltre ostacolo” di Luciana Balducci, self publishing. A cura di Paoletta Maizza e Milena Mannini. Introduzione a cura di Alessandra Micheli

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