“Africa nostra madre terra” di Elisa Kidanè, Effatà edizioni. A cura di Sophie Sarti

Africa nostra madre terra COP.jpg

 

 

Com’è l’Africa? – gli chiedevano. – Stanca

Alessandro Baricco

 

Alessandro Baricco la definisce stanca. Elisa Kidané non sarebbe dello stesso parere.

Attraverso le sue poesie l’autrice ci fa vedere più di un lato di quel continente nero da troppo tempo e da troppi popoli saccheggiato. Ma di un aspetto è certa: non è un continente stanco, ma un continente in perenne rinascita. Nonostante tutto l’Africa sa risorgere dalle proprie ceneri, è il grembo materno di un popolo che è nel mondo e che il mondo vuole relegare in un angolo e sfruttare come proprio tornaconto.

La Kidané guarda con occhi diversi questo continente ricco di passione, carico di dolore e dove il popolo viene martoriato e sfruttato da quel continente “bianco” che non è mai candido, mai pulito e tremendamente mendace nella sua perfidia.

 

Cè una terra in questo mondo,

che strana terra,

bella da morire

ma dalla quale

i suoi figli e le sue figlie

fuggono.

 

Allora perché la gente fugge, perché partono mettendosi nelle mani degli sfruttatori che non sempre garantiscono un domani di vita… o di luce?

Perché il “nero” di quel pezzo di mondo a volte inghiotte dentro il suo vuoto senza fine e rende impossibile la sopravvivenza.

 

C’è una terra in questo mondo barattata,

venduta dai suoi stessi figli

in cambio di armi

usate per uccidere

madri, padri, fratelli, sorelle.

Armi per uccidere

coloro

che hanno scelto di restarvi.

 

Questo è ciò che proviene da chi non ama l’Africa, ma la vuole possedere a suo modo e con le proprie regole. Che la mantiene sul limitare della sopravvivenza per creare bisogno, dipendenza, necessità.

E come lo fa?

Alimentando la povertà, le malattie, lo sfruttamento e la vendita. La vendita delle persone al prezzo irrisorio di una irraggiungibile felicità.

Tuttavia l’Africa ha una risorsa che fa brillare il sole al di là di ogni ragionevole sospetto: la speranza.

 

…e mi sorprende

mi sorprende

quella inesauribile

risorsa

di speranza

che ti permette

di danzare

quando tutti

proprio tutti

si arrendono

all’evidenza

del tuo fallimento.

 

Ma questa dolce missionaria, la Kidané, ha occhi grandi e ha imparato a guardare anche dietro a delle apparenti conquiste.

Parla del crollo di un Muro, che divideva famiglie, che istigava all’odio e non vede tutta quella luce che dovrebbe esserne scaturita. No, vede gli altri muri ergersi più alti, più spessi e più feroci.

Perché l’uomo ha imparato ad amare il potere più di quanto possa amare un altro uomo.

Ed è nell’Africa “comprata, sfruttata, umiliata, profanata” che possiamo ritrovare la forza per cambiare, per sorridere e per abbattere muri e abbracciare persone.

Nostra madre terra non ha mai smesso di sperare in noi uomini.

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