“Le magiche avventure di Deamira e Solidea” di Martina Mazzeo, Caosfera editore. A cura di Alessandra Micheli

 

“Nel momento stesso in cui dubitate di poter volare, cessate anche di essere in grado di farlo.”

Le favole non sono solo un gioco per bambini. Le favole sono le nostre radici e le nostre tradizioni, sono il fango da cui Dio ci ha plasmato, la nostra memoria e l’utero da cui tutti nasciamo. Soltanto che nel proseguire verso quella difficoltosa strada chiamata vita, ci troviamo quasi costretti a scordarle e relegarle nella categoria di inutili artifici creati dalla fantasia eccessiva tipica dei bambini, eppure senza la capacità di sognare forse Galileo non avrebbe mai detto chissà se davvero la terrà è piatta, Pasteur non avrebbe osato indagare i meandri della biologia per trovare i suoi vaccini. E cosa dire di Colombo?

 Se ne sarebbe stato nella sua comoda Genova tra bordelli e taverne. E nessuno avrebbe mai osato sfidare le leggi della gravità per farsi fotografare sulla luna.

Insomma la civiltà sarebbe rimasta al buio della sua comoda ignoranza. Quindi rispetto per la nobile arte delle fiabe, lì ci sta racchiusa la cosa più preziosa che abbiamo: la nostra anima immortale.

E cosa fa la deliziosa autrice Martina Mazzeo?

Elabora la tradizione antica, le leggende relative al mondo misterico dei Faeries  (il piccolo popolo) innestando su di essa una storia di redenzione. E quello che deve essere salvato, riattivato, fatto emergere dall’oscurantismo scientifico è l’immaginazione, la fantasia ma soprattutto riattivare il legame spezzato da troppi secoli con il mondo numinoso. Senza questo mondo sovrannaturale che anima i sogni di ogni bambino, la realtà si inaridisce, si priva di energie, si avvizzisce. Ed è la stessa cosa che accade nel magico bosco delle fiabe, lasciato a se stesso, chiuso nella sua piccola porzione di realtà esaurisce le sue risorse vitali (rappresentato dal re ammalato). Entrambi i mondi, cosi come entrambi gli emisferi di quella perfetta macchina segreta chiamata cervello devono collaborare assieme. Intuito e razionalità devono darsi la mano, scontrarsi anche ma cercare sempre un dialogo affinché uno non esaurisca la sua forza motrice. Ecco che la fantasia, codificata in sogni strabilianti ma anche in incubi terrificanti, svolge la sua funzione di mantenimento della nostra salute psicofisica. Pertanto la fiaba di Solidea e Deamira racconta questo necessario percorso di riappropriazione dei miti, che diventano una sorta di vademecum per poter affrontare le sfide della nostra dimensione. Del resto come sentenziava GK Chesterton:

 

Le favole non dicono ai bambini che i draghi esistono. Perché i bambini lo sanno già. Le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti.

 

E se possiamo sconfiggere draghi imponenti, oscuri troll e orridi basilischi, possiamo sconfiggere da grandi quei demoni interiori chiamati delusioni, frustrazioni, e senso di inadeguatezza. Ma anche pregiudizi, preconcetti e chiusure mentali. Come nel mondo delle fiabe la bellissima fata Lamares accetta la presenza di stranieri, per lo più umani, quindi totalmente estranei da loro, apprendendo (oserei dire balzando al terzo stadio dell’apprendimento, quello che stravolge le nostre consuetudini) che non tutti gli umani sono crudeli, distruttivi, rei di atti vandalici contro l’armonia o l’animus mundi, noi possiamo altresì imparare a convivere con il diverso, con l’altro da noi e persino con i nostri apparenti limiti. Ecco che la fiaba diviene strumento educativo per eccellenza che veicola concetti fondamentali per la nostra civiltà come accettazione, la cooperazione, l’uguaglianza, l’accoglienza e soprattutto l’importanza di preservare il nostro io istintuale, senza che esso prenda, però, la supremazia. Apprendiamo che l’equilibrio di tutte le parti forma un armonico mosaico dai colori brillanti, che la fantasia e il potere dell’immaginazione non è caos ma semplice rinnovamento.

E vi lascio con una frase di Gianni Rodari che racconta meglio di me il pregio di questo favoloso libro

 

Credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo.

 

E se questa fiaba riesce a educare la mente, essa può essere letta da grandi come dai piccini, perché ogni tanto addormentarsi con la speranza di udire il tintinnio delle fate, fa bene anche al nostro scarno e spoglio mondo di adulti, adombrato e oscurato da nuvole minacciosa e da orrori dietro l’angolo.

Pertanto vi invito a seguirmi nel bosco delle Fiabe e a battere con me le mani per salvare una fata urlando con foga:

 

Io credo nelle fate, lo giuro, lo giuro, io credo nelle fate.

 

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