La saggezza sistemica può essere appresa attraverso le tradizioni religiose che racchiudono e delimitano l’area del sacro. Il sacro si riferisce all’unione, alla globalità dell’essere, alla connessione totale del sistema uomo ambiente.
Il sacro ci aiuta a riconoscerci come parte di un tutto più ampio che ci comprende e ci trascende.
La religione, in quanto espressione rituale di questa unità, viene presentata come rivolta a problemi epistemologici ineludibili quali i limiti della conoscenza, le lacune inevitabili di ogni descrizione, i paradossi generati dalla ricorsività.
Nel corso della storia dell’uomo la religione è stata forse, l’unico sistema cognitivo capace di fornire un modello dell’integrazione e della complessità del mondo naturale. L’atto di fede nei confronti del sacro, diviene sinonimo di un atto di fede nel tessuto integrato del processo mentale che avvolge tutta la nostra vita.
Come è possibile, in un’epoca di disordini come quella attuale, conseguire un educazione olistica del genere?
E che benefici può apportare la stessa al problema pratico di adattare il pensiero alla situazione sociale e politica di oggi?
Il conseguimento della visione olistica può apportare il beneficio della flessibilità, e soprattutto può portare la riconquista della già citata saggezza sistemica. Riconoscerci come parte di un tutto più ampio non è una speculazione mistica; riconoscere la natura olistica del mondo equivale ad acquistare quella che Vincent Kenny chiama:
“il compito senza speranza dell’umanità”
Vincent Kenny
La nozione del sacro in Bateson
ossia la responsabilità personale verso il sacro (inteso come concezione sistemica).
Non è certo possibile una definizione univoca di sacro in quanto esso fa parte dell’indescrivibile dell’esperienza umana e deve necessariamente rimanere tale. Il suo connotato principale, però, è identificabile nel requisito fondamentale di possedere dei confini che lo delimitano e che lo distinguono dal profano. Quando osservo come sia nocivo il finalismo cosciente, non fa altro che mettere in evidenza come, i tentativi disperati di spiegare la nostra esperienza umana, sono sempre e necessariamente incompleti e che c’è molto di più nella vita e nella mente di ciò che si incontra nel finalismo:
” …Ma le parti o i pezzi che appaiono alla coscienza invariabilmente forniscono un quadro errato della mente come totalità. Il carattere sistemico della mente non è mai rappresentato, perché il modello è stabilito dallo scopo prefissato…Noi non vediamo mai in consapevolezza che la mente è come un ecosistema (una rete di circuiti autocorrettivi). Noi vediamo solo degli archi di questi circuiti, e l’istintiva volgarità dello scienziato consiste nello scambiare questi archi con la più ampia verità…L’ego personificato di Freud, l’io, il super-ego, non sono effettivamente personificati. Ognuno dei loro componenti è costruito sull’immagine della sola consapevolezza e la consapevolezza non assomiglia all’intera persona. La consapevolezza isolata è necessariamente depersonificata”.
Bateson G., Bateson M.C.
Dove gli angeli esitano: Verso un’epistemologia del sacro
Secondo Vincent Kenny, il modo in cui gli uomini si sono occupati di questa inevitabile caratteristica che limita gli sforzi umani, ha riguardato anche l’evoluzione delle religioni per maneggiare questa scomoda circostanza. Ciò porta ad ammettere l’impossibilità di costruire un ponte sul divario e quindi coinvolge la totale consegna delle nostre responsabilità per vivere questo divario ad una speciale classe o setta di persone, abbiamo delegato la responsabilità personale del sacro su una parte del nostro stesso sistema che è considerato estraneo a noi. I preti o i druidi sono l’altro. Per vivere pienamente il nostro essere umani, il nostro essere parte di un tutto più ampio che ci comprende e ci trascende, si deve resistere alla tentazione di scaricare su qualcun altro, o su qualcos’altro, le nostre responsabilità personali di come stiamo vivendo la distanza tra le nostre vivide esperienze e i vani tentativi di descrivere e spiegare queste esperienze. Il dolore, la gioia, la rabbia, non possono essere codificate dal linguaggio umano.
Il Dio sistemico punisce chi non comprende di essere parte del tutto, perché, così facendo, limita l’integrazione delle esperienza umane in un ciclo naturale di cui ci sentiamo estranei. Perdendo il contatto con il sacro, abbiamo perso il senso di responsabilità verso il mondo. In un’ottica di totale separazione simile a quella che stiamo vivendo, contiamo solo noi, il nostro gruppo, la nostra setta, la nostra nazione, il nostro clan; tutto ciò che sta fuori è una minaccia per la nostra sopravvivenza, è minaccia per le regole fittizie che ci siamo dati per vivere questo drammatico divario. Qualsiasi significato noi riusciamo a trovare, rimane interamente di nostra proprietà soggettiva e che non verrà mai a descrivere un reale stato delle cose. Ma, paradossalmente noi possiamo e dobbiamo superare la nostra coscienza muovendoci oltre i limiti del linguaggio mettendo in dubbio i limiti stabiliti dell’azione e i limiti stabiliti di significato ed entrando per scelta nel dominio dove la nostra comprensione si distrugge.
La volontà di fare questo sforzo impossibile è un sintomo della presenza del sacro: arrivare nell’ignoto nel senso di essere parte di una mente più grande. Il Dio ecologico, il Dio che non si può beffare, viene esaminato in modo scientifico perché questo tema può aiutarci ad assumere responsabilità verso i sistemi e verso la nostra stessa vita. Credere nel sacro, infatti, ci rende in grado di essere responsabili di fronte a tutte le manifestazioni della vita dei sistemi viventi di cui anche noi siamo parte. Il sacro ci rende responsabili anche verso la costruzione di miti alla produzione di ideologie che guidano ogni giorno le nostre azioni e che racchiudono in sè l’essenza del sacro. La religione permea ogni periodo storico e ogni momento della vita umana e può fungere da strumento educativo; ma può altresì essere tanto manipolata da rappresentare un fattore di gravissime patologie. Nelle culture occidentali e anche in quelle orientali, esiste una tendenza crescente a fare un uso scorretto del sacro:
”…Abbiamo qualcosa di bello, di fondamentale per la nostra civiltà che tiene insieme tutti i valori collegati con l’amore, l’odio, il dolore, la gioia e il resto, un modo per dare un certo senso alla vita”
Gregory Bateson. Una sacra unità.
e poi invece il sacro viene usato come scusa per conquistare il potere, per uccidere in nome di principi costruiti dall’uomo, per dare sfogo agli impulsi più bassi, per giustificare una guerra o un massacro.
La nozione di responsabilità non investe solo il macrosistema ma investe anche il micro-sistema uomo. L’uomo è continuamente lacerato dal dualismo imperante tra coscienza e corpo tra spirito e materia tra logico e non logico. Questo dualismo, percepito come insanabile, limita gli sforzi per comprendere il mondo e per vivere in armonia con esso. La delega di responsabilità personale verso terze persone o verso costruzioni personali come ideologie o principi reificati, è il dramma dell’umanità, un dramma complicato dall’esistenza di una finalità egoistica che ci ha allontanato bruscamente “dall’Eden”. L’uomo irresponsabile di fronte alle sue distruttive scelte e ai suoi patologici comportamenti, si chiede spesso qual è la sua identità, qual è il suo scopo nella vita dove è il fine ultimo dell’esistenza.
Viviamo l’oggi, il presente, la vita, non più come se fosse il massimo dei beni, ma sostituendolo da altre costruzioni mentali che ci allontanano di più dalla sua natura sistemica.
Il finalismo cosciente si inventa così dogmi intoccabili, religioni sempre più intransigenti e chiuse all’esterno, inventa una serie di comode scorciatoie per arrivare a quella pienezza che gli è preclusa dal peccato originale.
L’uomo dotato di libero arbitrio si sente paradossalmente privo di libertà originaria che consisteva nel riconoscere in sè gli stessi cicli naturali cui era soggetto l’ecosistema. Si sente privato della sua umanità della conoscenza e se la prende con un Dio che ha tentato di ingannare. L’uomo compie ogni giorno scelte che vengono effettuate senza un reale conoscenza dei meccanismi che regolano la sua vita, così come regolano il mondo circostante; opera scelte che lo portano a contrapporsi a elementi che fanno parte del suo sistema; abbiamo l’uomo contro l’uomo, l’uomo contro il suo ambiente, abbiamo in realtà l’uomo che distrugge se stesso.
Se queste scelte, operate senza responsabilità dall’uomo, gli si rivoltano contro, come si possono modificare atteggiamenti ed epistemologie sbagliate?
Come è possibile generare una comunicazione migliore tra la coscienza e l’inconscio tra la realtà e le nostre decodifiche della stessa?
Ecco che la religione si presenta come un modo per educare l’uomo a vivere con saggezza, ma è possibile anche imparare dalla religione una maniera meno confusa e nociva di educare e comunicare con i vari livelli della realtà affinchè essi possano essere compresi accettati e integrati nella nostra visione.