La vera difficoltà quando si decide di scrivere un saggio è mantenere la giusta distanza dal soggetto studiato. Questo non solo per rispettare la fede nell’onestà intellettuale. Essa si rende necessaria per poter educare la mente alla mera osservazione dei dati, uniche certezze su cui edificare teorie, idee e elaborati che abbiano un minimo di logicità interna. Non sono, in sintesi, gli elementi di un qualcosa a dover sostenere le idee, ma sono semmai le teorie a dover essere coerenti con gli indizi.
Bisogna approcciare l’argomento scelto senza preconcetti, magari senza un’idea originaria sostenuti solo dalla curiosità ed esercitandosi nell’abilità indispensabile che è l’arte di porsi la domanda giusta. Troppo spesso gli studi che divoro sempre con interesse peccano di un difetto enorme, ben esemplificato da Proietti ossia:
I fautori della teoria della bufala, analizzando le fonti attendibili (documenti d’archivio, articoli di giornale dell’epoca, atti notarili, ecc.), ovviamente operano delle scelte, mettendo in evidenza i dettagli che provano le loro tesi, e tralasciando invece quelli che possono far insorgere dubbi. In questo modo di procedere non c’è nulla di anomalo: tutti coloro che esprimono delle opinioni hanno bisogno di suffragare con prove certe le proprie teorie. Al contrario, gli entusiasti cercatori del Segreto dei Segreti arrivano persino a manipolare foto e documenti.
E tutto questo a discapito della verità.
Ora, uno di questi argomenti più difficili da esaminare, quelli che diventano soltanto labirintiche esercitazioni della fantasia e delle creatività senza limiti e spesso, senza logica è sicuramente il Graal, con tutte le sue sfumature che inglobano personaggi come la Maddalena e Gesù e luoghi misterici come Rennes.
Basta un’occhiata in ogni libreria e troverete scaffali brulicanti di tomi più o meno scientifici sull’annosa queste du Graal. Studiosi e semplici amatori che perderanno tempo e denaro per rintracciarlo, per identificarlo, per raccontarlo e per stilare mappe complicatissime tanto da far impallidire il buon Piri Reis. Se poi vi rivolgete alla Maddalena Gesù ci saranno ancor più voci, spesso cacofoniche, che racconteranno, partendo dal loro background politico-religiose novità allettanti e sconvolgenti. Il dato rassicurante è che saranno pochi quelli che avranno l’ardire di contestare in maniera profonda le credenze cattolico romane e si limiteranno a urlare di complotti più o meno oscuri, in realtà propagandando un ritorno al passato. Un po’ come un Congresso di Vienna spacciato per novità assoluta. Io, a dire il vero, non trovo così dissacrante l’idea di un ritorno a una monarchia direttamente ispirata da Dio, con i suoi rappresentanti incarnati a dover assicurare il rispetto dell’ordine divino. Mi sovviene un ricordo lontano, che coinvolge faraoni e la Maat egizia…ma probabilmente le mie rimembranze sono lacunose.
E poi cosa dire di Rennes?
Credetemi tomi e tomi di testi. Miliardi di siti, di scoperte, di idee, di teorie, che più che asfaltare ogni dubbio ne provocano e ne fanno germogliare sempre altri. Gente che si scanna (D’Urso impara) sulla veridicità delle prove, sull’autenticità dei documenti e dei resti fisici. Basti pensare alla lastra tombale della Marchesa D’Hautpoul che neanche da morta trova il riposo e la tranquillità eterna. Ecco trovo che Rennes Le Chateau sia il fulcro che accomuna tutti gli argomenti sopracitati ma anche il caso più ostico da decifrare, per la sua straordinaria commistione di verità e bugie, di interpretazioni azzardate e eccessivo scientismo.
Quando ho avuto tra le mani “Vestita di Sole” ero perciò preparata a tutto. Mi intrigava, comunque, leggere un altro libro sulla Maddalena e Rennes, anche se, lo ammetto, ero preparata alla possibile delusione di trovarmi davanti le solite trite e ritrite teorie. E invece Paolo Proietti, mi ha fatto letteralmente innamorare. Finalmente qualcuno che partiva dalle giuste domande e che osava addentrarsi in quel terreno proibito
laddove neanche gli angeli esitano
Basteson
Come ho già detto, chi studia Rennes in realtà ha come fine e come obiettivo quello di riesaminare la storia scomoda di Maria Maddalena e per estensione anche a Gesù. Ecco perché Rennes è da tutti considerato il luogo dove si depositano segreti atroci in grado di sconvolgere l’intera impalcatura della fede cattolica, luogo di reliquie sacre e meta sognata agognata e cercata da tutti coloro in cerca di fama, di gloria e per i pochi eletti bisognosi di un’evoluzione spirituale.
Rennes è tutto questo.
È il famoso Graal, è il sangue reale, è la volontà di ricerca una storia alternativa diversa dagli insegnamenti con cui siamo cresciuti che però non soddisfano del tutto. Rennes è l’inquietudine moderna, è la volontà di manipolazione, è sia bufala che sogno. Insomma Rennes è l’uomo con ogni sua contraddizione.
Consapevole della variegata commistione di emozioni, sentimenti e ansie che si dividono tra volontà di innovazione e desiderio di status quo, Proietti fa qualcosa di importante e oserei dire spettacolare. Non si limita ad appoggiare una o l’altra teoria, quella che reputa l’intricata vicenda frutto solo di una burla goliardica o di chi è arduo sostenitore della discendenza merovingia. Sono posizioni antitetiche ma che nascono dallo stesso timore, quello della perdita del sacro. Sia il detrattore, colui che banalizza la vicenda, in cerca di una risposta facile e scontata, sia chi invece ama i complotti, ama i segreti e i misteri nascono dallo stesso calderone morale e etico quello di sentirsi deprivati di una parte fondamentale del nostro sé quello collegato alla tanto odiata ma indispensabile spiritualità. Che sia la ricerca del Graal ossia della conoscenza o sia la scoperta e lo studio della vicenda cristica ognuno di noi attraverso Rennes cerca, in fondo sé stesso e la propria anima.
Questo però è di intralcio alla curiosità propria dello scienziato, che semplicemente è portato per sua strana natura, per una anomalia mentale a indagare analizzare spezzettare le vicende e trovarne il filo conduttore. È una passione, un qualcosa che nasce da dentro, un bisogno immenso di capire. Non tanto di conoscere quanto di penetrare negli argomenti, farli nostri e tramite loro estraniarsi dal sè.
Proietti è un vero ricercatore. Ma è sicuramente aiutato dal suo essere Yogi e sicuramente sarà suo costume e sua abitudine rompere gli schemi primari di un io troppo legato alle paure occidentali che cozzano profondamente con la natura fondamentalmente curiosa della nostra umanità. Per questo il saggio sulla Maddalena e su Rennes risulta così coinvolgente, elettrizzante anche per chi come me, ritiene la stessa vicenda e le storie graaliane fonte indispensabile non solo per una sorta di piacere accademico, ma anche per rielaborare in maniera critica gli assunti culturali, su cui si basa la mia ma anche l’altrui società.
Il Graal la Maddalena e lo stesso Rennes sono frutto di una distorsione. Nascono e si alimentano laddove noi tentiamo di oscurare la nostra storia e il nostro passato. Nascono come aiuti e si appoggiano al potere che si dota di una struttura culturale per legittimarsi e sostenersi. Lo stesso titolo del saggio è emblematico, storia di una religione inventata. Ed è quello che succede quando ogni accadimento umano noi lo usiamo per giustificare la nostra dominazione che sia valoriale o politica, che sia da nutrimento per le ambigue nostre ambizioni. Il Graal è il simbolo che di volta in volta assume connotazioni diverse, pietra filosofale, calderone sacro di Ceridwen per i sostenitori del neo paganesimo, sacro calice, conoscenze arcane, è il simbolo più sfuggente e che più si adatta a ogni tempo, a ogni esigenza, a ogni idea. Eppure originariamente non era altro che il centro di racconti bellissimi, incantati e incantevoli, al cui centro esisteva un nucleo affatto “esoterico” ma di una semplicità abbagliante. La predominanza dell’amore, l’amore che salva, l’amore che rende eroi, l’amore che ripara i torti (molte delle storie del ciclo del Graal raccontano di questa sorta di vendetta specie nel bellissimo poema Perlesvaux) l’amore che spiritualmente eleva e che fa del Graal solo uno dei tanti doni che la Dea Bianca, la Donna, la Femminilità per eccellenza elargisce al cavaliere, che per lei affronta impervie vie, draghi, cavalieri neri, oscurità, incantesimi e prove oscure.
E per raccontare questa visione dell’amor cortese, parte dalla storia di Ivano, poetico e avventuroso ritorno in quel mondo numinoso che influenza sempre la queste du Graal. Non è per nulla insolito trovarvi una dama misteriosa, incarnazione della Dea Bianca di celtica memoria, cerve incantate, fate, fonti miracolose, castelli incantati che sembrano usciti direttamente dal nostro immaginario fiabesco. A questo proposito invito i lettori a immergersi nel mondo di Chretien de Troyes e di Von Eschembach con il libro di Jean Markale il Graal.
Sono cresciuta con queste storie e le amo dal profondo del mio cuore. Ma so anche che Proietti ha ragione quando afferma che i fantomatici ricercatori, leggendole:
rimarrebbero delusi: i cavalieri di Re Artù sembrano più interessati alle avventure galanti che alla ricerca della Sacra Coppa, anzi, il vero tema dei romanzi sembrano essere la donna e l’Amore
Pochi comprenderanno che il segreto del Graal così semplice e poco attraente, è in verità uno dei misteri che reggono ancora in piedi la nostra interezza, la nostra vita onirica, etica, sostengono la nostra anima. Amore come scudo, amore come unica magia inspiegabile, in un mondo che viene seviziato tutti i giorni da una scienza senza remore.
Ed è l’amore in fondo alla base anche del racconto della Maddalena, colei che tanto ha amato e a cui tanto è stato perdonato. E’ lei connessa con la sposa perduta di Sion, emblema di un’anima sparita dal mondo, che forse solo una vera meditazione, un vero percorso spirituale possono riportare a noi, bella e intatta:
Io sono nera ma bella, o figlie di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come le cortine di Salomone.
Non guardate se son nera, perché il sole mi ha abbronzata. I figli di mia madre si sono adirati con me; mi hanno posto a guardia delle vigne, ma la mia propria vigna non l’ho custodita.
Questo è uno dei brani del meraviglioso cantico dei cantici. Ed è proprio il Cantico, nella forma del Canto della sposa che svela una verità intrigante e inquietate a Proietti. Alla fine, esaminando tutte le fonti ci si rende conto che, il mistero del sacro sposalizio (Gesù e Maddalena) è un po’ il segreto di pulcinella. Tutti sanno, è gridato ai quattro venti, ma pochi vogliono rendersene conto considerandolo, a torto, il segreto dei segreti.
Ma è da questa presa di coscienza, dalla domanda: perché una volta reso uomo, grandioso, pieno di carisma certo, la discendenza di Gesù dovrebbe essere sta notizia straordinaria e dovrebbe avere poteri strabilianti?
Perché la discendenza di un personaggio che da divino è stato fatto tornare umano, discendente magari da una rispettabile dinastia, dovrebbe essere ancora considerato sacro e autorevole?
Insomma non credo che i discendenti dei Borboni, dei Savoia siano così venerati solo in virtù della loro storia. Eppure i secoli di genealogie rispettabili (più o meno), di onorevole “sangue blu” ne hanno a iosa.
Ecco che Proietti, ponendosi la giusta domanda, si avvicina più di tutti al vero segreto celato in Rennes e soprattutto nel famoso famigerato e contestato Codice da Vinci. E sicuro non è la famosa storiella della dinastica merovingia del Sang Real.
Non vi svelerò certo le sue conclusioni, ma mi limiterò a osservare un dato molto importate: Proietti, nonostante conosca tutte le fonti su Berenger Saunniere, e sull’intricata vicenda, non riesce a NON avere dei dubbi. Vedete. io conosco quasi a menadito la storia sia ufficiale che le teorie più ardite. Che Plantard e il suo amico de Cherisey avessero imbastito una bufala era scontato. Che avessero costruito ad hoc indizi è stato, quasi dimostrato. Ma al tempo stesso le certezze che tanto rassicurano i nostri detrattori, a Paolo, come a me, non annullano dei dubbi. Ammettiamo che tutta la vicenda di Rennes sia una grande gigantesca bufale.
Conoscete per sommi capi la storia di Berenger Saunniere?
Eccovi la vicenda per sommi capi.
Secondo gli appassionati il mistero inizia quando il parroco della sperduta località di Rennes le Chateau durante i lavori di restauro della chiesa diroccata del X sec. fece una scoperta che rivoluzionò la sua vita, rendendolo immensamente ricco. Francois Berenger Saunniere, venne nominato curato di Rennes le Chateau, il 1 giugno 1885 e il suo primo atto, da parroco ligio al dovere, fu di restaurare una chiesa in condizioni precarie. All’inizio riuscì a trovare i fondi necessari grazie a una donazione dalla marchesa di Chambord (il nostro affascinante abate era un tantino filomonarchico) e che gli offrì circa 3000 franchi e il comune invece gli riconobbe il contributo di 1400 franchi. Con questa cifra iniziale Saunniere poté cominciare i lavori di restauro. E restaurando, restaurando, iniziò a trovare qualcosa. Le fonti più “serie” parlarono di qualcosa rinvenuto sotto il pavimento della chiesa (alcuni operai raccontarono poi che, in una cavità posta nel pavimento avevano recuperato un recipiente (un paiolo) colmo di pezzi d’oro. Ma l’astuto abate occultò la scoperta sostenendo che si trattava di alcune medaglie della Madonna di Lourdes senza alcun valore)
Ma la scoperta passata alla storia fu un’altra: strane e oscure pergamene nascoste dentro una cavità segreta in una delle due colonne che componevano l’altare (esso era formato da una lastra di marmo sorretta da due colonne. Una delle due fu poi posta ed è visibile nel giardino della chiesa con una strana scritta, una delle tante presenti a Rennes). Secondo le fonti ufficiali e non, essi consisterebbero in alcune pergamene e precisamente l’albero genealogico di Dagoberto II dal 691 al 1244 e dal 1244 al 1644 e due testi codificate dei vangeli (Giovanni 12,10 e Luca 6,6). Ecco a sommi capi la storia di Berenger Saunniere.
Questa è la storia. Ma, se non fosse stato per Noel Corbù, colui che acquistò una delle stravaganti proprietà del ricco abate, Villa Bethania, la storia, forse, non sarebbe diventata così popolare com’è oggi,
Quel che è certo, però, è che non sarebbe mai passato alla storia se, nel 1946, le sue proprietà non fossero passate ad un noto ristoratore, Noël Corbu. Corbu era intenzionato a trasformare Villa Bethania in un ristorante di successo (cosa poi avvenuta nel 1955; dal 1990 è un albergo a cinque stelle). E, per incrementare il turismo nella zona, pensò di giocarsi la carta del mistero. Nel gennaio 1956 fece pubblicare su un quotidiano locale, La Dépêche du Midi, una lunga intervista nel a quale raccontava che Saunière, restaurando la chiesa della Maddalena, aveva ritrovato il tesoro di Bianca di Castiglia, sposa, di Luigi VII. L’articolo ebbe un’enorme risonanza. Nel 1961, la televisione francese mise in onda un documentario in cui Corbu interpretava il curato di Rennes-leChâteau. Esoteristi e cercatori di tesori di tutto il mondo si precipitarono in Linguadoca. Tra questi c’era Pierre Plantard.
E fu a quel punto che:
Le presunte scoperte di Corbu sul ’abate di Rennes le Château cascavano a fagiolo. Plantard cominciò la costruzione della leggenda del Sang Real attraverso una serie di conferenze nella Chiesa di Saint Sulpice
Per molti le pergamene non sono altro che abili truffe effettuate da Pierre Plantard, assieme all’amico Philippe de Cheresey. Questi compilò due pergamene trascrivendo testi evangelici arricchendoli di quelle “anomalie” che celebrarono abilmente quel messaggio in codice reso oramai famoso.
La necessità di rendere poi credibile tale lavoro spinse Plantard a scrivere un documento, attribuito a Madeleine Blancassel, in cui appunto si faceva risalire al 1781 il ritrovamento dei documenti nella chiesa di Sant Pierre. Per collegare ulteriormente le pergamene alla marchesa, Plantard utilizzò (come chiave di codifica di una delle due) il testo della lapide della nobildonna che fino al 1906 si trovava nel cimitero di Rennes ed era stato riportato su un articolo della società di studi dell’Aude (S.E.S.A.). Nello scenario così costruito le pergamene riposarono per un secolo dentro il famoso pilastro fino a che i lavori di restauro di Saunniere, le riportarono alla luce.
Ma…
La domanda semmai è quale convinzione profonda poteva spingere questi personaggi a credere fermamente di essere i candidati ideali alla riorganizzazione, se non addirittura il comando del futuro europeo? Poteva una burla coincidere casualmente con progetti comunque già esistenti? E potevano due oscuri personaggi creare una tale mistificazione solo per una simpatica burla?
Che i due fossero addentrati nell’intricato sotterrano del mondo esoterico, ce lo spiega benissimo Proietti:
George Monti, il mentore di Plantard, massone di altissimo livello, vero ispiratore della storia del Graal.
Tra i cavalli di battaglia dei fautori della bufala, ci sono le dichiarazioni che Philippe de Cherisey rese nel già citato Pier e et papier. Cherisey affermò di essere stato lui a disegnare le pergamene, ispirandosi ai codici cifrati e ai giochi di parole dei romanzi di Maurice Leblanc su Arsenio Lupin.
Quindi, i nostri simpatici cialtroni avrebbero preso in giro i creduloni copiando le invenzioni di uno scrittore di romanzi d’appendice. Che buffo.
Ma chi era Maurice Leblanc? Massone, appartenente alla più potente loggia di Parigi, grazie alle informazioni ricevute dal cognato, ministro degli interni dell’epoca e anche lui massone
Coincidenze?
Io sono convinta al pari di Proietti, che ci sono dei punti fermi in tutta la vicenda e da quei punti si può davvero analizzare l’intera storia del nostro Graal occidentale, ossia la Maddalena e Gesù:
agli inizi del XX secolo, François Bérenger Saunière, parroco di Rennesle-Château, trovò “qualcosa” nella chiesa di Santa Maddalena;
— questo qualcosa lo rese ricco a palate, e attirò le attenzioni della massoneria, dei servizi segreti e degli esoteristi di tutto il mondo;
— costruisce una villa chiamata Bethania (come la città in cui viveva Maria sorella di Lazzaro, identificata da molti con Maddalena), una torre chiamata Magdala, e tutta una serie di edifici e arredi religiosi da cui traspare la devozione per Maddalena…
E se abbiamo lo stesso Coraggio del nostro yogi, lo seguiremo nelle sue innovative ma anche molto chiare e semplici considerazioni, e forse non tratterremmo un brivido lungo la schiena, perché quel che ci racconterà alla fine è una storia che, in fondo, noi già sappiamo, solo non abbiamo davvero il coraggio di tirarla fuori.
Paolo Proietti non ha paura di sfidare il tabù del silenzio di quei due secoli, e da conoscitore delle fonti apocrife, nonché dei numerosi interpolazioni (leggi: manipolazioni) tipiche di chi “costruisce” una tradizione, ripercorre quelle fonti proditorie, mistificatrici all’origine, e le fa suonare insieme per ascoltare una musica diversa.
Io vi consiglio di ascoltarla quella musica, e la riconoscerete come profondamente vostra. I miei complimenti per la bravura di questo grande saggista, per la sua volontà di non fermarsi alla superficie e di indagare sempre più a fondo senza temere tutto il fango che ne verrà fuori.
Perché è con quel fango che costruiremo, forse, la nostra nuova visione dell’occidente.
Fidatevi, non abbiate paure di perdere per ricostruire.