“Alla sorgente del tempio” di Simona Cremaschi, Lettere Animate editore. A cura di Alessandra Micheli

 

Ho pensato moltissimo prima di intraprendere la stesura di questa recensione. E non perché abbia riscontrato imperfezioni nel romanzo, anzi. Pur essendo scritto da una cosiddetta emergente appare già strutturato in modo maturo, con un linguaggio scorrevole e comprensibile in cui fanno capolino, brillando come diamanti, termini ricercati e antichi echi di filosofie fondamentali per il nostro occidente. Questo lo rende originale  eppure antico, come se appartenesse alla lunga genealogia di libri che debbono tramandare un importante eredità. E per farlo non possono non ricorrere alla tecnica dei diversi livelli di significato: il letterario, laddove si troveranno i cosiddetti concetti del romanzo rosa; simbolico, in cui l’attenzione verterà sulla crescita(formazione) della protagonista e esoterico, laddove la ricerca archeologica del senso toccherà la tanto da me citata Scienza sacra di stampo guenoniano.

La mia difficoltà è proprio in quei tre livelli. Molti, troppi, leggeranno il testo come un racconto romantico, in cui si loderanno virtù come il coraggio e la volontà di credere sempre in sé stessi e pochi, pochissimi eletti andranno alla ricerca del significato iniziatico. Ecco se desiderate questo tipo di recensioni prendo in prestito la famosa frase dantesca:

lasciate ogni speranza o voi che entrate.

 

Ci saranno sicuramente recensori meno noiosi di me, che vi accompagneranno lungo la superficie del romanzo della Cremaschi. Dal canto mio onoro invece, la sua intenzione di entrare nei cunicoli della conoscenza e mi addentrerò nel substrato filosofico, ermetico e culturale che fa da sfondo al romanzo. Perdonatemi ma raccontarvi di come l’amore supera le differenze, di come sia importante non arrendersi mai, è secondo me uno sminuire non solo la semiotica del testo, ma anche gli sforzi notevoli documentaristi dell’autrice.

La nostra egregia Simona non ha solo narrato in modo accattivante e ricco su pathos un viaggio onirico e oscuro nei meandri della terra, ma ha raccontato in modo molto meno complicato, senza nulla togliere alla profondità dei temi, un testo base per ogni ricercatore: ossia il libro di Graham Hancock Talismano.

Lo stesso titolo è un grande omaggio a questo straordinario giornalista, e i temi trattati sono molto più importanti dei valori, seppur lodevoli, di tanti testi di formazione. Alla sorgente del tempio riscrive totalmente la storia occidentale.

Capite la portata ontologica di questo, apparentemente semplicistico, lavoro di archeologia filosofica?

Talismano è un testo bellissimo, ma cervellotico.  Seppur con uno stile giornalistico, quindi oserei dire immediato, Hancock analizza secoli di storia e soprattutto l’architettura sacra di tante città a noi familiari che apparentemente sono strutturate secondo un logico piano urbano, ma che a un’attenta analisi, nascondono uno schema ben più intricato e divengono voci di pietra che proteggono le tradizioni egizie, gnostiche e ermetiche. In sostanza città come Roma, Parigi, Washington, sono dei veri e propri talismani in pietra al pari di costruzioni grandiose come Angkor Wat o Stonehenge. Tutto questo per rendere reale un precetto che funse da guida per tanti popoli e tante organizzazioni occulte:

cosi in cielo e cosi in terra

E quale miglior esempio geografico di questa massima dell’antico Egitto?

Oramai, spero siano tutti a conoscenza grazie alle ricerche di Albert Gilbert e Robert Bavual, che l’Egitto è immagine speculare della via lattea. Tanto che sacerdoti dotati di conoscenze astronomiche avanzate, crearono una mappa stellare nella piana di Giza. Da allora, riprodurre il cielo in terra, riprodurre l’asse celeste puntellato di stelle (monumenti) fu il sogno di ogni filosofo. Se guardiamo San Pietro dall’alto, osserviamo una sconvolgente realtà: sembra una riproduzione architettonica del nome di una città sacra Anu o Eliopoli. E dovunque ci giriamo nella Roma cristiano-cattolica non vediamo altro che antiche vestigia egizie.

La Cremaschi lo sa, ha letto, anzi assorbito Talismano, si è nutrita del mistero che accenna soltanto ( più tardi Hancock perfezionerà la sua teoria con lo specchio del cielo) e decide di offrirlo al pubblico sapendo che non tutti capiranno il fulcro del suo racconto. E questo racconto è la scoperta della vera sorgente della nostra civiltà cosi sbarellata,

cosi disperata e cosi vuota. Ma per capirlo Denise dovrà sentire su di sé una sorta di insoddisfazione, dovrà provare sulla sua pelle il disagio di chi si sente intrappolato in un mondo che è privo di anima e di creatività. Dovrà, in sostanza, iniziare a chiedersi se davvero la vita è racchiusa negli insegnamenti di socializzazione che ci hanno inculcato, laddove basta una vita proba e rispettosa delle leggi sociali, un matrimonio che metta a tacere ogni spirito di avventura (che in questo caso è il simbolo dell’accettazione totale delle convenzioni sociali) e abbandonare ogni velleità alla Peter Pan, smettendo di cercare chissà quale senso del nostro vivere. Si vive e stop e si cerca di vivere nel modo più “borghese” possibile. Peccato che l’esistenza scorra in superficie rinnegando le profonde radici ctonie che ci legano a un passato misterioso, oscuro e per sommi casi liberatorio.

È solo nel disagio provocato dal lutto che Denise allenta i legami con la vita apparentemente perfetta, viaggiatrice su binari rettilinei. Ed è proprio  tramite una fontana che passa il velo che separa le dimensioni, iniziando a accettare i sogni (che non sono altro che richiami insistenti del nostro io profondo a una consapevolezza più ampia del nostro essere e di conseguenza di ogni oggetto o soggetto che ci circonda) per poter iniziare il cammino nei luoghi pericolosi sì, ma affascinanti del regno sotterraneo. Non è difficile comprendere come il sottosuolo descritto dalla Cremaschi non sia che una simbolizzazione del nostro regno interiore, laddove sono racchiuse tutte le conoscenze accumulate nel nostro passato, persino quelle più rivoluzionarie, che ci appartengono di diritto.

E sono giunte a noi tramite quel processo straordinario che Jung chiama coscienza collettiva. O per dirla alla Rousseau volontà generale, formata da ogni singola, individuale esperienza.

 E quale esperienza lascia il segno più di quella mistico – esoterica?

Scendere negli inferi significa ritrovare il fango da cui siamo stati originati e questo ha come conseguenza il cambiamento totale della nostra percezione sul mondo.  E questa diversa prospettiva attua non solo una modifica interiore ma soprattutto verso l’esterno, verso i rapporti con lo stato ad esempio, con l’altro, con il diverso, con le responsabilità: ossia con tutto quello che forma davvero la polis. Ed è questo che ci permette di incidere profondamente sull’apparato sociale, di potere e di produzione del significato culturale. Senza questa trasformazione di pensiero ogni discesa nell’abisso è vana e si altera in una reiterazione costante del peggior peccato dell’uomo: la perdita di eticità.

Chi va nel sottosuolo lo fa per svariati motivi. Chi ricerca le conoscenze arcane lo fa per soddisfare i suoi bisogni: potere, sopraffazione, lussuria, volontà di dominio. Ed è per questo che le conoscenze arcane, custodite nel sottosuolo parigino, vanno conquistate con sacrificio, con la morte simbolica dell’io, con la perdita e con la scelta. Cosi come accade a Alan e Denise. gli altri, i non eletti cercheranno solo onnubilamento, individueranno l’oblio, cercheranno semplicemente di scappare dalle responsabilità. È nell’infero che scopriamo davvero noi stessi, le nostre capacità e la nostra anima.

Perché Parigi?

Questo ho deciso di non sverlarvelo. È una scoperta che dovete gustare da soli. Voglio osservare ogni reazione quando apprenderete cos’è la sorgente del tempio. Voglio conoscere i nomi di chi scapperà impaurito e di chi, invece, si abbevererà alla fonte della conoscenza.

Vi dico soltanto: attenti al nome Parigi. Li si cela il segreto dei segreti.

I miei complimenti a Simona.

Più che altro perchè assieme a me e a altri 5 pazzi si è letta tutte le ottocento pagine di Hancock.

 

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