“Nectunia” di Daniela Ruggero, Dark zone edizioni. A cura di Alessandra Micheli

 

Recensire il libro di Daniela Ruggero non è affatto semplice. Apparentemente testo di evasione a una lettura più approfondita si rivela ricco di argomenti, di messaggi e di dettagli che non possono essere sottintesi. Ma vanno esternati e mostrati nella loro spietata bellezza al lettore. Potrei berciare della sua perfezione stilistica, dell’emozione, della sua carica di angoscia e al tempo stesso soffermarmi sull’adrenalina che pervade ogni pagina. Ma il bello del libro è di essere un vero, speciale distopico che omaggia i suoi padri predecessori e che si immerge nel catastrofismo tipico del genere.

E questo catastrofismo non è certo scaturito dalle stesse ansie o dalle stesse aspettative dei libri culto, come Bradbury o Orwell, ma da un preciso traballamento del nostro sistema post-moderno che sta annaspando in una credi economica e valoriale senza precedenti.

Innanzitutto il contesto in cui si muove Daniela è quello tipico della distopia. Un mondo devastato che tenta di rinascere, che argina la violenza cieca di esseri umani che hanno perduto ogni certezza. Per poter reagire alla disastrosa scelta umana, quella collegata da una finalità cosciente che ha come obiettivo quello dello sfruttamento insensato della terra e che pone come sua volontà principale la sopraffazione e la corsa al potere. Il benessere smisurato, la certezza di essere non ospiti ma padroni assoluti della terra causa lo sconvolgimento globale ed ecologico. Ecco come ce lo narra la Ruggero:

Anno 2500, la popolazione mondiale affronta la sua Era più buia. La quotidianità è scandita da efferati omicidi. Le lotte per impadronirsi delle ultime scorte di energia sfociano nella guerriglia urbana. Le sommosse sono sedate dalle forze dell’ordine con violenza, generando nuove rivolte. L’alternarsi delle maree nere ha soffocato la fauna marina e le specie commestibili si sono estinte quasi tutte. La terra si è impoverita. L’avanzare dei deserti ha ridotto lo spazio per le coltivazioni e il pascolo degli animali ormai lasciati a morire di fame e sete. L’inquinamento dell’aria ha raggiunto livelli preoccupanti, tanto che gli esseri umani sono costretti a indossare speciali mascherine dotate di un filtro in carbonio per depurare l’aria intossicata dalle particelle di piombo. La scarsità di cibo ha costretto i governi a frazionare le derrate alimentari e ridurre la dose di acqua pro capite per consentire alla popolazione di sopravvivere.

I poveri vivono negli angoli delle strade di città fantasma, ridotte a fatiscenti ricordi del loro splendore. Polvere, calcinacci e immondizia hanno sostituito la bellezza architettonica di palazzi d’epoca, che ora si sono tramutati in eleganti ghetti per rinnegati, gli stessi che attendono la notte per dare vita a saccheggi e violenza per la sopravvivenza. I cittadini si vedono costretti a rinchiudersi nelle loro case prima del coprifuoco che segna l’ingresso dei militari nelle strade per arginare il fiume di follia che la fame ha generato. Violenza contro violenza. Il caos germoglia.

E‘ da questo terrore, questa perdita di convinzioni, di appigli, questo mondo che crolla miseramente sotto i colpi dei nostri errori che l’unica sopravvivenza certa, l’unica speranza di una resurrezione è una netta e decisa presa di potere. Questo è un caso tipico delle civiltà al collasso: quando il cambiamento è cosi angoscioso, cosi irreversibile, è quasi scontato che, alcune frange del potere, in particolare quello militare, prendano il comando per arginare appunto il fiume di violenze. E’ per questo che la dittatura nasce, per porsi come referente politico e sociale di una società allo sbando. Non a caso, il termine dittatura ha nel linguaggio politico non soltanto l’accezione di

Accentramento del potere di governo in un solo organo”

oppure nelle mani di una sola figura, il dittatore appunto che non viene assolutamente limitato da leggi, costituzioni o altri fattori politico/sociali, ma ha origine nella repubblica romana, dove una figura scelta assumeva il potete prevalentemente in tempo di guerra. Il dittatore era, dunque, un Dux nominato dai consoli romani per la durata di circa sei mesi e il Senato, poteva far decadere il mandato.

Si nota come la dittatura classica avveniva, cosi come nel testo di Daniela, in circostanze particolarmente delicate o pericolose in cui era necessario che, qualcuno, prendesse le redini decisionali per traghettare lo stato fuori dal rischio del naufragio.

In Nectunia questo avviene. L’apparente nemico della stabilità e della civiltà viene individuato in un gruppo di ribelli accusati di fomentare il terrore e il panico causato da condizioni estreme: il mondo sta collassando. E quando una civiltà si trova in una situazione di rischio, il caos può generare due diverse reazioni: volontà di rinascita, o volontà di oppressione.

La falange militare di un fantomatico (insomma mica tanto) esercito europeo, pende, dunque, il controllo degli eventi., Il nemico è perfettamente identificato e non è evanescente come può esserlo lo stravolgimento ecologico, dove poche azioni restano da compiere se non sperare di salvare il salvabile e provare a re-imparare a vivere in armonia con la terra lacerata. Ma è un nemico preciso, fisico, facilmente identificabile e sui cui l’azione repressivo salvifica può essere indirizzata. E caricata di ogni terrore della popolazione, di ogni aspettativa, di ogni angoscia. Ecco la creazione di un nemico vero o presunto, causa di ogni male, artefice della distruzione, capro espiatorio su cui si riversa tutta la paura, il terrore e la violenza, provocate, invece, da una serie di sconsiderate azioni che hanno portato a retroazioni di portata distruttiva gigantesca. Il pericolo è quell’effetto farfalla che, noi oggi, sottovalutiamo e che Daniela pone come monito al lettore: attenzione alla nostra percezione del mondo, alla considerazione vanesia che abbiamo per noi stessi. Attenzione ai piccoli infimi gesti, alla nonchalance con cui viviamo, oggi su questa terra. Perché poi gli effetti farfalla, possono portare alla totale distruzione del genere umano. E il nostro effetto serra, il fantomatico buco dell’ozono, i cataclismi naturali sempre più devastanti ne sono una tragica prova.

Questa dittatura ha compiuto il suo passo principale quello che l’aiuterà a trasformasi in qualcosa di diverso e per nulla piacevole; dopo la creazione del nemico il predominio assoluto si mostra come unica speranza, unica soluzione per la sopravvivenza umana, portatrice di un nuovo mondo ordinato da cui ripartire, imparando dall’errore per eccellenza: la libertà.

E’ infatti il libero arbitrio il responsabile di tante tragedie. E’ quella nostra perfettibilità che senza mai raggiungere la perfezione ci porta a provare strade diverse, a esercitare il diritto di scelta che, pertanto, può e forse deve avere, anche conseguenze terribili. Senza la capacità di sbagliare, di osare e di sperimentare, senza il rischio di cadere nell’errore, senza la capacità insita in questo di portare a un’acquisizione di esperienza e quindi di responsabilità, la libertà non può esistere.

Senza conoscenza, consapevolezza e una certa dose di ribellione, senza la sua travolgente influenza rivoluzionaria, quella capace di aderire al suolo tradizioni, culture e valori accreditati la libertà non è libertà. E in più essa si nutre di un altro pericoloso elemento: la partecipazione. E quella consapevole non costretta da paure, rimorsi, e terrori.

Ecco che per un regime che si presenta come il Salvatore, come l’ente a cui delegare la volontà personale in favore del Sommo Bene Comune, quel concetto di libertà e di creatività rasenta l’anarchia. Diventa il demone da combattere. Pertanto ogni regime che si erge a barriera contro la naturale propensione umana alla sperimentazione, diventa per necessità TOTALITARISMO. Ecco perché esso combatte come deviante tutto quello che è connesso con l’espressione e con la capacità di pensiero critico: libri, cinema, emozioni, e arte. Il mondo perfetto che Nectunia mostra è pertanto asettico, totalmente liberato da ogni anelito emozionale, da ogni piacere, da ogni immaginazione. Perché l’unica realtà è quella mostrata con ardore e ossessione dall’ente primario, la fonte di ogni salvezza ossia una strana assurda entità Chiamata Grande Madre.

Su lei si innesta la civiltà immobile e eccessivamente protettiva di questo sistema che considera l’ignoranza la vera fonte di benessere. Ignoranza considerata come limitazione dell’arte della conoscenza e quindi delle domande, accettando in modo acritico ogni spiegazione e ogni soluzione. Non devi assolutamente fare altro che accettare la Verità assoluta patrocinata dal sistema.

E come si spenge il fuoco interiore dell’uomo?

Con la manipolazione neurologica. Con droghe, con l’indottrinamento, con la limitazione degli istinti. Non a caso il sesso, l’amore, persino l’arte della scrittura è totalmente privata dell’istinto, dell’intuito e del sacro fuoco della Musa. Bandito, cancellato, soppresso.

Ecco il mondo claustrofobico che la Ruggero ci mostra. Orripilante eppure monito per ognuno di noi.

E chi paga di più in questo strano istante eterno, congelato da una follia creata dal terrore del disastro?

Le donne. Portatrici autorevoli di vita, considerate dalla scrittrice Fatema Mernissi naturalmente dotate di una sana jahiliyya ossia immaginazione. Cosi scrive:

la paura più grande dell’Islam è legata alla paura delle donne (strettamente correlate al disordine e al libero pensiero) una paura che gli arabi non si sono presi mai la briga di analizzare con calma come primo passo per superarla. All’inizio l’Islam tentò di liberarsi delle paure e dalle superstizioni degli arabi pagani. Ma ben presto l’esempio del profeta che insistette sulla necessità del cambiamento scomparve dall’inconscio popolare. I califfi scivolarono indietro verso la jahiliyya e misero sotto chiave le donne e le esclusero dalle moschee”. 

Fatema Mernissi

descrive questa capacità umana, quella di creare e distruggere, di dare la vita e di toglierla propria della donna come:

come sede di ogni sovvertimento.

E Nexium, il simbolo del nuovo ordine non ammette, non tollera non accetta nessun sovvertimento. E per questo si rivela la sua natura crudele che stravolge un intento originario positivo.

Non ci deve stupire. Ogni grande ideologia è nata da una sana, amorevole, dignitosa intenzione.

E’ la paura dell’altro, collegata con la sensazione di spaesamento che non fa altro che provocare non tentativi di rinascite ma barriere, barriere cosi granitiche, muri cosi duri che per essere abbattuti hanno bisogno di una ventata di ribellione.

Anche in Nectunia potrei associare il grande inno dei Pink Floid another brick in the wall, azione distruttiva per eccellenza unica in grado di restituirci la nostra natura di esseri umani e non di numeri imperfetti.

Il sogno è finito 

E io sono diventato Piacevolmente insensibile

Comfortably numb

E invece Nectunia ci insegna l’importanza della consapevolezza, della conoscenza e della libertà, un valore che noi oggi sacrifichiamo per essere accettati dalla rete dei social, da una classifica astratta, da un gruppo di pressione. Ci rinunciamo per una fatale sicurezza economica, per un nido confortevole, per un briciolo di amore, per un posto sotto le fasulle luci della ribalta.

E allora spero che leggendo Nectunia dentro di voi risuonerà il bellissimo, forse stonato canto della libertà ma cosi dannatamente perfetto nella sua imperfezione.

Non abbiamo bisogno di educazione

non abbiamo bisogno di essere tenuti sotto controllo

Another brick in the wall

Ultima annotazione.

Daniela Ruggero non è solo una donna che fa dell’impegno educativo il suo mantra. Ma in questo testo, perfetto, omaggia un grande libro, un autore che ha spianato la strada allo strepito di ribellione: George Orwell.

Gli appassionati non potranno non bearsi dei delicati accenni alla sua opera maggiore 1884.

Non potranno non notarne i riferimenti e sentirsi a casa, rivivendo la disumana magia di quel testo intramontabile. Ecco magari chi non lo ha letto, forse lo riprenderà in mano e lo assorbirà perché George non racconta soltanto una storia di un epoca precisa,1984 è, infatti un attacco ai totalitarismi come spiegherà l’autore stesso:

«Il mio recente romanzo [1984] NON è inteso come un attacco al socialismo o al Partito Laburista(di cui sono sostenitore), ma come la denuncia delle perversioni […] che sono state parzialmente realizzate nel comunismo e nel Fascismo.»

(Collected Essays)

Ma la storia di oggi e di domani. Noi siamo impegnati in una battaglia atroce per non perdere noi stessi e per non cadere nella trappola del revisionismo e del populismo. E solo libri di cotale genere possono aiutarci a combattere le distorsioni del sistema. Cosi, quando ascolterete frasi aberranti come:

<<la guerra è pace»,

«la libertà è schiavitù»,

«l’ignoranza è forza».

Saprete da che parte stare.

Contro la pretesa totalitaria di voler piegare la realtà e le persone a un fine superiore, ma che alla fine si rivela un banale e osceno asservimento alla paura. Obbedienza cieca a ogni partito, a ogni idea religiosa e politica non è altro che un effetto di un panico atavico, che ci porta spesso a delegare la nostra vita a qualche entità al di fuori di noi stessi.

In 1984 è il nostro mondo che agonizza davanti a noi

(Geno Pampaloni)

È questa caratteristica che ritroverete in Nectunia.

Devo aggiungere altro?

 

 

 

Nota.

Geno (Agenore) Pampaloni (Roma, 25 novembre 1918 – Firenze, 17 gennaio 2001) è stato un giornalista, critico letterario e scrittore italiano

Benché si sia sempre rifiutato di riunire in volumi la sua sterminata produzione critica,Geno Pampaloni è considerato uno dei maggiori conoscitori, interpreti e critici letterari del Novecento italiano 

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