“The slayer. I portali demoniaci” di Daniela Bellisano. A cura di Alessandra Micheli

 

Pur partendo dalla stessa premessa di Witched Destiny, il libro The Slayer se ne discosta profondamente. Il tema è quello dell’acquisizione di un’identità perduta, nascosta per obiettivi molto diversi dall’amore. E piano piano, la protagonista Dana riuscirà a ritrovare pienamente sé stessa, sbrogliando una fitta ragnatela di illusioni e bugie. Dove l’autrice apporta modifiche è nei personaggi e nel contesto. Anche il messaggio partecipa a quest’evoluzione, concentrandosi sull’importanza dell’acquisizione di responsabilità, profondamente collegata a una sorta di evoluzione della propria psiche.

Andiamo con ordine.

Il contesto.

L’ambientazione è mirata a raccontare una sorta di effetto farfalla. In pratica un luogo, un territorio, un ambiente in cui si svolge una precisa azione umana, che può essere dalla più benevola alla più caotica, impregnerà con la sua aura ogni anfratto che l’ha visto protagonista. In sostanza: ad azione corrisponde una perfetta reazione. Una sorta di effetto boomerang con devastanti o lodevoli effetti. Un terreno impregnato di valori alti non produrrà altro che una sorta di eggregora etica che influenzerà, volete o nolente, i successivi movimenti delle persone. Altresì, da un luogo di sofferenza, da un terreno intriso di sangue non arriverà altro che una sensazione fortemente distorta, ingabbiando gli astanti in azioni più o meno distruttive. Tutto ciò è collegato alla percezione che si ha di un luogo, di un evento storico o di un’idea. Più l’idea sarà caotica, più essa legherà le persone in una sorta di maledizione costante. Ed è questo il dramma odierno. Dal passato non si impara mai. Dalle guerre, seppur affrontate per il bene supremo, nessun uomo, nessun personaggio, tenta di rispondere con scelte diverse. E Savannah rappresenta questo effetto che è più di origine psichica che reale. Non è il luogo maledetto, siamo noi che lo rendiamo maledetto perché lo percepiremo come una gabbia, non come opportunità. A Savannah è avvenuto un drammatico scontro. E questo ha aperto la possibilità alla redenzione, così come della caduta. La redenzione sarebbe la consapevolezza che il male, il disordine, l’empietà sono dentro ognuno di noi, i demoni possono passare in questa dimensione perché noi apriamo loro le porte. La caduta è la volontà di non esserne coscienti. Di mettere la testa sotto la sabbia. Del resto, la città ha un ambiguo passato che forse, la rende predisposta a essere un occulto centro di magia…

I personaggi.

In questo caso abbiamo una grande casistica di personalità distinte e per nulla banali. Dei ragazzi che hanno una responsabilità enorme, quella di combattere non soltanto il demone (che è e resta simbolicamente il nucleo di ogni nostro vizio e di ogni bassezza) ma anche di evitare la sonnolenza degli abitanti di Savannah, rassegnati a vivere in un limbo sospeso tra paradiso e inferno. Tra questi, con la loro carica emotiva a volte cupa e angosciosa, arriva una ragazzina che è la classica fanciulla “ignorante”. Badate bene. Ignorante, ossia ignora non solo se stessa e la sua storia, ma soprattutto ignora la realtà. Abituata a vivere in un mondo ideale, stantio e immobile non riesce a difendersi. Abituata a essere coccolata, a essere protetta, è incapace di considerarsi persona autonoma. La sua famiglia è castrante, fagocita la sua fantasia e soprattutto cerca di annullare il suo istinto. Questo personaggio mi ricorda profondamente la bellissima favola della Fanciulla senza mani, così come descritta nel libro “Donne che corrono con i lupi”. La protagonista della fiaba, così come Dana, ha subito un’oscena amputazione, ossia le mani psichiche… che non sono altro che le fonti istintuali con cui possiamo conoscere e saper fare. E questo saper fare può essere creativo o pratico. Dana non è pratica. Ama la fantasia, ma non la applica nel suo ristretto mondo. È questa limitata visione a portarla a sfruttare quell’anima ribelle contro le norme con cui è stata educata.

Ed è allora, nella rottura del tabù (non muoverti) che inizia la sua vera vita e persino l’incontro con quel dolore salvifico presente nel primo libro. L’altra metà di Dana è Selene. Ella è in grado di affrontare il peggiore dei traumi, ossia l’abbandono. Ed è anch’essa rappresentante di quella parte della mente che deve accettare l’imperfezione del mondo conosciuto e bigotto, rappresentato dai suoi cari. Deve imparare a scegliere da sola i propri affetti e a ricostruire sé stessa dalle macerie, ACCETTANDOSI.

Questi due personaggi sono perfettamente bilanciati e sono i perni su cui ruota tutta l’avventura. Fantastica, si. Ma dai messaggi ben precisi.

Il primo è la responsabilità. Ognuno deve poter fare scelte e affrontarne le conseguenze, ma soprattutto capire che una volta divenute persone, non si hanno più alibi. Si deve operare sul mondo, essendo coscienti che ogni azione ha una retroazione. Che ogni scelta comporta un sacrificio e che noi siamo i principali protagonisti in grado di trasformare una realtà demoniaca, in una realtà di bellezza e redenzione. Soltanto capendo non solo il nostro potenziale, ma anche la responsabilità connessa a esso, saremo davvero pronti ad affrontare la vita.

Una vita che è perfettamente in equilibrio tra rinunce e gioia, tra atroci sofferenze e mirabili gesti di puro amore.

E vi lascio con questo bellissimo estratto:

La famiglia non è solo condividere il proprio sangue con delle persone, la famiglia sono le persone che ti accettano per quella che sei e ti vogliono bene. La famiglia non giudica, ma accetta. La famiglia dona amore, non odio.

 

E solo chi vi accetta, chi vi osserva con meraviglia come una creatura miracolosa, è in grado davvero di amarvi.

Ringrazio personalmente Daniela perché oltre ad aver evidenziato come l’amore per i libri e la fantasia siano gli imprescindibili elementi con cui va scritto un libro, non ha dimenticato il fondamentale valore etico di quest’arte.

I miei omaggi.

Dobbiamo accettare che tutto cambi le persone, le situazioni, i sentimenti, la vita…E dobbiamo accettarlo come un albero fa con il vento, piegandosi, ma non spezzandosi.»

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