“ L’anima di una persona è nascosta nel suo sguardo, per questo abbiamo paura di farci guardare negli occhi..”
(Jim Morrison)
Ora nella mia stanza, apro un libro.
“Popobawa”
Ora c’era una presenza, qualcosa di più che umano, di meno che umano, ma di indiscutibilmente alieno, di invisibile ma di innegabile.
Nel mio torpore, ho avvertito acutamente una presenza. Appena emerso dal sonno, mi sento in buona parte guidato dal subcosciente, molto più di quanto lo fosse la mia mente conscia, che, a paragone, è solida, conservatrice e dubbiosa come l’apostolo Tommaso. Non posso dire assolutamente che cosa è, ma la sento nell’aria, muoversi per la camera e incombere sopra le pagine di questo libro.
Dov’era andata?
No!
Ma non è nella mia natura arrendermi facilmente e gradatamente mi convinsi che la ragione governava il mondo e che tutte le cose, per quanto misteriose, si potessero comunque esaminare e comprendere se solo si applica l’intelletto e la logica al problema.
Quando quella notte, al largo di Uroa, a Zanzibar, Lucien Modigliani scorse un’isola in fiamme, pensa a un’allucinazione. Non ci sono isole, in quel tratto di costa. Secondo il vecchio Suleiman Makungu, invece, si trattò di un antico presagio di sventura. Il giorno dopo, nel villaggio viene ritrovato il corpo senza vita di una ragazza, Asha. Il modo in cui è stata ammazzata ricorda a Suleiman una vecchia leggenda: quella di un demone, il Popobawa, che si dice infesti l’isola.
“…In ogni foresta, in ogni fattoria, in ogni orto del pianeta, quello che è sotto la terra crea quello che c’è sopra. È per questo che concentrare l’attenzione sui frutti maturi è inutile…”
Il Popobawa è una creatura tanto mostruosa quanto libidinosa e rinnova la tradizione degli incubi e dei succubi, molestando le proprie vittime.
Le vittime, subiscono tutti lo stesso, infame, trattamento: inizialmente avvertono un odore acre e nauseabondo o scorgono piccoli sbuffi di fumo nell’aria, come se il visitatore invisibile stesse fumando una sigaretta accanto a loro, quindi vengono assaliti nei propri letti.
Per gli scettici la spiegazione rimane molto semplice: la paralisi che quasi sempre si riscontra in questo tipo di esperienza dimostrerebbe in modo lampante la natura “onirica” delle creature demoniache.
I personaggi del testo di Nanni Cristino sono personaggi “fuori dal comune”, distanti dagli stereotipi usati normalmente nei gialli.
L’ambientazione del testo descrive luoghi fortemente influenzati da un mix di tradizioni differenti: indiane, arabe e africane.
Le ombre del male si annidano ovunque, ma quando trovano la cornice giusta, acquistano una forza che forse è più inquietante del male stesso.
Una trama semplice, priva di fronzoli, bellissima. Descrizioni accurate, che tuttavia si inseriscono nel ritmo senza smorzarlo.
Il romanzo è ricco di contenuti, ben condito scelta lessicale e abbondante negli intrecci inattesi, eppure l’ho divorato come uno stuzzichino. Il protagonista ci offre come dessert quella che potrebbe sembrare una morale, uno monito. Ma l’orrore non concede rimedi.
Ammetto che Nanni Cristino ha una grande abilità nella descrizione della psiche dei protagonisti, rendendo i loro pensieri reali, sconvolgenti e, talvolta, terrificanti.
E’ un libro per nulla difficile, scorrevole e piacevole, che soprattutto nel finale, secondo me eccezionale, richiede una riflessione un po’ più accurata.
Il libro scuote non le anime, ma i cervelli volubili degli esseri umani che andranno a leggerlo. O meglio, ci riesce gradualmente cercando di farvi sentire l’odore della paura.
Il thriller è uno di quelli che vale la pena leggere, a mio avviso uno dei lavori non seriali migliori degli ultimi anni del genere. La trama è intricata, complessa; ci sono vari flashback, delle voci fuori campo abbastanza confuse, ma quando si arriva alla fine … ecco che compare la verità. Insomma, Popobawa è un libro enigmatico, complesso, nella trama, ma non nella semplicità della scrittura molto fluida. Una lettura che con un po’ di coraggio potremmo definire impegnata solo se vista nell’ottica di una trama che si propone di far riflettere sulle paure degli uomini. Forse a volte può apparire un po’ ripetitivo nelle scene, ma per il finale ne vale la pena. Aggiungo che non è un libro fatto per piacere al lettore, ma per farlo immergere nell’oscurità dell’anima.
Lettura che consiglio sia per uso personale che per un regalo, sarà ben apprezzato.
Chissà.
Pensateci stanotte, magari, dopo esservi coricati e aver spento la luce.
Ora “Sorridi”. E quando avrai un momento di smarrimento o indecisione, fermati, aspetta e senti il tuo cuore.
…a mia figlia Miriam con infinito amore…vito ditaranto.