La sezione racconti presenta “Falco pellegrino” del talentuoso Mike Papa

 

L’ispettore Giano, finita la sua birra, uscì dal locale fumoso e imboccò di buon passo il lungo viale deserto dirigendosi finalmente verso casa.

La giornata era stata lunga e per quanto gli riguardava non era ancora finita. Era cominciata prima delle sei, quando il cellulare sul comodino aveva cominciato a trillare.

Il display diceva ALTERI. La voce del suo collaboratore era ossequiosa come al solito. «Ispettore, scusi se l’ho svegliata, ma ne abbiamo trovata un’altra.» Giano non stette lì a dirgli che era già sveglio da almeno tre ore, così come non gli domandò di cosa stesse parlando, non ce n’era bisogno.

Dopo un «Arrivo» si alzò, si vestì e uscì. La moglie non si girò nemmeno, rimanendo a dormire o almeno a fingere di farlo. Giano mandò un saluto silenzioso ai suoi capelli, l’unica cosa che spuntava dalle coperte, tinti, almeno per quella settimana, di un rossiccio scuro. Lui li preferiva chiari, ma a lei aveva smesso di importare. Non andava molto bene fra loro e quello era un altro problema da risolvere. Ma dopo. Prima veniva Falco Pellegrino.

L’appellativo glielo aveva appioppato un cronista di “nera” di un giornale locale, galvanizzato dagli omicidi e convinto che ogni buon serial killer che si rispetti dovesse avere un nome evocativo. Nessuno, in verità, era riuscito a capire il nesso tra il volatile e l’assassino, che non aveva niente del falco, non era un rapace che strazia e dilania a colpi di becco e di artigli. No, lui le sue vittime, tutte donne sul biondo, le strangolava indossando guanti di pelle, secondo i rilevamenti della scientifica. Nemmeno un altro graffio, neanche l’ombra di violenza sessuale, nada de nada.

Né tantomeno presentava caratteristiche da pellegrino, era anzi alquanto stanziale, lasciava i corpi delle donne sempre al parco, addirittura quasi nello stesso posto, dopo averle uccise chissà dove. Cinque, compresa quella di oggi, in meno di due mesi.

L’ispettore rallentò il passo, non era per niente attratto dalla prospettiva di rientrare a casa e trovare sua moglie già a letto, nella migliore delle ipotesi, oppure di non trovarla affatto. Lui sapeva benissimo dove andava. E da chi. Una volta lo avrebbe aspettato alzata, si sarebbero raccontati le rispettive giornate e avrebbero fatto l’amore.

Una volta.

Quando era finito tutto?

Giano si sedette su una panchina e tirò fuori il pacchetto delle sigarette. Nel farlo gli cadde il block notes degli appunti. Lo raccolse e si mise a sfogliarlo alla luce del lampione, anche se in pratica sapeva tutto a memoria.

Sotto la voce VITTIMOLOGIA c’erano nomi e cognomi delle cinque donne, dati fisici e professione.

L’unica cosa che avevano in comune era il colore dei capelli, per il resto non si somigliavano in niente, corporatura, altezza, età, nessun riscontro. Le prime due erano prostitute, prede facili proprio per la loro propensione ad andare con chiunque le caricasse in macchina. Il nostro Pellegrino si stava solo scaldando. La terza era un’impiegata della biblioteca notturna.

L’aveva quasi di sicuro aspettata all’uscita del lavoro e in qualche modo convinta a seguirlo. In pratica come le altre due, una studentessa presa fuori da una discoteca e l’ultima, una casalinga che stava andando in aeroporto a prendere il marito che tornava da un viaggio. La sua auto era stata ritrovata in una stazione di servizio, quindi era lì che il Falco l’aveva ghermita.

Un rumore di passi distolse l’ispettore dai suoi pensieri. Un giovanotto con l’andatura alquanto alticcia veniva verso di lui. Giano lo riconobbe come uno degli avventori del bar da cui egli stesso era appena uscito, quello che beveva J&B a rotta di collo, un solitario. Il giovane gli si avvicinò e gli chiese una sigaretta con voce biascicante, lui gliela diede e gli rifilò anche un consiglio: «Vai a casa, ragazzo, non sono tempi da stare in giro, questi.»

Non capì se quello gli rispose con un Grazie o un Vaffanculo, ma non gli importava. Tornò ai suoi appunti, mentre accendeva un’altra cicca.

La sezione CRONOLOGIA era già più interessante: dimostrava come l’assassino fosse in fase di evoluzione. Tra il primo e il secondo omicidio erano passati diciotto giorni, poi man mano i tempi si erano accorciati, solo cinquanta ore dividevano il quarto dall’ultimo. E sì, il Falco stava diventando compulsivo, con questo ritmo c’era da aspettarsi il prossimo cadavere in giornata.

C’era anche un PROFILO, elaborato dallo psicologo della questura: maschio, tra i venti e i quarantacinque, buona parlantina e bell’aspetto fisico, altrimenti non avrebbe convinto le vittime a dargli retta. Il fatto che non le violentasse lo facevano distaccato, non interessato al sesso. Uccideva solo per il piacere di farlo, scaricando con l’omicidio un rapporto conflittuale con le donne. Di sicuro aveva una madre dispotica o una compagna che non lo valorizzava.

Una descrizione che si adattava alla metà dei conoscenti di Giano.

L’ultimo appunto sul notes era una domanda sottolineata: QUANDO È COMINCIATO TUTTO?

A questa Giano aveva la risposta: era cominciato con…

Il suono di altri passi lo distolsero ancora. La barista bionda che prima l’aveva servito stava tornando a casa. Passandogli davanti gli rivolse un cenno di saluto a cui lui rispose educatamente.

Quando la donna si fu allontanata l’ispettore ripose il taccuino nella tasca della giacca, controllò che ci fossero i guanti di pelle e la seguì.

FINE

 

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