Il mito dell’Albero Sacro posto al centro dell’Eden risale ai primordi dell’umanità. L’Albero Sacro, consentiva all’uomo di ascendere al cielo, stabilire un colloquio diretto con Dio, arrivare alla comprensione metafisica della realtà. Poi, con la perdita dell’innocenza, venne il giorno dell’esilio dall’Eden. Le grandi storie del passato hanno una radice comune: la nostalgia per il paradiso primordiale, sede della felicità e dell’immortalità. Con la desacralizzazione della vita e del Creato, l’uomo contemporaneo ha «rimosso» il simbolo nelle zone oscure della psiche, cioè nel sogno, nelle fantasie, nelle memorie ancestrali.
Mi rivolgo a voi, Uomini. Voi Uomini, avete tracciato confini ovunque, frastagliando una proprietà immensa, che si è così indebolita da aver perso la sua bellezza, avete voluto possederne dei frammenti, l’avete fatta a pezzetti, avete suddiviso il mondo in piccole proprietà, in villaggi, in paesi, in continenti, togliendo così la magia dell’unione a questo pianeta, che nella sua immensità era nato per essere UNO.
Pensate se in una famiglia in cui vi sono tanti figli accadesse che ognuno, per appropriarsi di un pezzo della propria madre, la facesse a pezzi, possedendone sì un frammento, ma morto e senza vita…
Vi siete uccisi fra di voi per difendere i confini che avete rubato l’uno all’altro, rubando la vita a vostra madre giorno per giorno… Io, madre Terra, ora sto Morendo…
Nell’avere dimenticato chi siete, state impedendo a voi e chi verrà dopo, di ricevere la grande opportunità di divenire portatori di luce…per il bene dell’umanità…
Questo emerge dalle parole di Corrado Leoni:
“…tener presente il limite non solo di ciascun esser umano, ma di tutta l’umanità stessa, che potrebbe trovare nella comprensione dei propri limiti una valida motivazione a condividere la gioia del vivere, al di là dei vari usi e costumi, religiosi o politici che siano, perché nella condivisione della diversità si trova l’unica possibile completezza dell’essere…”
La storia narrata in questo libro traspare dalle stesse parole dell’autore:
“…La trama del romanzo si dipana in un paese del Trentino su uno dei molti pianori che fanno da sbalzo tra la vallata e le cime delle montagne. “…Una comunità nella quale tutti si conoscono e dove lo svolgersi della vita di ciascuno si intreccia con quella dei prossimi tanto da diventare comunità di una popolazione. Una bottega, frutto e retaggio delle molte iniziative di solidarietà e compartecipazione nate tra la fine del XIX secolo e conservatesi durante tutto il XX secolo ed ancor oggi funzionanti, chiamata Famiglia cooperativa, esprime l’eccellenza economica scaturita da una cultura religiosa radicata da secoli testimoniata ad ogni angolo di case e viottoli e maturata nella civiltà contadina impastata con il pensiero del riformismo socialista…”
Ciò che emoziona nella lettura di questo testo è il mistero dell’uomo tracciato in tre fasi principali, generazione, morte e rigenerazione comprese come i tre momenti di uno stesso arcano, e tutto lo sforzo spirituale dell’uomo arcaico è rivolto a dimostrare che tra questi momenti non deve esistere frattura. Non è lecito fermarsi in uno di questi tre momenti, accomodarsi in uno di essi, per esempio nella morte o nella generazione. Il movimento e la rigenerazione non si arrestano: il primitivo ripete infaticabilmente la cosmogonia per essere sicuro di far bene qualcosa: un bambino, per esempio, o una casa, o una vocazione spirituale.
Anche la saggezza e, per estensione, ogni conoscenza sacra e creatrice sono concepite come il frutto di un’iniziazione, cioè come il risultato a un tempo di una cosmogonia e di un processo ostetrico. Non senza ragione Socrate si paragonava a una levatrice: aiutava l’uomo a nascere alla coscienza di sé. Cosa comune in molti culti religiosi. Lo stesso simbolismo si ritrova nella tradizione buddista: il monaco abbandona il suo nome di famiglia e diventa un «figlio del Buddha» poiché è «nato fra i santi»(“ariya”). Così diceva Kassapa parlando di se stesso: «Figlio naturale del Beato, nato dalla sua bocca, nato dal “dhamma”, plasmato dal “dhamma”…» Ma questa nascita iniziatica implica la morte all’esistenza profana. Lo schema si è conservato sia nell’induismo sia nel buddismo. Lo “yogi” «muore a questa vita» per rinascere a un altro modo d’essere: quello rappresentato dalla liberazione. Il Buddha insegnava la via e i mezzi per morire alla condizione umana profana – cioè alla schiavitù e all’ignoranza – e per rinascere alla libertà, alla beatitudine e all’incondizionato del “nirvana”. E’ il mistero fondamentale, ripreso, rivissuto e rivalorizzato da ogni esperienza religiosa nuova. Ma osserviamo più da vicino le conseguenze ultime di questo mistero: se si conosce già la morte quaggiù, se si muore innumerevoli volte, continuamente, per rinascere ad altra cosa, ne consegue che l’uomo vive già quaggiù, sulla terra, qualche cosa che non appartiene alla terra, che partecipa del sacro, della divinità; vive, diremmo, un inizio d’immortalità, si affaccia gradualmente all’immortalità. Di conseguenza, l’immortalità non deve essere concepita come una sopravvivenza “post mortem”, ma come una situazione che si crea continuamente, a cui ci si prepara e anche a cui si partecipa fin d’ora, in da questo mondo. La non-morte, l’immortalità, deve essere concepita allora come una situazione limite, come una situazione ideale verso cui l’uomo tende con tutto il suo essere e che si sforza di conquistare morendo e risuscitando continuamente.
“…Ogni angolo e ogni scorcio della nostra camminata possono essere come un libro di memorie fantastiche di storia e di natura…”
Attraverso percorsi ricognitivi dal taglio storico quanto tematico, anche se romanzati in maniera egregia, il volume preso in esame, grazie alla sua struttura polifonica, si sofferma su diversi problemi politico-sociali molto dibattuti e in particolare sul venir meno della sovranità assoluta capace di ordine; della coincidenza del potere politico con uno spazio determinato. Questioni tuttavia che, nel loro insieme, gravitano attorno alla vera posta in gioco degli interventi: la centralità del soggetto e della soggettività, i processi sociali di identificazione del sé e la capacità di azione politica dell’individuo. Il libro di Corrado Leoni si occupa delle conseguenze della connettività su quasi ogni aspetto della nostra vita. Definirei questo libro come la scoperta di un nuovo oceano. Non puoi scoprire nuovi oceani fino a quando non hai il coraggio di perdere di vista la spiaggia. La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze e quindi non esiste gioia più grande dell’avere un orizzonte in costante cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso…
Non dobbiamo che trovare il coraggio di rivoltarci contro lo stile di vita abituale e buttarci in un’esistenza non convenzionale. Ringraziando l’autore per l’opera magistralmente ben costruita e descritta donando al lettore la gioia verso il traghettamento di una nuova spiaggia.
L’autore anche se usa un linguaggio non semplice riesce a penetrare nell’animo e nel cuore del lettore il quale con assoluta eleganza, riesce a immedesimarsi nei pensieri dello scrittore.
Il testo rimane una lettura impegnativa ma accuratamente ragionata in un ottica di riflessione.
Conserva atmosfere e luoghi vissuti da ogni uomo nella sua vita.
Non vi è dubbio che la genialità dell’autore, nel descrivere le sensazioni dell’animo, attraverso personaggi molto ben delineati.
Ovviamente come spesso accade nella lettura di questo genere di opere non affatto semplice come può apparire, la stessa deve essere capita e interpretata con meticolosa pazienza.
“Andiamo a letto e ci rilassiamo un po’”
“Tengo la televisione a volume basso per orecchiare le ultime notizie”.
Non facile da leggere, impegnativo ma nel complesso interessante per tutti coloro che hanno intenzione di comprendere meglio il mondo in cui viviamo.
Ora “Sorridi”. E quando avrai un momento di smarrimento o indecisione, fermati, aspetta e senti il tuo cuore.
…a mia figlia Miriam con infinito amore…vito ditaranto.
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