La satira politico sociale in Mysteriana, di Giuseppe De Felice, Nero press edizioni. A cura di Alessandra Micheli.

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Se il mio egregio collega vi ha parlato con professionalità del testo Mysteriana nella sua organica struttura evidenziandone i punti di forza, io che sono più bastarda di lui, vi tedierò con i temi portanti del geniale libro di Giuseppe de Felice.

Il primo elemento che risalta ai miei occhi, occhi fondamentalmente “nerd” lo ammetto, è la curiosa omonimia del nome.

L’autore mi richiama alla mente un altro grande protagonista della storiografia italiana, ossia Giuseppe de Felice Giuffrida, un politico italiano catanese per l’appunto di stampo socialista, promotore fasci italiani.

E che cos’erano?

Si trattò di un movimento di massa di ispirazione democratica, libertaria, socialista riformista, spontaneo sviluppatosi in Sicilia attorno al 1891 e il 1894. Diffusosi tra il proletario urbano, i bracciati agricoli, minatori e gli operai, fu disperso soltanto dopo un duro intervento militare durante il governo Crispi, intervento avallato dal re Umberto I.

Ufficialmente, il nostro De felice fu il fondatore, anzi colui che diede organizzazione politica a un movimento nato sul momentaneo bisogno di una società in transizione, che uscirà con le ossa a pezzi dopo l’orrore della prima guerra mondiale.

E già qua la mia mente nutrita a saggi di politica è entrata in fibrillazione.

Quale grande eredità aveva questo giovane autore!

Si perché il De Felice, controverso (come ogni interventista e innovatore politico), considerato da alcuni il fondatore di una corrente politica che si distingueva dal socialismo classico ( da cui il nome socialismo riformista), fu anche giornalista e pubblicista. Suoi sono i bellissimi saggi riguardanti la mafia e la delinquenza in Sicilia, testi fondamentali a parer mio, che gettano le basi per comprendere la fondazione della nostra odierna repubblica italiana.

E continuo.

Il socialismo anche di stampo riformista, intriso di ideali nazionalistici, riguardanti la creazione di un vero stato italiano, furono oggetto di indagine e di studio di un altro personaggio abbastanza controverso, un certo Benito.

E sapete che questo Benito fu il maggior esponente della corrente massimalista di questo partito?

Come, direte voi, anime candide, Mussolini mo era socialista?

Si mie fulgide testine.

Fu esponente di spicco del partito socialista italiano e direttore del quotidiano Avanti. Fu espulso dal PSI solo riguardo a un cambiamento di idee circa l’intervento o meno dell’Italia nella seconda guerra mondiale.

Interessante vero?

Ma già vi sento vocette indignate: ma che ci frega a noi di Benito?

Stiamo parlando di Mysteriana!

Appunto.

Ora Mysteriana lo potete leggere in due modi.

O come un bel giallo tranquillo, intrigante e di evasione, ma cosi facendo insultata l’intelligenza di Giuseppe e della Nero Press, o come un abile, mascherato, intenso e satirico ritratto del vero “fascismo”.

E raccontare la società improntata su questo tipo di politica significa raccontare, oggi, la nostra società.

E io mi impegnerò a rivelare la genialità dell’autore.

Vedete, il nostro adorabile reporter non è solo un millantatore, un arrivista senza etica come tanti nostri giornalisti, ma anche uno “sfigato” che per voglia di rivalsa, per una sorta di orgoglio professionale, si ritrova immischiato nei fattacci che nascevano e prosperavano dietro le retrovie della perfetta società fascista dell’epoca.

Ora qua bisogna fare un po’ di storia sociale, o di sociologia.

O di indagine sull’ethos di quel particolare periodo.

L’Italia unita era unita solo geograficamente.

E l’impegno dei nostri politici, colti e sopratutto informati sulle strategie economiche, si trovò a cercare alternative più o meno creative, per la risoluzione di problema intricato e angosciante : c’era l’Italia, i confini erano delimitati, il governo attivo, ma non ESISTEVANO gli italiani.

Mancava un principio comune in grado di rendere coeso un paese, di dargli una profonda struttura etico sociale, di renderli insomma nazione nel vero senso della parola. La nazione non era solo confini e giurisdizione, era un sentirsi parte di un qualcosa di organico, un sentirsi membri di una volontà generale per dirla alla Rosseau.

E quale miglior mezzo per unire se non la religione?

Pertanto, impegno di Giolitti e company, fu quello di tentare di creare una religione politica, con il suo organico sistema di simboli, ideali, storia e tradizioni. Peccato che l’Italia era formata da tradizioni antitetiche e spesso distanti, prive di elementi comuni.

E qua interviene il controverso Benito.

Lui utilizzò il mito della fondazione di Roma e della Repubblica, per unire un popolino disgregato

E il nostro autore lo racconta con una perfezione che commuovere gli appassionati di politica come me.

E iniziamo con gli estratti che parlano da soli.

Primo estratto. Il ritratto perfetto della società che io ho malamente delineato prima:

Perciò, cominciamo a tratteggiare lo sfondo e a dare un po’ d’atmosfera, qualche pennellata di colore per cogliere bene il clima in cui si svolse. L’Italia era entrata da qualche anno nel gran carnevale del fascismo. Tutti portavano la camicia nera, facevano il saluto romano, si davano del “voi” e pregavano perché Dio gli conservasse il Duce in buona salute e stramaledicesse gli inglesi. I treni arrivavano in orario, c’erano l’Impero e le Terre d’Oltremare, il dopolavoro e l’Opera Balilla, le bonifiche delle paludi e le colonie marine per i Figli della Lupa. L’Italietta di Giolitti era solo un brutto ricordo, il nostro paese si atteggiava a potenza e Gabriele D’Annunzio passava ormai quasi tutto il suo tempo a scrivere slogan e inventare per il regime nuove parole che andassero a sostituire gli odiosi barbarismi.

La rinascita apparente di un paese che era appena formato e che non aveva le stesse basi ontologiche dei paesi europei che iniziarono per primi il percorso verso la loro identificazione come stati nazionali. Seppur con le loro differenze, avevano un idea comune: il sovrano, la monarchia o soltanto l’ethos particolare che li faceva sentire francesi, inglesi e spagnoli. E se questo ethos doveva soffocare le tendenze indipendentistiche, beh poco male, ogni volontà particolare doveva convergere verso il bene comune.

Mussolini ci riuscì richiamando alla memoria e edulcorandolo ovviamente, l’agiografica mitologia dell’impero romano.

E questo ideale era sostenuto anche da grandi intellettuali.

Secondo estratto:

Con l’EUR e i Fori Imperiali, quel tronfio fantoccio di Mussolini sta facendo allestire una bella scenografia di cartone come sfondo per i suoi vagheggiamenti da nuovo Cesare. Ma è solo questo: scenografia. Nessuno ci crede davvero, come in Germania, dove Hitler e la sua congrega di spostati sono riusciti a prendere il potere sostanzialmente aizzando le fantasie più malsane del popolo tedesco. Il fascismo è stato accettato per quieto vivere, non per convinzione, e ci pensano i bastoni degli uomini della Milizia a farlo ingoiare a quelli che non ne sono convinti affatto.

 

Il fascismo non fu, secondo un grande storiografico, di nome Karl Dietrich Bracher, un vero e proprio totalitarismo. Nel suo “Il novecento, secolo delle ideologie” Bracher iscrisse Mussolini nella gamma dei regimi autoritari.

La differenza?

Leggetevi Bracher!

Scherzo ora ve la racconto io, in modo semplicistico per darvi uno spunto.

Nello stato AUTORITARIO in diritti degli individui sono sottoposti ai principi informatori dello stato stesso e finalizzati a raggiungere il cosiddetto interesse superiore, nico autentico e vero creatore di NORME. Diventa TOTALITARIO quando inizia a regolamentare TUTTA la vita dei cittadini negli aspetti privati, e spirituali. E quindi ogni manifestazione è regolamentata, scienza che diviene di stato, morale educazione e manipolazione mentale. Si è portati a credere reali i miti fondanti la “ragione di stato”.

E la differenza, chi studia davvero bene i regimi del novecento, salta subito all’occhio.

Ma i nostro Giuseppe la racconta meglio di Bracher:

 

Stiamo parlando di fascisti, non di nazisti, Jack. I nazi era persi per quelle puttanate della Tradizione con la “T” maiuscola, la Terra Cava, l’Agharta e tutte queste baggianate, tu ne dovresti sapere molto più di me…»

«Un misticismo allucinato, fanatico e crudele».

«Che al fascismo non apparteneva. I nostri gerarchi erano buontemponi paragonati ai capi delle SS. Quando si trattò di passare al lavoro veramente sporco, durante la Repubblica Sociale, dovettero rivolgersi a depravati da manicomio criminale e delinquenti comuni per organizzare le Brigate Nere».

«Suona un po’ come una citazione presa da un libro di Pansa».

«Non sto difendendo il fascismo, che era una gran merda nella sua totalità. Solo, era molto diverso, nelle sue basi ideologiche, dal nazismo.

E ancora:

Nelle alte sfere, tutta questa buffonata a base di orbace, fez, parate e cantare a squarciagola Giovinezza è stata accolta con… indulgenza? Un male necessario per tenere la teppa al suo posto. Il fascismo ha smontato i sindacati, ammazzato o mandato al confino socialisti, comunisti e anarchici, soffocato i conflitti sociali nel drappo tricolore del patriottismo. Ma quelle scemenze su Roma caput mundi può bersele il popolino e basta. La verità, è che il fascismo, con tutte le sue censure, le pretese di dirigere la cultura e il mondo dello spettacolo tramite un apposito ministero e il patto di ferro con la Chiesa, risulta terribilmente… noioso.

Vi garantisco che nel mio studio dei movimenti ideologici, ho sempre vissuto questa dicotomia tra fascismo e nazismo.

Il fascismo era pragmatico, di facciata ma non vissuto pienamente dai loro gerarchi perché non sussisteva un condizionamento mentale autentico.

Tutto serviva semplicemente per unire le masse disgregate e fornire una base per legittimare azioni che avevano sempre scopi materiali.

Il nazismo no.

Era un movimento che nell’occulto si sguazzava, capace di titillare non le esigenze spicce del popolo, ma il lato oscuro, quello nascosto, frustrato, deriso dagli accordi post primo conflitto. E’ quella banalità del male, quel patto con il demonio che aveva un odore sulfureo, e che faceva del mito norreno e nordico, privato della sua poetica e reso soltanto sangue e brama, il vero substrato tradizionale da imporre agli altri tramite la manipolazione psicologica.

Ed è la noia subita da un regime scarno come quello fascista, prettamente pratico che cercava in modo becero e assurdo di rispondere alle esigenze di un paese raffazzonato più che creato, di un paese nato per proteggere interessi e privilegi, veniva curata con un richiamo di facciata, alle teorie allucinanti e allucinatorie che nel nazismo viaggiavano libere e incontrollate.

Ma era non un esigenza luciferina, ma veniva anch’essa sacrificata a fini mondani, che si servivano del “diavolo” soltanto per avvicinarsi in modo immediato alla bella vita.

Se altri organismi sociali e politici all’esoterismo ci credevano veramente, il racconto onirico e apparentemente assurdo che fa da sfondo a Mysteriana, non è altro che quello che oggi noi viviamo costantemente.

Il sacro è merce di scambio, l’esoterismo finisce in banca in buoni, azioni e ville. La magia è uno strumento per assicurarsi i salotti buoni e magari un perfetto lifting.

Basta che il sale non si sciolga per portare i guadagni nelle off shore.

Ecco che Mysteriana, tramite l’indagine di un problema mai del tutto superato mette a nudo il nostro modo di vivere e persino la nostra anima, quella di sfruttatori di ogni emozionalità, di ogni sentimento, del sesso, dell’arcano, dell’esoterico per un baratto meno nobile di quello di Otto Rahn ( che almeno il graaal lo voleva trovare davvero per assicurarsi la conoscenza suprema) quella di sbarcare il lunario.

Noi oggi non abbiamo i Plantard, i De Cherisey, i Papus.

Non abbiamo Steiner, Gurdjieff, Blavatasky, Bailey.

Anche se almeno un Evola lo possiamo vantare.

Abbiamo Othelma, Wanna Marchi, i cartomanti e il mago Don Nascimiento.

Non abbiamo riviste come Circuits, o studi alla Guenon.

Abbiamo mysteriana e company.
Abbiamo lo sfruttamento del mondo occulto semplicemente per comprarci il completo firmato.

 

un mare fatto di testimonianze finto-autentiche, notizie pseudo-storiche e informazioni quasi-scientifiche, in cui navigava un’umanità in cerca di redenzione dall’orrore del quotidiano o soltanto disfatta, credulona, ignorante. Per lui e quelli come lui, semplicemente un gregge da mungere. Raccogli dichiarazioni e notizie, infiocchettale e pubblica tutto. Due siti web che facevano trentamila l’anno di pubblicità e un mensile con una tiratura sempre in aumento.

E ancora:

Tanti tuoi colleghi fanno la fame nelle redazioni dei quotidiani, mentre tu galleggi beato, cullato dalle onde del Golfo Onirico, nessuna fatica, le notizie vengono a te, spontaneamente, tu devi solo servirle agli interessati, dal produttore al consumatore praticamente senza intermediari, vita facile e stipendio sicuro, e anche questo è giornalismo, no? Lascia perdere i sogni, le ambizioni giovanili (e magari giovanilistiche) di inchieste che rovesciano governi o di reportage in stile gonzo. Non eri tu quello che poteva diventare l’Hunter S. Thompson italiano. Uno come Thompson, in questo paese di merda, non si può neppure immaginarlo.

E anche qua la satira è sullo invilimento di una nobile professione che oggi naviga grazie al gossip agli articoli da marchettari, alle fake news e all’utile e interessante (ammazza ) propaganda elettorale.

E tutto questo marcio, dalla letteratura al giornalismo prezzolato, ha le radici nel nostro ieri, fatto di compromessi e di accettazione muta e poco convinta, in favore del buon vivere e del mutuo pagato.

Storia di un lungo intrigo, storia di una degradazione del nostro più importante dono: l’immaginazione.

Questo non è solo un libro di svago, un giallo, un thriller, con un umorismo graffiante.

E’ il racconto crudo di noi stessi e di quell’abominio che oggi insistiamo a chiamare cultura.

E forse è il libro più intellettualmente onesto, più evocativo e più importante che possiamo oggi leggere.

Perché tra una risata e uno scoop, forse il pensiero si sentirà stuzzicato e forse, ripeto forse, il cambiamento avvierà quando lo stesso si troverà di fronte alle sue cadute.

Del resto non sempre una caduta ci trasforma in demoni.

Anche se in questo libro, i demoni sono molto più saggi di noi.

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