Review party “Amore e altri Bagordi” di Gianluca Purgatorio, Garzanti editore. A cura di Alessandra Micheli

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Recensione. A cura di Alessandra Micheli

È molto difficile per me scrivere questa recensione.

Perché io con l’amore ho un rapporto strano. Non che sia la solita radical chic emo che considera l’amore una perdita di tempo, o una cultrice delle solite frasi da baci perugina (viva quelle della Majonchi) ma perché ho una sorta di pudore verso un sentimento che ha animato e anima la parte migliore di noi stessi. Vedete l’amore è non soltanto eros, ma è anche una sorta di beata estasi in cui si possono toccare le più alte vette dello spirito abbracciando tanti significati. Si può amare un uomo o una donna, un genitore, un’arte o addirittura un valore. Si può amare in modo piccolo e si può amare in modo immenso contemplando in un emozione l’intero universo fino a sentirsene parte.

L’amore descritto qua è quello più speciale, quello che costrinse Paolo e Francesca all’inferno dantesco, quello che supera i limiti della ragione e si fa trasportare altrove:

Che cos’è una poesia, se non la maestosa bugia di un visionario che vede baci negli intrecci di lingue, capolavori di cubismo sui corpi frantumati, rime e sineddochi tra emozioni ed erezioni?

Altrove di Purgatorio, non è un Paradiso irraggiungibile, ma è il volto dell’amata che si stampa a fuoco dentro l’animo, fino a far si che l’unica valvola di sfogo sia un foglio in attesa di grondare sensazioni, immagini e emozioni:

La notte dei poeti è un foglio bianco di solitudine consumato nel mezzo dal giuramento di una parola equidistante dai bordi e mai vicina a nulla, firmata da una lacrima,

e forse è questo il bello dell’incontro, rendere magico ogni istante, ogni banalità, persino quell’addio che è spesso l’inizio della fine, che è quel punto porpora che spacca il cuore e al tempo stesso che ti rende cosciente di vivere, di sussultare e di essere ancora capace di soffrire e al tempo stesso di brillare.

Perché in fondo la perdita, la mancanza e ogni ferita sono l’unico sistema redentivo per noi eterni peccatori.

Quando tutto sarà finito e le maschere cadranno, quando il bene e il male si fonderanno e i peccati verranno riassorbiti,

e sapete qual è l’unico vero abominio che l’uomo compie?

Quello di scordare la sua natura creativa, quella che una nuvola la rende un letto ideale per fare l’amore:

quando non saremo che anime libere di scopare su una nuvola

Quello di esseri speciali che solo nell’arte e nella poesia ritrovano un senso profondo di una vita beffarda che sembra scappare veloce.

E le parole non leniranno oltre e l’arte non servirà più a nessuno,

E sono le parole intinte di concretezza e al tempo stesso di una sorta di viaggio attraverso il numinoso che in Purgatorio omaggiano la sua musa, quella donna immaginaria e reale che riesce con dita artigliate e far sanguinare il cuore e con gocce vermiglie scrivere la sua vita, con colori per nulla opachi ma brillanti e caldi.

Le onde del tempo ci cancelleranno come castelli d’amore e sabbia asciutta, le lacrime cotte dal sole sfrigoleranno sul ferro di una scialuppa, nessuno parlerà di noi e i pesci resteranno muti, immobile l’orizzonte, priva di uomini la riva, le nuvole andranno a morire in altri cieli. Sarà un giorno sereno quando ce ne andremo.

Forse l’amore ha senso davvero quando lo si conosce e lo si perde, perché forse è allora che riusciamo a capire qual è la nostra vera casa e lo racconteremo in un verso, capace di contenere tutto l’immenso di quel mondo che ci sfugge:

Ti lascio andare, perché sei morbida come il ricciolo d’aria che genera il battito d’ali di una farfalla e io il bozzolo che non ti sa abbracciare, ti lascio andare, perché sei leggera come il dolore di un fiore quando perde un petalo o un sogno e io lo stelo secco da abbandonare, ti lascio andare, perché hai la freschezza di un’alba che accompagna la rugiada e io la foglia su cui scivolare. Ti lascio andare, perché hai la volubilità di una nuvola che va via sul più bello, e io l’angolo di cielo a cui non ti vuoi appigliare.

Ed è solo lasciando andare il dono dell’amore che Purgatorio sa di essere cielo. E torna a essere cielo.

L’amore è quello che non solo ci completa, ma che racconta la meta che tutti noi raggiungeremo, a volte piangendo a volte godendoci il viaggio:

Sopportare questo mondo insieme a te, sarà dividere il peso della felicità e della sua ricerca indefessa, nella logica grammatica degli uomini sei mezzo e compagnia, non scopo o destinazione, sagoma di principessa di un altro mondo, sei donna spessa e rotonda con un bagaglio di carne e tenebre, non sarà più facile la vita, sarà meno ardua la morte.

Allora smettiamo di combattere.

Deponiamo le armi e lasciamo che quel sentimento antico e sempre nuovo, inondi la nostra anima

Deposte le armi, ci armeremo di sguardi e di sorrisi, come fratelli dal fronte divisi, e saremo amanti sfrenati in mezzo ai campi io il reduce e tu la vedova dai fianchi ampi, di una sporca guerra senza armatura sotto i cui colpi il sentimento non perdura.

Una poesia per me. Approfondimento. A cura di Alessandra Micheli

La fiducia è un concetto importante per ogni essere umano e al tempo stesso cosi sfuggente, difficile da inquadrare in un significato preciso, poiché ricco di sfumature e di piccoli dettagli. La fiducia è sicurezza, è confidenza, è buona fede. È la capacità di essere abbracciati a un sentimento, a una persona, a un ideale senza aver terrore dei temporali, dei fulmini. Anzi quasi a volerli sfidare, cosi certi che si possa inglobare la forza del disastro dentro di sé, dirigendo una forza distruttiva al di fuori di quella cerchia di sicurezza che ci avvolge, quando doniamo una parte di noi stessi all’altro. La fiducia è come una quercia, che si innalza maestosa, che ospita altri piccoli organismi e fa nascere meraviglie in un connubio favoloso e incantato. Fiducia è chi resta fermo mentre il mondo gira come una trottola. E chi è robusto non teme il passare del tempo, il dolore che ci sfreccia accanto con un ghigno beffardo cercando di dividere ciò che con fatica abbiamo unito. Fiducia è anche un accordo strano, un impegno di due anime che decidono di aprire le porta di quella gabbia in cui ci chiudiamo, spesso, per paura dell’esterno. Perché il mondo a volte è cosi ignaro delle nostre fragilità da calpestarci e da lasciarci stremati, feriti, sconfitti in una strada, mentre tutti corrono per arrivare chissà dove. Allora la fiducia abbatte i muri e ci fa stringere in un abbraccio senza fine, senza tempo, senza dimensione materiale.

E come si può pensare di essere cosi indifesi e farsi guardare dall’altro?

Perchè se ti dono la mia fiducia, tu devi guardarmi. E non solo le mille linee del mio volto, ma dentro, in quel mondo oscuro ingarbugliato e cosi poco avvenente. E per conoscermi devi non solo sapere il mio nome comune, ma anche quello segreto, quello che neanche io racconto all’altro, perché significherebbe donargli le chiavi di quel mondo incantato che ognuno di noi custodisce

E allora la fiducia diventa un accadimento estremamente importante e se regalata con poca attenzione, crea crepe insanabili in quel mondo, costringendolo a perdere energia, fino ad avvizzire e scomparire. E una persona senza quel fiume segreto, quel mondo altro, non è più persona ma automa.

 

E chi si fida

di chi non capisce la poesia,

Allora per fidarmi io devo trovare un anam cara, un anima affine capace di vedere come me attraverso la materia, quell’essenza fatta di mille intricati e radiosi fili, che tutto uniscono pur garantendo loro la sua peculiare brillantezza. E sono quei fili tutti diversi e al tempo stesso tutti fratelli che colorano una realtà in modo diverso da quella che la consuetudine vorrebbe, una stella non è solo un agglomerato di materia, è sogno e impulso creativo. Brilla e parla alla nostra fantasia. E solo la poesia, come ci raccontava Shelley può donarci la seconda vista, perché le lucciole non siano solo insetti, ma fate. Perché il vento non sia un fenomeno atmosferico, ma sia un sussurro. E il temporale sia la forza di Dio, tonante che rimprovera Giobbe per la sua stoltezza.

di chi non ha il cuore infranto,

di chi non l’ha mai avuto,

E come fidarsi di chi il dolore non lo ha mai subito, di chi non ci ha mai dialogato davvero chiedendogli “perchè mi perseguiti”? Perchè rendi la mia vita un inferno? E senza il dolore che spezza in mille parti quel cuore tanto decantato dai poeti come puoi conoscere l’abisso della distruzione e la meraviglia della ricostruzione?

Non puoi capire noi pazzi, folli, che piangono riempendo le crepe di quel cuore lacero e cantando su di esso, affinché nuova carne lo ricopra.

di chi non ha mai pianto,

almeno una volta

per tutta una vita.

Come puoi fidarti di chi le lacrime non ne ha mai versate, di chi non ne ha mai bevuto una e sentito quel sapore salino fatto di emozioni, di urla e di rassegnazione. Di chi non si è mai dissetato da quella goccia perduta dall’anima, cosi triste eppure cosi forte, di chi da una lacrima alla fine è rinato, dalla storia di questa lieve magia che dagli occhi scende nutrendo la terra.

Non puoi sapere tu cosa noi sognatori nascondiamo dietro un verso, o una canzone cantata quasi di nascosto. Di chi la notte inonda il suo cuscino, di chi rivolto alla luna, offre il suo tributo. E nessuno sa, la bellezza di quel dolore che crea la parola, crea la poesia e crea la narrativa. Non lo sai e non lo può sapere, che solo chi è rannicchiato su se stesso, ignaro dei vincitori che si vantano, alla fine sorride. Perché è questo che fa dell’uomo…un uomo.

Pecche solo il poeta, trasformerà una notte di inverno, in un regno di magia.

solo bruma e fantasia,

e quando una stella si rivela

alto in cielo si leva

un grido di poesia.

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