Cari lettori, eccomi qua per parlarvi di un filosofo, ma niente paura, non è mia intenzione annoiarvi con pallosissime teorie incomprensibili.
Voglio parlarvi di un personaggio molto originale nei suoi comportamenti e nelle sue scelte. Si tratta di Geremy Bentham, filosofo, giurista ed economista inglese, nato a Londra nel 1748 e morto a Westminster alla veneranda età di 84 anni.
Di famiglia molto benestante, fu avviato dal padre a una carriera di avvocato e poi di giudice, molto considerata ed esclusiva delle classi abbienti. Il giovane Geremy rimase, però, disgustato dall’approssimazione dei giudizi e dall’ingiustizia diffusa nei tribunali e scelse la filosofia.
Aderì entusiasticamente agli ideali della Rivoluzione Francese, rimanendo però prudentemente in Inghilterra dato che teneva molto alla sua testa.
Scrisse diverse opere a sfondo morale e morì, nel 1832, tranquillo e pacifico, nel letto della sua villa di Westminster.
Molti anni fa, ebbi l’occasione di visitare la preziosa biblioteca che si trova nell’Università di Londra. Un mio amico professore mi raccontò un fatto inquietante a cui credeva fermamente.
“L’illustre filosofo, ricco sfondato, lasciò in eredità alla prestigiosa Università Reale un vitalizio sostanzioso che, incredibile a credersi, viene versato dagli eredi ancora ai nostri giorni.
Avendo aderito agli ideali della Rivoluzione Francese, professava un anticlericalismo viscerale insieme a un ateismo militante. Nel lascito testamentario, Geremy Bentham stabilì che il vitalizio sarebbe stato erogato in eterno a patto che … il suo corpo, imbalsamato, fosse conservato all’interno della Biblioteca. Questo avrebbe dovuto essere portato nella Sala Professori ogni qual volta essi si riunivano in consiglio. Figuratevi la faccia del Magnifico Rettore dopo che il notaio ebbe comunicato le ultime volontà del loro mecenate!
Le somme versate annualmente da Bentham erano troppo importanti per poter sollevare obiezioni. Gli inglesi, si sa, sono un popolo pratico e tradizionalista. L’eredità fu così accettata. La salma del povero Geremy fu opportunamente imbalsamata e sistemata, seduta, su un apposito scranno di legno munito di ruote per il trasporto in Sala Professori. Le disposizioni testamentarie non finivano qui: il defunto aveva stabilito pure che, in caso di votazione, il Collegio dei Professori dovesse contare un voto in più… il suo! Ma come fare a sapere il parere dell’originale filosofo?
Ebbene, il Genio aveva pensato anche a questo: ogniqualvolta ci fosse stata da prendere una decisione in tema religioso, il voto di Geremy Bentham sarebbe stato inequivocabilmente “contrario”.
Il principio democratico di “one man, one vote”, qui si traduceva in “io pago quindi voto, vivo o morto che sia!” Sembra incredibile che nel 2019 si perpetui ancora questa prassi testamentaria, ma è così.”
E non è ancora tutto, miei cari stupiti lettori.
C’è dell’altro…e macabro!
“Una mattina, agli inizi del secolo scorso, il Collegio dei Professori, fu riunito in Consiglio. I valletti portarono, come di consueto, lo scranno con Geremy Bentham al capotavola opposto a quello del Magnifico Rettore, addossandolo al bordo del tavolo in modo da non farlo cadere. Iniziata la discussione, di argomento religioso, questa prese una piega fortemente polemica. Le voci si alzarono e qualcuno, alterato, battè forte un pugno sulla tavola. Il colpo fu così violento che scosse il cadavere del povero Geremy, la cui testa si staccò dal busto e rotolò sulla tavola, piena di documenti. Immaginatevi la scena seguente!
Le professoresse si misero a strillare, qualcuna svenne e i più si ritrassero inorriditi dal macabro incidente. I valletti raccolsero pietosamente la testa e riportarono lo scranno dentro l’armadio dove veniva conservato.
I professori protestarono vivacemente per l’accaduto, dicendosi contrari a continuare quella ridicola sceneggiata. In seguito, calmatesi le acque, il Magnifico Rettore decise che la testa originale fosse rinchiusa in una scatola di legno da porsi sopra l’armadio.
Fu predisposta così una copia in cera da sistemarsi sul busto del cadavere.
La tradizionale “inquietante presenza” fu mantenuta ma ora il filosofo è trasportato dentro il suo armadio chiuso con un’anta di vetro.”
Chi avesse occasione di recarsi al pian terreno dell’Università potrà vedere, a destra dell’ingresso, l’armadio con il corpo imbalsamato del singolare filosofo seduto alla sua scrivania.
Ma non è ancora tutto! La Biblioteca è ospitata in tre edifici adiacenti posti a forma di U.
I lunghissimi corridoi, pieni zeppi di scaffalature ricolmi di antichi volumi, sono divisi ogni 50 metri da porte che vengono chiuse ogni sera da un custode con chiavi differenti per ciascuna serratura che sono poi conservate in cassaforte. I custodi hanno giurato, in occasione della mia visita, che di notte si accendono luci in ogni tratto del corridoio, ora qui, ora là, sebbene nessuno possa farlo a causa delle porte rinserrate.
Evidentemente c’è un fantasma… e chi se non il nostro simpatico filosofo?
Questo fatto è per lo meno bizzarro!
Per un ateo, convinto che l’anima non esista, trasformarsi in un fantasma…è il colmo!