Blog tour di “pizzica Amara” Rizzoli editore. Seconda tappa “Il giallo di Gabriella Genisi”.

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Iniziamo dall’ABC.

Chi è Gabriella Genisi?

La risposta è apparentemente semplice e immediata: è una scrittrice. Ma non una qualunque ma una delle migliori penne noir oggi in circolazione.

Ed è italiana, profondamente imbevuta, nutrita, cresciuta con una tradizione tutta pugliese.

Precisamente di Bari, città ricca di cultura e tradizione, basti ricordare alla meravigliosa e misteriosa basilica di San Nicola, con il suo strano crittogramma e quell’accenno alla leggenda arturiana…..( un giorno vi parlerò del suo stretto collegamento con il mito del Santo Graal, ma non è questo il luogo).

E questa sua appartenenza, la caratterizza profondamente, perché crea un giallo che poco si discosta dall’innovazione di un altro grande Italiano ossia Camilleri che ha restituito finalmente il lato sociale a un noir che era divenuto solo apparenza scenografica.

Sua è l’invenzione di un commissario donna, che si dibatte tra la quotidianità, l’amore per la giustizia,che la porta a compiere indagini condotte in modo quasi sonnolento e indolente ( ecco che ci richiama la flemma del mio amato Montalbano). Ed è questo modo cosi stralunato, un Colombo in gonnella, che è soltanto una facciata atta a nascondere una mente acuta, sveglia e soprattutto
“maschile”, ossia portata a una logica concreta e stringente. Come a sfatare il mito della lunaticità del femminile, della sua propensione all’irreale e alla non concretezza.

No cari miei, noi donne siamo fin troppo razionali, altro che sentimentalismi da Bovary!.

Il commissario Lolita Lobosco è figlia dei suoi tempi e sopratutto della sua terra, una terra arcana, amata e odiata, odiata forse proprio perché tanto amata.

Una terra di possibilità frenate da un vivere tutto italiano dedito al compromesso e alla macchinazione. Ma questo miei cari lo osserveremo in seguito

Sei sono i libri con protagonista la Lobosco tutti editi da sonzogno:

GIALLO CILIEGIA

Una protagonista fuori dal comune combattuta tra il senso del dovere e la voglia di sedurre. Lolita Lobosco, trentasei anni, commissario della Questura di Bari, sezione omicidi: sempre sul filo del rasoio, sia sul lavoro sia nelle passioni e nei dolori della sua complicata vita sentimentale. Politicamente scorretta, ma con un grande cuore. Nella torrida estate dei Mondiali 2010, nella Bari vecchia di Antonio Cassano, Lolita indaga sulla scomparsa di un ragazzo, muovendosi nel sottobosco di network e chat.

 LA CIRCONFERENZA DELLE ARANCE

Un commissario di polizia così a Bari non se l’erano mai nemmeno immaginato: Lolita Lobosco, detta Lolì, 36 anni, occhi sempre accesi, lunghi capelli corvini e una quinta di reggiseno che negli uomini evoca la pienezza dei frutti mediterranei. Al commissariato l’attende una sorpresa. C’è un arrestato, le dicono, uno stimato professionista, con il golfino di cachemire e le mani tanto curate, accusato di violenza sessuale. Ordinaria amministrazione. Almeno finché Lolì non incrocia lo sguardo dell’incriminato. Quell’uomo lei lo conosce bene.

UVA NOIR

In una Bari sonnolenta e distratta, dove i tanti scandali scuotono il perbenismo della città, un bambino scompare, e qualche giorno dopo viene ritrovato senza vita nel giardino della villa di famiglia Le indagini di polizia si rivelano subito piuttosto complesse. Tra i sospettati c’è la mamma del bimbo, donna molto bella e inquieta, meglio conosciuta con il soprannome di Uva ‘gnura, Uva nera. Separata dal marito, un farmacista assai noto e rispettato, la donna risulta essere invischiata in affari loschi e frequentazioni malavitose.

GIOCO PERICOLOSO

Durante la partita decisiva per la qualificazione in serie A del Bari, al san Nicola muore un giocatore. Una morte naturale, si direbbe, però con qualche mistero di troppo. Pochi mesi dopo, infatti, il commissario Lolita, indagando su quello che a tutti è sembrato un incidente, si imbatte in un intrigo internazionale destinato a colpire le fondamenta del calcio italiano. Un losco mix di sport e malavita che rischia di sconvolgere anche la vita di Lolì.

SPAGHETTI ALL’ASSASSINA

Per cucinare gli spaghetti all’Assassina, il piatto più famoso di Bari, ci vuole la padella in ferro nero che si trova solo nella città vecchia. Ed è proprio lì che sorge il ristorante di Colino Stramaglia, inventore della ricetta. Una mattina di primavera, il grande chef viene trovato morto ammazzato in maniera talmente efferata da far sospettare un torbido movente passionale. Fra le persone informate sui fatti, un affascinante cuoco algerino, una spogliarellista brasiliana e un capocameriere con un’aria da becchino uscito da un film western. A indagare è il commissario Lolita Lobosco, che stavolta trova imbrattate di sangue le sue due attività preferite: l’amore e la cucina. Sullo sfondo di una città sempre più pulp, una nuova intricata indagine, con fosche tinte da noir mediterraneo, metterà a dura prova l’abilità e l’istinto della caparbia investigatrice barese.

MARE NERO

A Polignano, nei pressi di Bari, in un pomeriggio d’inverno, il mare restituisce i corpi di due giovani, da poco fidanzati. Insieme ad altri amici, approfittando della bella giornata, si erano immersi per una gita subacquea, ma l’allegra escursione si è trasformata in tragedia. Sembra il tipico incidente, dovuto all’imprudenza o alla fatalità. Eppure, quando arrivano i risultati dell’autopsia, tutto un altro scenario prende forma. Qualcuno ha voluto uccidere. Ma perché? Toccherà al commissario Lolita Lobosco indagare su questo caso. E per venirne a capo dovrà entrare nel mondo patinato dei circoli nautici, smuovere il fondo limaccioso dell’amore e, letteralmente, tuffarsi nelle gelide acque del suo mare.

DOPO TANTA NEBBIA

Lolita Lobosco è stata promossa questore e deve trasferirsi a Padova. Ma gli inizi non sono facili: l’ambiente si rivela più intollerante del previsto, la nebbia confonde i pensieri e mortifica i capelli, l’orizzonte d’acqua di Bari è troppo lontano per curare la solitudine. Anche il lavoro stenta a decollare, e poi, con i nuovi colleghi, proprio non riesce a legare. Solo grazie all’aiuto e ai consigli di Giancarlo Caruso, affascinante vicequestore di origini siciliane, le cose migliorano, mentre un caso di bullismo – la scomparsa, nell’omertà generale, di un ragazzo da uno dei licei più in vista della città del Santo – mette a dura prova il talento investigativo di Lolì. Dopo tanto freddo, intorno e nell’anima, la commissaria più bella del Mediterraneo riesce finalmente a farsi richiamare nella sua amata Puglia, dove pure l’attende un mistero da risolvere: una sensuale arpista è stata massacrata in un appartamento. I sospetti sono tanti, ma c’è uno strano testimone… Alle due estremità della penisola, tra panzerotti e pettole di Natale, la passionale poliziotta barese torna a ricercare la verità, sui luoghi di delitti efferati e nel fondo stropicciato del proprio cuore.

Breve analisi dei testi

Il primo dato che emerge da una parziale analisi dei testi è l’indissolubile legame tra sapori e odori e dramma: come dice la stessa autrice i sentimenti passano anche attraverso i nostri sapori, che titillano le diverse papille gustative e si armonizzano in un estasi dolceamara; cosi com’è in fondo, la nostra stessa funestata patria. Dolce e amaro, sapido e lezioso, sono le vere caratteristiche dei suoi personaggi, il piacere godereccio proprio di una terra solare e sbarazzina si fonde con un certo gusto alla drammatica deriva societaria che oggi ha preso l’Italia in generale e il sud in particolare. Carnale, sexy e irriverente e al tempo stesso dotata di una sottile e raffinato intuito investigativo, in ogni romanzo la Lobosco. Sopratutto, in ogni suo libro la Genisi non affronta temi di fantasia, la sua creatività si basa sull’osservazione diretta del suo oggi, della sua quotidianità, si basa su fatti di cronaca, come quello dei fratelli Gravina protagonisti del primo libro della serie.

 

L’ULTIMO CAPOLAVORO: PIZZICA AMARA

Ultimo ed è il libro che interessa a noi e che alla fine racchiude tutti i lavori precedenti è l’inquietante Pizzica Amara. In questo giallo, metà tra il noir classico, la detective story e il mistery, emerge tutta la vena di riformatore e critico sociale della nostra autrice.

Pizzica non è un semplice libro di evasione.

Pizzica affonda la mano, una mano uncinata acuminata, nel substrato peggiore della nostra società: il potere e le sue deviate ramificazioni.

Questo perché, e la Genisi finalmente sdogana un idea che, finora, era propria dei gialli stranieri, il vero scopo del genere suddetto di fungere da lente di ingrandimento della vita contemporanea, della politica, dell’ipocrisia borghese (si nonostante tutto ancora soffriamo di questa tara vittoriana) del marcio che ci cela nei substrati alti della società, nell’elitè che ci governa, sia le anime sia il portafoglio e di conseguenza sull’intera realtà sociale.

Emerge in pizzica tutta la barbarie di un mondo che tenta di evolversi nascondendo sotto il tappeto di marca tutto quel lato oscuro che fa parte della nostra eredità etnologica.

La Puglia, in questo caso il Salento, cosi come tutta la nostra bell’Italia ha profonde radici nel mito e nella superstizione. Per quanto moderni vogliamo apparire, per quanto la tecnologia oggi ci invada, dentro il nostro animo esiste una parte oscura della interiorità collettiva rifiutata e esclusa dalla coscienza vigile. Tradizioni che hanno il sapore di una ribellione di genere, non a caso qua si parla del fenomeno della tarantolate, unico escamotage per far emerge il femminile sensuale, scomodo, erotico escluso dal perbenismo.

Tradizioni che creano un connubio malsano tra accettazione sociale, gestione del potere e una forma di religiosità al contrario che funge da nuovo patto scellerato per l’acquisizione di uno status elitario. Abbiamo al massoneria deviata, e il satanismo il modo in cui gli impulsi più nefandi delle classi elevate, dei politici addirittura dei vertici del potere ecclesiastico, usano per celebrare in un orrido olocausto della purezza, il loro status di privilegiato.

E corrompono giovani, proponendogli come nuovo dio da venerare il denaro, la ricchezza e la possibilità di una vita di agi.

E quale miglior metodo per sancire la loro onnipotenza se non quello della dominazione e della manipolazione?

E c’è di più.

I rituali oscuro descritti in pizzica servono anche, come ho accennato da controllo sociale: una volta sancito un accordo per la spartizione di risorse e favori, la partecipazione a orge. Depravazioni e trasgressioni al limite del lecito è un’ottima forma di ricatto.

La superstizione, rinnegata, derisa sostituita dai santi cattolici, riappare in una forma demoniaca. E disgregatoria di una società che già di dibatte tra innovazione e arretratezza.

Ecco che il delitto non è improntante di per se.

Non ci serve soltanto scoprire chi, come e cosa hanno posto fine all’esistenza delle vittime; la Genisi si interessa ai meccanismi alla base dell’azione delittuosa, ai segreti che essa protegge e alla motivazione che porta alle estreme conseguenze.

E il dato che emerge da ogni elemento criminoso è l’omertà.

Un omertà che lega tutti in una complicità preoccupante e che rende la terra meravigliosa, la terra rossa degli ulivi, delle coltura quella che si riflette sul mare, una terra distrutta, una terra perduta, il cui futuro incerto è ben simboleggiato dall’ospite alieno che divora i millenari ulivi. Come un cancro che corrode l’organismo sociale, la noncuranza del vecchio principio contadino di solidarietà, di cooperazione e di libertà viene ridotto all’osso.

Perchè i giovani, tutti i protagonisti ivi descritti non sono liberi, ma schiavi di ossessioni, pulsioni, e istinti.

A restare in piedi è solo quell’apparenza che funge da richiamo sirenesco per un turista distratto, alla ricerca dell’autenticità. Ma l’autenticità di una tradizione nobile, una consuetudine di forza indomita, ricca di passaggi culturali, una terra che è nata dallo scambio costante e dall’incontro, oggi è perduta.

E l’amore per la sua terra la Genisi in questo testo lo fa emergere proprio dalla sua non volontà di chiudere gli occhi.
Come camilleri profondamente imbevuto di orgoglio siciliano, la Genisi è profondante convinta dell’importanza delle sue radici, radici masticate da vermi striscianti che intendono solo radere al suolo ogni cosa solo per arricchirsi.

Il territorio pugliese risultano cosi malato, inquinato da scorie che noi stessi produciamo: il nostro non voler vedere, il sotterrare il male sotto gli ABILI travestimenti del perbenismo è il modo peggiore di dimostrate il nostro attaccamento alla nostra terra.

E se la Puglia è un piccolo microcosmo, come nelle tradizioni filosofiche ermetiche esso non è che specchio e riflesso del macrocosmo che lo ospita: l’Italia essa stessa malata, essa stessa sfinita e corrosa.

Alla fine la magia quella che ha colorato il Salento di mistero e incanto, non è altro che l’abile maschera con cui i loschi traffici si travestono.

Ecco che il suo giallo diviene denuncia sociale.

Diviene una romanzo fondamentale che con un pugno elegante e al tempo stesso forte forse risveglia le nostre coscienze assopite dall’assuefazione al virtuale. Ed è quella che ci distanzia dall’azione concreta, che fa si che il male, oggi prosperi.

E rimanga impunito.

Perchè il male trionfi è necessario che i buoni restino in silenzio.

 

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A cura di Alessandra Micheli

 

 

 

 

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