Spesso la nostra esistenza scorre su binari prestabiliti.
A ogni ora, un treno conosciuto e quasi noioso, ma rassicurante nella sua quotidiana regolarità, arriva alla nostra stazione.
E noi saliamo assonnati, assuefatti al tram tram ma sicuri.
Cosi sicuri che nulla rovinerà le nostre granitiche e noiose certezze.
Per molti questo treno sarà l’unica visione, l’unico panorama che potranno osservare.
E in fondo il capolinea della vita li vedrà cosi, immobili, congelati in quell’istante ripetuto all’infinito.
Ma la vita, la vera esistenza è molto altro, qualcosa di più meraviglioso dello stesso trito reiterare di abitudini, di pensieri sempre uguali e di riti ossessivi.
Lavoro, casa, divertimenti.
E nulla a sconvolgere la sicumera concretezza che chiamiamo esistenza. Bandita la fantasia, se non quella nascosta, quasi colpevole di colorare almeno una parte di quel grigiore a cui qualcuno, qualche divertito burattinaio, ci ha cresciuti.
Ecco come sono le vite oggi.
Bianco e nero, grigio, sfuocato.
Eppure siamo convinti di vivere in brillanti caleidoscopici colori. Convinti che tutto quello manifesto sia il massimo a cui un anima può aspirare.
Ecco il protagonista.
Anonimo, terrorizzato dai rapporti umani, rei di minacciare la sua serenità sonnacchiosa, la sua ritualità quotidiana.
Giacomo è l’emblema di ognuno di noi preservato intatto da un amore fatto di certezze, alla vita vera, quella fatta di sbagli e cadute ma anche di incantevoli risalite.
Una vita nella bambagia votata alla non conoscenza della propria essenza, del proprio centro, della propria leggenda personale.
Ogni essere umano nasce con un sogno.
Un sogno di grandezza, fatto di respiri di immensità, di sorsate di divino.
E’ il mondo dei fanciulli proiettati in un incanto fiabesco dove possono essere cavalieri, guerrieri, maghi o principi.
Fanciulli che fanno dei sogni la propria unica e personale realtà
Poi si cresce.
Il mondo esterno diviene minaccioso ma non abbiamo più quella spada Excalibur che ci difende dai crudeli predatori o demoni.
Siamo cresciuti e il mondo delle favole, se vuoi vivere in una società civile e non essere tacciato di pazzia, deve essere accantonato.
Ecco che senza una scintillante armatura i sogni restano indifesi e si acquattano in un angolo del nostro io.
Alcuni li fanno morire di inedia, altri li nutrono in segreto di libri e poesie.
Gli ultimi hanno la speranza che un domani, essi riprendano forza e inizino a colorare la propria vita.
Giacomo è uno dei fortunati che, seppur deciso a non vivere, resta comunque ancorato a in ideale di vita che esprime nella scrittura creativa.
Ed è questo substrato fertile e poetico che lo prepara per conoscere il suo attimo magico.
Cos’è?
Ce lo spiega perfettamente Paulo Cohelo:
Tutti i giorni, con il sole Dio ci concede un momento in cui è possibile cambiare ciò che ci rende infelici. L’istante magico, quel momento in cui un “sì” o un “no” può cambiare tutta la nostra esistenza. Tutti i giorni fingiamo di non percepire questo momento, ci diciamo che non esiste, che l’oggi è uguale a ieri e identico a domani. Ma chi presta attenzione al proprio giorno, scopre l’istante magico: un istante che può nascondersi nel momento in cui, la mattina, infiliamo la chiave nella toppa, nell’istante di silenzio subito dopo la cena, nelle mille e una cosa che ci sembrano uguali. Questo momento esiste: un momento in cui tutta la forza delle stelle ci pervade e ci consente di fare miracoli.
Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto
Il miracolo capita e ha gli occhi di luce di Francesca. Lei l’impersonificazione dell’amore che contrasta l’evanescenza della vita di ogni giorno e che sarà l’input per permettergli :
Un nuovo inizio,
lontano dalle certezze della sua vita,
nella scoperta di quel “io” da sempre soffocato.
Ecco che la vita di Giacomo sboccia.
Incontra sulla sua strada il dolore del confronto, che sgretola piano piano il suo guscio e lo apre all’altro.
E l’altro diviene il simbolo di ogni sogno da troppo tempo dimenticato, fino a comprendere il suo potenziale che lo porterà lontano, in un mondo che finalmente di colora di magia.
Ecco che l’amore celebrato nel libro di Basile non è il solito trito incipit da romanzetto rosa.
Non interessa il lieto fine, i baci, le effusioni.
Quello su cui si concentra è il senso unico vero di quel sentimento celebrato da poeti e da santi: il cambiamento.
Il vero amore ci vede, e ci vede benissimo.
Il vero amore frantuma il nostro io sociale e ci restituisce un immagine di noi più autentica, ridotta all’osso fino a sfiorare l’essenza divina.
Il vero amore è la gioia di aver amato , non il possesso di trattenere l’oggetto dei desideri.
Il vero amore è sacrificio, non perché riduce la gioia e il benessere emotivo ma perché celebra il sacro: sacrificio ossia fare il sacro.
E di sacro la consapevolezza che in fondo, non serve altro che aver provato il brivido nel cuore, essere riusciti ad aprirsi al muovo, riuscire a colorare la propria vita di colori sgargianti e ribelli, lasciare la comoda quotidianità per sfidare l’ignoto.
L’amore è semplicemente:
Ho rinunciato a te, ai tuoi capelli d’oro, ai tuoi
occhi color del cielo e al tuo dolce profumo. L’ho fatto per lasciarti vivere, per lasciarti splendere ancora, senza quella pseudo felicità che credevamo vivere insieme. …..
Perché, essere felice per me, è vederti felice. Non chiedo altro. In fondo per stare bene, mi basta vederti ridere.
Ecco la bellezza dello scritto di Basile.
La certezza che l’amore non di perde mai davvero, ma va lasciato scorrere come un fiume in attesa che troni al mare.
In attesa che le correnti ci portino alla fonte.
L’amore è la strada per tornare a essere se stessi, l’amore è il messaggio più importante del messaggero.
L’amore è quella mappa che ci permette:
ho trovato la mia strada. Qualcosa che mi fa sentire vivo e utile. Io che da sempre ho vissuto nella penombra del mondo
E auguro a tutti di trovare quel colore in grado di farci uscire dalla penombra del mondo.