“Times infinity” di Francesca Pace, Bakemon Lab. A cura di Alessandra Micheli

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Chi mi conosce sa che quasi mai racconto l’autore.

Certo esso fa capolinea tra le pagine che scrivo, perché sicuramente molto di lui lascia dentro le parole, le frasi e i ricami chiamati descrizioni. E sapete bene che raramente esce Ale in una recensione.

Cerco di essere anaffettiva e semplicemente raccontare il mio viaggio di lettura. E spesso sono tacciata di non essere empatica, quasi asettica, scrivendo trattati di sociologia.

A parte che per me la sociologia è la fonte primaria di ogni pensiero, visto si interroga e interroga la società in cui viviamo. E tutti dovreste essere sociologi.

Ma questa è un altra storia.

Ci sono però racconti diversi, cosi impregnati di anima che è difficile che non provochino sensazioni.

Sono stronza, ma sono umana.

Times infinity ha molte qualità.

Descrizioni, raffinatezza della trama, capacità di emozionare tramite le figure narrative. Ottima padronanza dell’arte della letteratura ma…

A me di questi dettagli non frega un cazzo.

Non sono un editor, né un esperto critico letterario. Recensisco perché è l’unico mio sfogo creativo, che quella mia mente razionale non può controllare.

E su Times io ho pianto.

Non per la forma, seppur pregiata.

Ma perché Francesca stessa mi raccontava un po’ di se stessa, donandomi un pezzo di anima.

E questo avere il suo cuore tra le mani colpisce.

E colpisce una vecchia acida signora.

Mi sono domandata tante volte se dovevo svelarvi la ragazza dietro il sorriso, la donna dietro il cipiglio da virago, la dolcezza dietro una indiscussa forza.

Mi sono chiesta se donarvi la delicata sensibilità di Franci fosse lecito, e non fosse uni invasione del suo io.

E dare in pasto agli sciacalli quest’essenza non mi va molto a genio.

Ma so che voi siete cosi ottusi che non leggerete la mia recensione, che quel libro lo gusterete come ottimo racconto, che i dileggiatori saranno cosi impegnati a sparare sentenze, che l’anima di questa meraviglia sarà salva.

Per i pochi, eletti che invece mi leggeranno, sarà una scoperta simile alla mia, di quelle che ti lasciano senza fiato, come se un sorso di eternità fosse scorso nel sangue.

Perché Francesca non parla solo di amicizia.

Parla di qualcosa di tanto importante, quasi banale da essere dimenticato: il valore della vita.

Si lo so, tanti libri ci provano.

Ma non con quella forza distruttiva, non con quella veemenza che urla a ogni lettore: ATTENTO CHE LA VITA NON TORNA MAI INDIETRO. Ci sono sentimenti che nascono dalle lacrime di dio per renderci conto di quanto noi siamo esseri speciali.

Amore per esempio, capace di coniugare in uno splendido affresco spine e rose, indissolubili, inestricabili.

E l’amicizia.

Ma no ragazzi.

Non vi parlo del solito amico del cuore, il custode momentaneo dei nostri sogni, o compagno di un tratto di strada.

Persone importanti, ma alla fine restiamo sempre noi.

E mi capita di avere amici cosi.

Belli, divertenti, intensi, ma alla fine io resto sempre Alessandra, capace di staccarmi in ogni momento.

Qua Francesca ci parla di un senso dell’amicizia scomparso che risuona nelle antiche leggende celtiche: anam cara.

Sapete cosa significa?

Anima amica.

Diversi eppure vicini, inconciliabili eppure necessari.

Parti splendenti di un unico meraviglioso mosaico.

L’anam cara non è solo un compagno di viaggio, è il riflesso del tuo io più profondo che si risveglia negli occhi.

E’ il sole che illumina le zone buie.

E’ il canto speciale che racconta la tua vera essenza, quella dietro tante parole, tanti personaggi, tante maschere.

E’ il simbolo del tuo eterno cercare, è la parola d’ordine che crea il tuo centro.

E’ la roccia e al tempo stesso quel vento che fece volare Icaro sfidando il sole.

E al tempo stesso è l’unguento che quelle ferite cura, guarisce e cicatrizza.

Petra e Chiara sono due parti di uno stesso essere.

Amore che sfida tempo e leggi fisiche.

Amore che è capace persino di gabbare la morte.

Perché in un ricordo, che si fa eterno, in un sospiro, in una lacrima, l’altro rivivrà sempre. E’ la persona che ricorda a Petra il valore di ogni attimo, perduto a rincorrere le leggi di una società che è demone e carnefice.

Lei è la salvezza e la salvezza è nell’abbraccio.

La morte qua non ha posto.

Ha posto l’eternità, ha posto la capacità di lasciare che quell’universo cosi strutturato, cosi convenzionale, cosi rigido, perda il potere su di noi, per abbracciare un mondo fatto di incanti, di piccoli fiocchi di neve che si adagiano tra i capelli.

Un mondo che non ha paura del dolore e lo abbraccia.

E’ un mondo che fa dell’etica e del vero amore il suo Re.

Non Mammona, non il successo, non il dominio né la fama a ogni costo.

E’ il mondo di Francesca.

Quella che osserva ridendo e scuotendo la testa divertita io con l’altra pazza che gli scompigliamo lo stand ogni fiera.

Quella che sa ridere di se e sa affermare con decisione e eleganza le proprie idee.

Quella coerente, fin troppo, tanto da risultare agli incoerenti e ai vigliacchi insopportabile.

E’ la donna che vuole creare armonia che se ne frega persino delle logiche del mercato, qualora superino le logiche del rispetto e dell’umanità.

E’ la donna che in questo libro grida che l’uomo è più importante del sabato, di ogni stupida regola.

E’ lei che ti ricorda come sia più importante un sorriso persino della carriera.

Che un libro vale più di un bilancio in pari.

Io non conosco davvero Francesca.

Non ho l’onore di essere una sua anam cara.

Ma credetemi da oggi sarò grata di ogni sua attenzione, perché so che proviene dal cuore, cosi come dal cuore proviene questo prezioso, incanto di libro.

E’ una donna che oggi si è rivelata a me.

Distruggendo ogni mia corazza.

E che io non posso recensire.

Mi spiace ragazzi. Times infinity non va raccontato.

Va solo gustato come si gusta un tè fresco nella dolcezza della calura estiva.

 

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