“Mirta e i fiorincanto Acanto” di Laura Montuoro, Scatole Parlanti editore. A cura di Alessandra Micheli

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Mentre leggevo il libro di Laura Montuori, avevo nelle cuffie le note della Danza della fata confetto.

Eh si non ascolto solo Vecchioni.

Ma ogni tanto, anche le melodie della musica classica.

E l’overture dello Schiaccianoci è la mia preferita.

A dire il vero amo tutto lo Schiaccianoci, e su quelle note ho sognato.

E sogno tuttora quando ho bisogno di riposarmi da questa vita frenetica. Immaginate.

Un libro per bambini, la Fata confetto che volteggia e fuori un tempo strano, quasi l’ora magica che Lewis Carrol stesso considerava il tempo del sogno.

Ringrazio prima di procedere con il racconto del libro, Laura Montuori per quel momento di assoluta serenità.

Unico e raro.

Sono momenti straordinari, impagabili, dove una fantasia da troppo tempo trattenuta perché il vivere sociale ce lo impone, viaggia a briglia sciolta, attraverso distese assolate, querce magiche e fatine variopinte. Ecco che le illustrazioni, al pari delle parole, rapiscono e incantano.

E torno davvero bambina, quando leggevo estatica i libri del Cantastorie. Erano racconti e favole di ogni tempo e di ogni cultura, immortalate in disegni bellissimi e raccontate da voci di grandi doppiatori.

Ricordo in particolare Ferruccio Amendola, che mi faceva viaggiare attraverso lo spazio e il tempo.

Ecco leggere Mirta è ha lo stesso identico sapore antico, di quei giorni oramai lontani, quelle suggestioni che, secondo il mondo perbene, dovrei lasciarmi alle spalle.

Non intendo farlo.

Le favole, cosi come la fantasia e la magia sono ancora oggi, faccende importantissime.

Sopratutto, da quando la tecnologia ha usurpato il posto della fantasia, sopratutto quando non si sogna più perché convinti che non c’è altro da sognare.

Abbiamo scoperto tutto e il cosmo non ci appare più la distesa misteriosa da esplorare.

Abbiamo perso la voglia di meravigliarci.

E senza quella parte fanciullina di noi, viviamo una vita senza stimoli, arida e insulsa.

Ecco che prendere in mano, con i nostri figli, o anche da soli un libro di fiabe, può aiutarci a ritrovare la strada di casa.

Magari attraverso la foresta troveremo una fata intenta a intrecciare fiori di Acanto tra loro.

Avrà le ali grigie come sbuffi di fumo.

Troveremo che, un semplice dipinto, nasconde un’avventura straordinaria con due buffi amici.

I disegni prenderanno vita e la fantasia sarà cosi vicina da poterla sfiorare.

Ma sopratutto, anche noi adulti, smaliziati e avvezzi alle difficoltà e ai sassi che ci ostruiscono il cammino, impareremo ad alimentare fiducia in noi stessi e incrementeremo la capacità di rendere ogni disfatta una vittoria.

Impareremo a fare canestro dopo tanti inutili tentativi.

Impareremo a non abbatterci, a illuminarle le zone oscure con la luce speciale capace di cogliere ogni pigmento e ogni sfumatura.

Impareremo che questo mondo è tutto da colorare, ancora oggi, che ci sembra di aver raggiunto ogni traguardo.

Forse torneremo bimbi e incantati davanti alla magnificenza della mente e della capacità di rendere i sogni reali.

Come dico sempre, se Colombo non avesse sognato, forse non si sarebbe imbarcato sulla Caravella, se Leonardo non avesse lasciato l’immaginazione viaggiare soave, non avrebbe progettato l’uomo capace di volare.

E la luna apparirebbe ancora un astro lontano, irraggiungibile.

E il jazz non sarebbe suonato per i vicoli di New Orleans.

Credete alle fate ancora oggi, che il mondo sembra caracollare sotto le voci sempre più forti dei dominatori, oggi che il gossip diventa speculazione, oggi che viviamo di scandali e orrori indicibili.

Battete le mani e andate in cerca del vostro fiore di Acanto per raccontarvi e vivere la vostra unica, magica storia.

 

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