“Gli autori esordienti e le battaglie promozionali”. A cura di Francesca Giovannetti.

 

scrittori-esordienti-errori-da-evitare.jpg

 

 

Non è facile conquistare il pubblico.

In qualsiasi settore, che sia il cinema o il teatro.

Nel nostro caso noi lettori siamo il pubblico, gli scrittori sono gli artisti che si esibiscono.

Dando per scontato che ognuno scelga il genere che risponde ai propri gusti si può notare, frequentando i variegati gruppi di lettori, che esiste una categoria di scrittori vittime di una sorta di pregiudizio che porta a evitarli a “prescindere”: gli esordienti.

La motivazione principale di questo comportamento è basilare: a nessuno piace spendere soldi senza un minimo di garanzia. Si preferisce, quindi, andare sul sicuro.

Esiste però un secondo più intricato e oscuro motivo: la diffidenza.

Una mancanza di prestigio che, secondo molti, soltanto una vera CE concede. Per questo avviene una bizzarra differenziazione: gli esordienti che pubblicano con una casa editrice sono quasi accettati, poiché qualcuno ha “scommesso” su di loro, mentre gli autori che si autopubblicano sono bollati come scarti, appartenenti alla categoria degli esclusi dal patinato mondo della letteratura, rei di non essere spronati da nessuna CE.

Il pensiero può essere riassunto dalla frase “ non li ha voluti nessuno quindi chissà come scrivono”.

Potrebbe esserci del vero in questa affermazione?

Forse.

Ma facciamoci ulteriori domande: è davvero la motivazione dell’esclusione delle CE il motivo per cui si intraprende la strada dell’autopubblicazione?

Se si cerca davvero di comprendere il mondo in cui ci muoviamo le spiegazioni non saranno mai univoche. E possiamo, pertanto, individuare tre fattori chiave che possono rendere più intellegibile la questione: i tempi lunghi dell’editoria, ritenere internet un valido modo di comunicare da poter sfruttare, la possibilità di maggior guadagno netto a fronte delle copie vendute.

Gli autori esordienti possono essere compresi grazie alla fiaba di Cenerentola: c’è chi diventa principessa e chi viene dimenticata. Ma questo fattore non si lega, sempre alla qualità dello scritto. Questo dipenderà da altri elementi che possono partire dal talento, alla capacità tecnica di esprimere il proprio pensiero, alla volontà di scrivere per comunicare. Pertanto potranno trovarsi tra il mucchio opere al limite dell’illeggibile, con errori grammaticali gravi (questo capita più di frequente se non si è supportati da una casa editrice che accompagna la stesura del testo a figure professionali adatte, come editor e correttori di bozze). Ma, altresì potranno esserci anche libri assolutamente godibili e ben scritti che, purtroppo, non riescono a ottenere una discreta visibilità.

E questo ulteriore ostacolo può essere facilmente spiegato con il dramma della promozione.

Per chi entra nel mondo letterario la promozione riveste una notevole importanza e occupa molto del tempo del nostro impavido autore. Ovviamente il “farsi conoscere” non riguarda soltanto chi decide di autopubblicarsi, ma anche chi non viene adeguatamente supportato da una casa editrice.

Quindi è un tema molto più complesso di quanto si pensi e sarebbe necessario un articolo a sé stante. Ma proviamo a tratteggiare delle linee fondamentali.

La qualità della promozione dipende innanzi tutto da quanto si è in grado di investire in termini di denaro e di tempo. Per gli eventi di presentazione del libro è necessario trovare il luogo adatto, uno di questi è la buona vecchia biblioteca che continua a offrire un discreto servizio con sale dedicate agli eventi letterari. Tutto questo a un prezzo accessibile.

Ma, se si vuole dare una sorta di atmosfera più retrò o più raffinata, o più professionale (è il caso del palazzo storico o una sala comunale, o anche , una affermata libreria) le cose cambiano, con un notevole aumento delle spesa. In più molti librai rifiutano l’impegno se l’editore è piccolo o inesistente.

E’ anche necessario strutturare l’evento: chi presenta, chi pone le domande, chi legge brani del libro. Molto spesso è tutto un fai-da-te; si cerca l’amico che si intende di libri e quello che si diletta in teatro, si studia tutto a tavolino onde evitare tempi morti, si cerca di pubblicizzare, come si può l’evento per mezzo di locandine o passaparola.

Insomma, un vero e proprio lavoro che coinvolge totalmente l’autore che si impegna in prima persona a “vendersi” accettando i rischi come i benefici. Complice l’inesperienza e l’anonimato i tentativi per creare un evento decente e un minimo coinvolgente possono essere molteplici fino a ottenere il tanto sospirato passaparola.

Chi si autopubblica utilizza anche i social.

È pur vero, infatti, che una diffusione sul territorio tramite eventi e letture pubbliche ha comunque un raggio di azione limitato, (a meno che non siate Creso, nel qual caso, beati voi).

Con i social tutto cambia, le distanze si azzerano. Ma, il dramma dei social, riguarda le strategie comunicative, che sono essenziali in un mondo interconnesso: né troppo né troppo poco, non stressanti ma comunque incisivi, non insistenti ma presenti, capaci di saper parlare del libro senza parlare del libro.

Insomma, un mestiere a parte.

Per quanto riguarda il margine di guadagno, (che varia considerevolmente fra chi si autopubblica e chi si appoggia a una casa editrice) la questione è meno confusa. Con una casa editrice i margini di guadagno per l’autore sono minimi, intorno al 5-/7% del prezzo di copertina, con il self si arriva anche al 50%. Ma, e qui sta il nodo, una casa editrice ha comunque più canali del singolo autore e la probabilità di acquisto copie potrebbe raddoppiare sensibilmente. Qualche copia verrà acquistata dai lettori.

Invece, la pubblicazione “Self” è molto più discontinua e perigliosa, e se il libro non decolla e sei isolato rispetto ai guru della scrittura, il guadagno rischia di essere pari a zero. E anche se non si vive di sola scrittura, per un’aspirante autore è importante, al di là dei giudizi personali, essere letto, avere il feedback con il lettore, trovare consensi e seguaci.

E adesso torniamo alla domanda iniziale. Consci delle mille difficoltà, di un cammino sempre in salita, perché esiliare, emarginare e isolare uno scrittore esordiente, a prescindere dal canale che sceglie?

E’ per caso il dio denaro?

Togliamoci dalla testa che l’editoria sia un mondo dorato.

Tutti sono oramai convinti che se una CE crede davvero in un libro lo deve o dovrebbe sostenere in tutti i percorsi, dalla stesura al lancio promozionale. Ma viviamo una crisi mondiale non indifferente che coinvolge ogni settore dell’economia e quel lancio, quella cura necessita di uno sforzo economico non indifferente.

Chi può permettersi tale impegno?

Sicuramente i grandi gruppi editoriali.

Ma le piccole e medie case editrici hanno risorse limitate, possono anche credere in un libro ma non avere i mezzi per promuoverlo.

Ecco perché l’autore esordiente a volte sembra dover muoversi in totale indipendenza, e solitudine.

L’autore esordiente, magari anche con in mano un buon prodotto, non ha la stessa visibilità di altri prodotti magari non di eccelsa qualità. Ma è pur vero che quei libri, contestati e contestabili, hanno la legittimazione di qualità dei grandi nomi.

Il buon libro e il libro che vende non sono la stessa cosa.

Dovrebbe, ma non è così.

Un libro può vendere tanto anche a dispetto della qualità, perché è scritto da un personaggio famoso, perché cavalca l’onda della moda del momento, perché, in fin dei conti, è quello che i lettori vogliono leggere.

Ne consegue che, forse essere autori esordienti non è per niente semplice.

Occorre avere una buona penna, una buona dose di capacità comunicativa, tempo a disposizione per creare contatti, e una somma da investire.

E forse neanche questo basta, perché in una realtà italiana, dove gli scrittori sono proporzionalmente più numerosi dei lettori, il rischio di rimanere nell’ombra è comunque alto.

La conclusione di quest’analisi?

Non esiste una strada migliore da percorrere. E’ un rischio.

E mi dispiace se involontariamente ho dettato sui vostri sogni cinismo e frustrazione. Vi chiedo venia.

Ma comprendere la realtà in modo il più possibile oggettivo, non è altro che il mezzo migliore per trovare una via alternativa, consci dei rischi, degli ostacoli e delle difficoltà.

Non è un mondo rose e fiori ma vi confermo l’unico, eterno dato certo: il talento. E’ su quello che dovete puntare, anche se spesso viene trascurato.

E il talento trascurato fa sempre male, o almeno ne fa a me.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...