“L’occhio sinistro di dio” di Massimiliano Zorzi, Le Mezzelane editrice. A cura di Alessandra Micheli

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Una volta finito il libro ho sentito la profonda esigenza di scrivere.

Credo di aver provato la stessa ansia di Zorzi, quando ha deciso di mettere per iscritto non solo la sua esperienza ma di fissare su carta cosa ha appreso durante il suo sofferto tragitto.

Un mondo dominato da una “morale” oscura, simbolo di come questa parola sia legata non solo ai tempi ( si parla infatti di morale vittoriana, di morale cristiana etc) ma alle esigenze della cultura dominante, quella che deciderà il significato di parole come onore, rispetto, giustizia e verità.

E cosi, non solo per rispetto al pregevole autore ma soprattutto per te mio lettore, mi unisco la coro intonato da Zorzi.

Per te noi ci impegniamo, tu che nei libri cerchi le risposte, cerchi un empatia profonda e cerchi forse il senso da dare alla tua vita.

E so che in questa faticosa cerca si possano incontrare prodi cavalieri, fate benevole ma anche maligne creature dell’oscurità.

E non di quella che reputo indispensabile e benevola, ma quella che implica l’assenza totale di luce.

E sappiamo benissimo sia noi scienziati che voi gente comune (ma come può essere comune l’uomo?) che senza la luce la vita non è possibile. Senza la luce non esisterono nemmeno ombre ma soltanto un vuoto assoluto.

Senza la luce che ci spinge a viaggiare nell’antro tenebroso di una caverna il cammino è infausto e senza senso.

Senza la luce non siamo altro che..nulla.

E non il nulla da cui tutto si crea, ma quello immobile.

E anche l’immobilità è assenza totale di vita.

So che molti cercano un significato profondo nella loro esperienza umana.

Altri cercano di trascenderla, di superare la mortalità orripilante, le fragilità, il sentirsi infinitesimamente piccoli.

Cercano di dominare, di manipolare la realtà attraverso la magia. Cercano la via per giungere alla conoscenza suprema.

Cercano e si scontrano con le voci seduttive dell’esoterismo.

Io vi dico non ascoltate quelle voci.

Esse sono soltanto lamenti di chi si sente privato della luminosità originari, dall’energia che tutto crea e tutto trasforma, quella in cui non esiste distruzione ma solo cambiamento.

Secondo i tanti troppi studiosi, ognuno sicuro di possedere la verità assoluta, esistono due vie per la conoscenza.

La destra intesa come sentiero positivo, e la via sinistra ossia la libertà istintuale senza controllo.

Vi troverete a essere dilaniati dagli adepti ossessionati di entrambi gli schieramenti come se foste su un campi di calcio.

Ognuno sicuro che sia una sola strada per raggiungere l’eterno.

Ma nessuno risponde a questa domanda: l’eterno vuole farsi raggiungere?

Ma soprattutto cos’è quest’eterno di cui tanto si blatera?

È dio?

Una forma di dio?

È il pensiero?

È la possibilità di realizzare i desideri senza limiti?

È la libertà assoluta al di la del bene e del male?

La via sinistra è Satana?

Tutte domande lecite, ma tutte poste nella modalità sbagliata poiché presuppongono una divisione che, nel campo spirituale cosi come in quello fisico non sono possibili.

Sapete che la vita non si può sezionare?

Se io estraggo un organo da un corpo esso non è affatto vivo. Se io tolgo una foglia da un albero essa si secca.

Se io prendo un pezzo di tronco non avrò mai l’intero albero.

Se io prendo una goccia di acqua non avrò ma il mare.

E cosi le emozioni umane.

Se io estraggo solo un elemento del mio composito cervello, non avrò altro che una visione parziale e morente dell’organismo vivente.

Ecco il vero segreto che possiamo noi mortali tenere tra le mani: vivente.

Vita.

E tutto ciò che è vita parla a noi attraverso la musica della scienza come: cooperazione.

Unione, monismo, complessità, struttura, interconnessione.

Il libro di Zorzi non fa altro che raccontare il tentativo dell’uomo di capire perché è sulla terra.

Di reagire alla cosiddetta morte, al dolore, al marciume.

Un po’ l’ansia del buon Leopardi che nella natura non vedeva altro che segni di decadimento: foglie marcite, insetti schiacciati e divorati. Fiori avvizzire in terra.

Eppure…la visione parziale, pessimista, ricca di frustrazione, incapace di cogliere le sfumature si scorda che dal imputridire della foglia si ottiene la terra su cui nuova vita germoglierà. Il fiore da il seme. L’Insetto morente nutre i piccoli usignoli che a loro volta nutriranno altri esseri…e cosi via nella meravigliosa catena chiamata esistenza.

Lo stesso Dio è soltanto un insegnamento di storia naturale: sai tu quanto figliano le camozze?

Conti tu i mesi del parto delle cerve?

È simile a un orologio permanentemente in grado si scandire i tempi di un infinito strabiliante ciclo.

Ma se la nostra visuale si limita a cogliere solo una parte del miracolo vita, ecco che tutto si appare ingiusto, orribile, frustrante, degno di una rabbiosa nemesi.

E quello che noi tentiamo di combattere diviene il nostro stesso carnefice.

Perché ogni volta che ci allontaniamo dalla rete di legami chiamato vita, diamo spazio a sotto esseri generati dalla nostra psiche relegati nelle regioni ctonie dell’io che distruggono.

Mutilano, Irrompono e divorano ogni nostra energia.

Il protagonista del libro non se ne accorge.

Ma diviene schiavo proprio di quelle entità che gli gnostici chiamavano eggregore.

Ossia insiemi incoerenti di emozioni non nominata, non amate, rifiutate che divorano e si nutrono appunto di energie.

In tutto il libro, si racconta anche se nascosto dal lato scenico della violenza, la parabola gnostica della caduta.

L’impiccato è l’uomo che perde il proprio dio.

Scende a terra e diviene la strada attraverso cui il demiurgo crea un mondo delirante, capace solo di spezzettare l’intero perfetto cosmo. E’ colui che rende il caos non l’elemento primigenio della creazione, ma realtà costante, immutabile dove nulla trova posto e nessuno trova pace. E cosi tutti coloro che si rivolgono alla parte sinistra di dio divengono solo marionette che credono nella brutalità come forza di espressione e rivincita.

Venerano la vendetta come unico mezzo per ristabilire onore e dignità all’uomo.

Nel libro, apparentemente, non c’è assolutamente gloria, onore, bellezza e gioia.

Ma solo vuoto.

Ecco io nella mia stupidità credo che Zorzi ci abbia mostrato in modo crudo e forse portato all’estremo cosa succede semplicemente quando si nutre il lupo feroce.

Tutto diviene preda.

Tutto è basato sulla legge del dominio e della contrapposizione.

Tutto ci porta a raggiungere l’acme di ogni emozione fino a esaurire le proprie forze e divenire pasto per arconti più spauriti di noi.

Perché ci perde se stesso, non ha più nulla.

Non è l’onore che ci rende uomini.

Forse neanche le scelte.

Forse neanche quell’illusione di riparare i torti.

E’ la presenza di quell’essenza che chiamiamo anima, che sovrasta la voce dei demoni e che ci spinge a dire no a ogni seduzione.

A piangere. E sopportare l’umiliazione.

Ma a dire no.

Nonostante le ferite, nonostante l’atrocità della perdita, n uomo vero sa dire no.

Guarda in faccia la tentazione e dice no.

Guarda in faccia il male la possibilità del male e dice no.

Perché cura le ferite con il sole, l’amore, la dolcezza, la nostalgia, la bellezza, il fruscio degli alberi e le lacrime.

Ecco cosa fa di noi uomini. La capacità di amare che plasma il nostro reale cosi come il nostro inconscio.

Allora il volto di dio cambia non esiste né destra ne sinistra.

Esiste solo immensità della vita che concede sempre seconde possibilità siamo noi troppo vigliacchi che ci nutriamo di sangue e macerie.

Che non sappiamo difendere i nostri figli perché non abbiamo un anima che ci sostiene.

Che pensiamo di cambiare il sistema abbracciando i mezzi usati da questa distorta organizzazione sociale.

E cosi anche l’esoterismo non divine altro che l’arma di quel sistema che fintamente vogliamo combattere.

Essere ibero significa semplicemente non avere catene.

Nessuno che ti impone come esserlo.

Nessuno che ti da strade, regole che non accarezzano la tua anima.

E’ la distanze dalla natura, dalla terra, persino dal regno animale.

E’ la mancanza di coscienza dei legami che ci uniscono tutti in una grande meravigliosa rete di interconnessioni.

Prendete il libro di Zorzi come monito.

E cercate non la via sinistra, non la destra, non la magia cerimoniale del caos e di cosa vi spacceranno di esoterico.

Trovate il vostro dentro e creata da soli, attraverso i sogni, la vostra strada.

Anche attraverso la perdita atroce e devastante.

Perchè nei tarocchi, l’impiccato è al tempo stesso l’uomo che, sacrificando la sua carnalità, i suoi bisogni, tutto se stesso è capace di modificare questo pazzo, oscuro disegno.

E’ colui che perde per poter riacquistare.

Colui che erra per poter imparare.

Colui che perde tutto per poter guadagnare qualcosa di nuovo.

E soltanto piangendo la strada perduta, scendendo in fondo all’abisso di perdizione, è possibile osservare le stelle e disegnare il proprio universo con costellazioni luccicanti.

Magari la vostra nuova strada non sarà tutta unicorni e arcobaleni.

Magari sarà ombrosa o luccicante come la città di smeraldo della buona Dorothy.

L’unica era magia è quella della vostra mente.

Disciplinatela.

L’unico vero Dio è il vostro cuore, non laceratelo.

 

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