Correre, viaggiare, trasportare…al servizio dell’uomo ci sono oggi motori e macchine di ogni sorta ma, fino all’inizio del secolo scorso, l’uomo disponeva di un meraviglioso e fedele compagno: il cavallo.
Esso è servito sin dal 4000 a.C. a sopperire con la sua forza, la pazienza e l’irruenza, al dominio dell’uomo sulla Terra per dissodarla, attraversarla e per conquistarla.
All’inizio dei tempi, i cavalli correvano liberi, organizzati in gruppi dominati da un capo branco che li guidava per i vasti pianori dell’America, dell’Europa e dell’Asia.
Durante il paleolitico l’uomo capì l’enorme importanza di utilizzare questi animali per trasportare, per lavorare i campi e per spostarsi più velocemente.
Dopo averlo addomesticato comprese che il cavallo era anche una formidabile arma da guerra; grazie ad esso si passò dagli imperi statici, come l’antico Egitto o il primo regno di Babilonia, a imperi in rapida espansione, come quello Ittita, Assiro e su su fino all’ultimo impero fondato sulla forza della cavalleria, quello di Napoleone.
L’introduzione della cavalleria nell’arte della guerra dell’antichità ebbe la stessa importanza dell’utilizzo delle armi da fuoco nel XIV secolo.
Come riuscì l’uomo a dominare il cavallo? Dapprima con una semplice corda poi, avendo capito che non poteva domarlo con un semplice legame al collo, adottò il morso, trovando che la bocca era la parte più sensibile e il suo punto debole.
Furono fatte così le “imboccature”, dapprima di semplice legno, poi di bronzo e in seguito di materiali più preziosi come l’oro dei morsi degli imperatori romani.
Il cavallo apparve sulla Terra nell’era Terziaria e, a questo proposito, sono stati scoperti in Argentina i resti del più antico equino del Sudamerica, predecessore del cavallo. Il ritrovamento è stato fatto da un gruppo di paleontologi argentini i quali, dai fossili ritrovati, (alcuni molari ben conservati di entrambi i lati della mandibola inferiore), hanno dedotto che l’antenato del cavallo non fosse più grande di un cane; dall’”Eohippus”, piccolo come un gatto, al cavallo moderno sono passati ben quaranta milioni di anni.
Fra i cavalli che contribuirono all’origine e alla diffusione delle razze odierne, conquistando l’area geografica più estesa, primeggiavano quelle orientali che vivevano in particolare nelle regioni temperate di Asia e Africa.
Tra queste vi è il famoso cavallo arabo, nobile razza snella, muscolosa, veloce e resistente.
L’origine della razza araba si fa risalire ai sette ceppi scelti, si dice, dal re d’Israele, Salomone 1. I cavalli europei derivano da questi, quando gli Arii originari dell’India, invasero lentamente dall’oriente il nostro continente.
Conviene rilevare la strana circostanza che, sebbene i fossili dei più antichi equidi si siano trovati nell’America nord occidentale, nel 1492, al tempo della scoperta dell’America, essa era completamente priva di cavalli. Cos’ era accaduto?
Diverse torme di cavalli, provenienti dalle steppe dell’Asia, erano passate in America attraverso lo stretto di Bering, che oggi divide i due continenti, ma che con l’ultima glaciazione era coperto di ghiacci eterni.
Questi branchi si erano temprati alle rigide temperature polari e poterono raggiungere le immense praterie dell’America settentrionale. In seguito per cause varie, (predatori, clima ostile, forse epidemie di qualche genere) essi diminuirono di numero fino a scomparire 2.
Quando i Conquistadores spagnoli sbarcarono in America, nel XV secolo, portarono con loro numerosi cavalli. Dopo di essi, anche inglesi, francesi, olandesi e danesi portarono molti cavalli i quali, con il passare degli anni, si liberarono dei loro padroni, perdendosi o fuggendo e si moltiplicarono, formando enormi branchi selvaggi. Questi furono in seguito domati dai nativi americani (i Pellirossa).
E’ così che i coloni che si avventuravano nel Selvaggio West trovarono di nuovo i cavalli e li credettero autoctoni.
La durata della vita del cavallo non oltrepassa i trent’anni, tuttavia questo tempo è sufficiente per creare un attaccamento molto forte con il suo cavaliere; molti esempi si potrebbero citare, nella storia, d’unione affettiva tra il cavaliere e il suo destriero.
Nell’Iliade di Omero i cavalli di Achille, Xanto e Balio piangono la morte del suo amico Patroclo e infine ammoniscono così lo stesso eroe:
«Oggi ti abbiamo salvato portandoti fuori della mischia, impetuoso Achille, ma bada che il giorno della tua morte è prossimo.» 3
Altrettanto amore correva tra Alessandro Magno e il suo destriero Bucéfalo , che nessuno riusciva a cavalcare. Alessandro lo aveva domato a quattordici anni, riuscendoci solo tenendolo girato verso il sole, così che non potesse vedere l’ombra del suo cavaliere.
Con lui conquistò il vasto Impero Persiano, dall’Europa all’India. Dedicò a Bucéfalo perfino una delle numerose città da lui fondate, Bucephalia (oggi Shelum in Pakistan), a ricordo di un affetto leggendario.
Nell’Evo Antico, il cavallo ebbe un importante ruolo per tutti le civiltà succedutesi nel corso dei secoli.
Una delle principali cause della caduta dell’Impero Romano fu la superiorità delle orde barbariche: l’invincibile fanteria romana venne, infatti, spazzata via dalla poderosa cavalleria dei vari eserciti invasori che poterono così dominare l’Europa per più di un millennio.
Gli Arabi, grazie all’irresistibile energia della loro cavalleria formata dai migliori purosangue che la razza equina avesse mai prodotto, conquistarono in meno di cento anni un territorio vastissimo, che andava dall’oceano Atlantico all’India.
Un discorso a parte si deve fare per la razza del cavallo dell’Asia orientale: talmente duro, tozzo, resistente al freddo e alla fatica che fece la fortuna di uno sterminato e crudele dominio quale quello mongolo di Gengis Khan prima e di Tamerlano poi. Il cavallo mongolo era tutt’uno col suo cavaliere che trascorreva tutta la vita in groppa al suo destriero.
Nel Medioevo durante il Feudalesimo, il soldato europeo si coprì di un’armatura quasi impenetrabile e anche al cavallo fu forgiata una corazza analoga che lo proteggesse dai colpi mortali dei nemici. L’armatura del cavaliere era così pesante che esso doveva venir issato sulla sella con una carrucola e se nella battaglia il cavallo cadeva, l’uomo era perduto: sia il destriero che il suo padrone venivano poi finiti con un pugnale detto, per questo, “Misericordia”.
Le massicce razze equine europee, convenientemente spronate, potevano essere spinte al galoppo ma non potevano competere con i veloci e leggeri cavalli asiatici ed africani. Il povero cavallo europeo doveva sopportare sulla sua groppa, un peso fino a quattro quintali; lanciato in avanti aveva una formidabile potenza di sfondamento e poteva essere paragonato a una vera e propria locomotiva vivente.
Con l’invenzione delle armi da fuoco, il ruolo della cavalleria scemò lentamente e nonostante alcuni sprazzi di gloria, (chi non ricorda le cariche del 7° Cavalleggeri che salva la carovana dei cowboy dagli indiani scatenati?), dalla “Belle Epoque” (1870-1914), essa sparì quasi completamente dagli eserciti di tutto il mondo.
Prima di sparire, la cavalleria compì un’ultima azione memorabile durante la Seconda Guerra Mondiale: è stata la carica della cavalleria italiana di Isbuscensky, nel 1942 in Russia, a scrivere la sua ultima pagina di gloria.
Bisogna ricordare che vi sono tanti nomi per altrettanti usi dei cavalli: il “destriero”, grande cavallo da guerra; il “corsiero”, cavallo da lancia per i tornei che si tenevano nelle Corti europee nel Medioevo e per le moderne corse ippiche; il “palafreno”, cavallo da viaggio per l’andatura comoda; l’umile “ronzino”4 usato come bestia da soma e infine il “cortaldo” che portava l’equipaggiamento dei fanti e al quale venivano mozzate le orecchie e la coda, per riconoscerlo facilmente qualora fosse venuta la voglia, a un altro fante, di impadronirsene.
L’amore dell’uomo per il cavallo ha portato i popoli a raffigurarlo spesso come simbolo dell’orgoglio della Nazione: su affreschi, sui vasi, scolpito o posto su aste, dipinto su stemmi araldici e bandiere5. Etruschi, greci, romani fino ai moderni Stati della Terra, tutti l’hanno portato a simbolo di potenza militare.
Quando non serviva per scopi bellici, il cavallo era utilizzato per parate o svago.
Oggi è usato unicamente per lo sport. L’Ippica nei tempi moderni si è talmente diffusa che è universalmente praticata: trotto, galoppo e quant’altro sono diventati sport olimpici e gli italiani, in particolare, sono stati eccellenti fantini, facendo man bassa di medaglie. Come tacere, infatti, dei fratelli D’Inzeo che, nella seconda metà del Novecento, fecero di ogni gara una splendida vittoria?
C’è da aggiungere, a conclusione di questa breve memoria sul cavallo, che ci sono anche coloro che …“se lo mangiano”! Fortunatamente oggigiorno non è una pratica molto diffusa, così che le povere bestie possono tirare un “nitrito” di sollievo.
Note
1 Bibbia, Re, I, 26.
2 Analoga evoluzione ebbe il cammello, che in origine non era animale dei deserti subtropicali, bensì delle zone fredde dell’America del nord.
3 Iliade, XIX, 324 e segg.
4 Ricordate il celebre cavallo di Don Chisciotte, “Ronzinante”?
5Ancora oggi la Renania e la Sassonia hanno raffigurato nella bandiera un cavallo.
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L’autore ha pubblicato una “Trilogia delle Streghe” e “Ramesse XI”.