Spesso mi chiedo cosa mi cattura in un libro.
Lasciamo da parte le mie dotte disquisizioni.
E’ vero ritengo ogni composizione nata dalla mente umana, un opera d’arte da coccolare.
Ritengo ogni libro un dono da accarezzare e raccontare a voi, lodando il solo fatto che esso sia stato prodotto da un atto di volontà capace di andare oltre il semplice reale.
Ma a conti fatti, dietro queste affermazioni intellettuali, indago sempre su cosa davvero mi spinge a leggere e a recensire.
Non è tanto il raccontarvi di me, quello accade mentre le parole mi penetrano sotto la pelle, del perché qualcosa, una chiave, ha aperto una stanza strana e segreta dentro il mio cuore.
Capita quasi sempre, che sia una stanza ricca di sole o una oscura.
Che sia bella o brutta.
Ma la domanda resta: cosa fa diventare un libro una chiave?
Leggendo Tania che ho conosciuto, abbracciato attraverso il suo scritto, forse ho finalmente capito.
Il segreto del testo è appartenere alla stessa sostanza di cui è fatta la tua anima.
E’ un riconoscersi.
E’ essere sorelle e complici, progenia di uno stesso mondo.
E’ rivedersi in quei deliri che i più considerano assurdi e pericolosi per la stabilità mentale.
Io e Tania ci siamo sicuramente conosciute in quella dimensione bizzarra che visito quando la vita mi ferisce, quando il dolore mi cerca e io mi sento fragile per aprirgli la porta.
Quando la bianca signora decide di donarmi la sua presenza indesiderata.
Quando un illusione scoppia infrangendosi sullo scoglio dei non più, non devi, non avrai mai.
Allora mi avvio lungo il fiume dei pensieri, inabissandomi per raggiungere la grotta che vive e respira nel fiume sotto il fiume.
Tania corre in quei prati, privi di una reale forza di gravità, prati di colori strambi, abitati da assurde particolari creature.
Leggerla significa riconoscere il mio volto, quello che va oltre le definizioni mortali dei lineamenti, come se un occhio indiscreto avesse spiato ogni linea che compone il mio percorso onirico, come se qualcuno conoscesse i miei pazzi amici.
Quelli con cui prendere il te in un pomeriggio assolato, quelli con cui iniziare un ballo tondo, quelli con cui confidare i pensieri che prendono forma burlandosi delle regole della logica.
I suoi sogni collegati alla smorfia napoletana, in fondo raccontano molto di me.
Dei miei deliri solitari, dei miei viaggi folli, dei miei incontri e dei miei ideali.
Del mio consultare i tarocchi, da cui la stessa smorfia deriva, solo perchè loro mi raccontano storie. Di principesse e di draghi, di papi che amano le fate e di papesse che amano fauni.
Assurdo ma vero.
Noi abbiamo passeggiato in quelle strade buie sfuggendo a quelle possessioni che ci rendono solo contenitori vuoti.
Abbiamo avuto le stesse prove, magari accompagnate io da uno insolito gatto del Cheshire, lei da uno strano essere che chiama cancavello. Abbiamo bussato alle porte e imparato sanguinando emozioni, con superando il rigoroso limite del sensato, la compassione.
Abbiamo visto vampiri farsi fregare per amore e bambine inquietanti accompagnarci in aereo, troppo arrabbiate per andare incontro alla luce. Abbiamo avuto lo stesso stordimento di chi affoga ogni malessere nei vizi.
E abbiamo avuto le stesse brutali visioni.
Il mondo che ci unisce è qualcosa che a voi, miseri mortali attaccati alla materia sfugge, un mondo colorato, cacofonico forse, ma profondamente autentico.
Un mondo di magia e poesia, di canti e inni alla luna, di orrori e meraviglie.
Il mondo che rivive nel suo libro con i suoi arcani numeri a fare da colonna sonora a questo nostro strano viaggio, spesso lontano da tutti, spesso tacciate di essere troppo aliene per essere comprese.
Spesso tacciate di crudeltà inimmaginabili dietro quegli occhi che sono la mondo ma non fanno parte del mondo, con un sorriso enigmatico sulle labbra, troppo lontano da comprendere.
Un sorriso rivolto a chissà quali figure.
Lei poetessa e menestrello che in questa serata cosi particolare ha intonato per me, solo per me, le sue strane nenie, suadenti ammalianti e cosi familiari.
Una musica che vuole raccontarmi un segreto che mi farebbe dormire e allontanarmi per sempre da questo universo che non è il mio e che non è il suo.
E cosi non è solo un libro quello che ho avuto tra le mani.
E’ stato l’occhiolino di una sorella che come me nasconde qualcosa di eccentrico sotto i vesti moderni, magari è una coda di lupa, occhi gialli di falco o orecchie appuntite che fanno capolino dalle capigliature alla moda.
Allora cosa posso dirvi mai di un libro che è la mia, la sua anima?
Se vi accosterete fatelo con riverenza e rispetto.
Quelle anime sono fragili come cristalli e come quelle meravigliose sfere incantate che tanto mi affascinavano da bambina, contengono un mondo. E quel mondo è il dono che voi dovete apprezzare.
Non il contenuto non la trama, non il significato, ma il fatto che esistano occhi capaci di scorgere tra i veli e raccontarvi in simboli meraviglie inenarrabili.
Perché in fondo ai menestrelli non interessa la gloria e l’ammirazione
Che me frega se nessuno sente,
Tanto non lo suono mica per la gente…
Suono per me solo,
suono per le stelle.
Roberto Vecchioni
***
Per la piccola Matilde,
che avrà la stessa fortuna che ho avuto io
quella di una madre
che sa regalare un mondo incantato alla propria figlia.