“Il maestro di Auschwitz” di Otto B. Kraus, Newton e Compton editori. A cura di Alessandra Micheli

Otto B Kraus-Il maestro di Auschwitz

 

Quando ho appreso, con orrore che attorno a me esistono persone, esseri umani dotati di raziocinio e cuore, che ancora negano l’olocausto, la mia rabbia è scoppiata.

Questo mi ha portato a scrivere e riscrivere più volte questa recensione, ogni volta con un emozione diversa.

Ogni volta con un disgusto che rendeva impossibile il respiro.

Ma ho compreso come la rabbia,anche se lecita, naturale e normale, non poteva essere usata per il maestro di Auschwitz.

E’ una pagina di storia troppo ricca di un odio viscerale, dato dall’incapacità congenita di un essere animale di sentirsi uomo.

Siamo stati tante cose.

Ma mai davvero uomini.

E cosi ho lasciato che le mille emozioni si sfogassero, fino a che guardando dalla finestra quel sole che irrompe sui tetti di una orma addormentata, alle prime luci del mattino, la compassione è stata l’unica sensazione che ha avvolto il mio cuore.

E allora ho capito che avrei potuto scrivere.

Piangendo e sentendo lo stesso dolore di un dio che ha visto l’umo trasformasti in bestia, denigrando il bellissimo salmo che lo voleva più importante di stelle e angeli, ho potuto ascoltare quei sussurri.

Sapete?

Sono convinta che nel vento, in ogni suo fruscio tra alberi, erba e strade, ci sia la voce di tanti bambini bruciati nel cammino. Perché è quello che è accaduto. Il fuoco purificatore è un simpatico mezzo per cercare di spegnere un senso di colpa strano, di chi non si è mai sentito speciale, di chi era annoiato da quella vita che riteneva poco speciale e tanto, troppo banale.

Come se il fatto stesso di respirare, di amare, di piangere e sognare, fosse davvero cosa banale.

Come se avessimo sempre bisogno di qualcosa di più, che sorpassi i limiti imposti dal vivere in armonia, che ci porti all’acme di ogni sensazione.

Quella brama di divorare tutto, di correre senza osservare il regno che ci circonda, in cerca di una rivincita verso non si sa bene cosa. Dividere il mondo in buoni e cattivi, in utili o inutili, in inferiori e superiori è il patetico tentativo di un agglomerato di cellule di sentirsi finalmente persona. Ma non una persona qualunque, un supereroe, un superuomo, un eletto un prescelto. Qualcosa che va oltre la sciocca moralità e i confini stabiliti da chi poi.

Un dio?

E che dio è se non ci accoglie tra la grande Enneade di dei?

Che dio è in quel suo folle crearci, donarci un respiro di eternità e poi relegarci quaggiù, tra difficoltà, dolori e sofferenze?

Dove stanno i troni d’oro circondati da cherubini? I

o uomo, fatto a somiglianza di dio, non posso stare in mezzo al fango. E se sono nel fango la responsabilità è di qualcuno, un demiurgo crudele che si nasconde sotto le vesti di qualcuno.

E chi meglio del popolo eletto?

Colui che in fondo porta qualcosa di particolare di unico al mondo?

I comandamenti ad esempio.

Che limitano la nostra super-volontà.

Che ci danno regole morali etiche. Che hanno sfidato i confini oscuri dell’io violandoli, o i confini dell’universo togliendola alla sua segretezza, svelando come esso non sia altro che composto da mille altri universi, da un infinito che trascende persino dio. Un popolo o una religione che ci poneva come servi, noi che siamo nati per comandare su tutto! Ma la bibbia ci diceva che noi eravamo servi ossia custodi di un grande immenso parco giochi, educativo e sopratutto foriero di esperienze.

Perché noi siamo in fondo bambini capricciosi, bambini viziati, bambini che vogliono tutto e subito senza conoscerne il valore.

O forse siamo peggio di loro.

Perché il bambino guarda il mondo come una scoperta, vivendo nell’attimo, vivendo qua e ora, godendo di ogni carezza, di ogni raggio di sole senza chiedere di più. Ecco perché il maestro di Auschwitz nell’orrore di tanti libri che non permettono a noi di dimenticare e al marcio di mentire, rappresenta qualcosa di diversivo. In un mondo totalmente rovesciato, senza posto per dignità e rispetto, per gioa e speranza il blocco 31, seppur nelle sue abominevoli motivazioni preservava il cuore del futuro.

Un futuro che un coglione con i baffetti tentava di toglierci, perché lui non riusciva a vederlo, troppo offuscato dai suoi deliri e dalle sue frustrazioni.

E ogni volta che qualcuno dirà non è mai successo, renderà lui stesso il posto del coglione che vuole convincerci che il cielo non è blu perché lui non può vederlo.

Che non esiste la fratellanza perché lui non riesce a comunicare con l’altro.

Che non esiste la bellezza perché non riesce a andare oltre i canoni stabiliti da una sciocca società, che rinnega ma di cui fa parte, perché se non facesse parte di quel sistema, non si sentirebbe escluso.

Non gli fregherebbe nulla dei sui sciocchi dettami insensati e insulsi. Da uno che siccome è stato preso in giro da piccolo, denigrato e vilipeso, pensa di rifarsi denigrando e ripagando con la stessa moneta l’altro. Capite in che mondo assurdo viviamo?

Chi ha subito una perdita e conosce l’enormità del dolore che essa preoccupare a sa che è ingiusta, non si vendica, ma adopera tutto se stesso perché essa non compaia più sulla pelle di nessuno. E cosi in barca al coglione, il blocco 31 nato per ingannare il mondo, e distoglierlo dalla bocca dell’abisso, diventò canto di speranza, quella che ancora oggi tocca le anime degli uomini.

Li fa piangere li fa alzare la testa e dire no. Non capiterà ancora che un uomo diventi fertilizzante per i campi, costringendoci a mangiare un pane insanguinato.

No.

Nessun uomo sarà mai più privato della sua dignità e spersonalizzato della sua umanità. Nessun uomo rimarrà nel ghetto del concetto, prima che in quello fisico. Nessuno sarà schiavo dello stereotipo. E nessun bambino dovrà mai perdere i suoi sogni.

Ne assistere alla degradazione umana che rende i fratelli carnefici e vittime. E quando qualcuno prenderà il posto del coglione con i baffi, andremo uniti e compatti a togliergli la corona.

E se quel re non scenderà dal trono… beh allora lo annienteremo con sogni e risate.

Note

Si ho scritto coglione.

E non è politica ma umanità.

E se qualcuno di voi obietterà che non è politicamente corretto, chi negherà che il nazismo fu il frutto di una mente malata di un coglione allora è perduto per sempre.

E allora non so se avrà il coraggio di guardarsi allo specchio, perché non ci sarà un Dorian Grey a abbrutirsi al posto suo.

Autore: Alessandra Micheli

Saggista per passione, affronto nei miei saggi e articoli ogni argomento inerente a quella splendida e misteriosa creatura chiamata uomo, cosi amata dall'energia creatrice: "che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato" Salmo otto

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