Una nuova fatica letteraria per una penna ammantata di poesia “Noi e null’altro” Di Luisa di Stefano. Da non perdere!

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Noi  e null’altro è il nuovo libro di Luisa di Stefano. Una raccolta poietica con l’intento di rimettersi in gioco diversificando la scrittura, donandole una voce quasi musicale. Ecco che la nuove veste creativa continua un progetto iniziato con Anime Gemelle e proseguito con Per dirsi ti amo, e che qua trova il suo massimo compimento.

L’amore si racconta, l’amore traspare e si inerpica attraverso le parole e arriva dritto all’anima.

Dati libro. 
Titolo: Noi e null’Altro
Autrice: Luisa Distefano
Editore: Self Publishing
Data di Pubblicazione: 17 Gennaio 2020
Genere: Poesie
Pagine: 65
Prezzo:
e – Book 0,99€
Cartaceo. 4,99€
Kindle Unlimited Gratis
Disponibilità: Amazon

Il blog è lieto di presentare “Il senso di un’ombra “di Jay Manari. Da non perdere!

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«Vuoi sapere perché una delle mie stranezze è proprio la totale assenza di peso? Perché sono “Leggerezza”? Ecco… la Felicità, anche se non sembra, è pesante e proprio per questo, per trasmetterla, bisogna essere leggeri come l’aria! Solo così, infatti, ognuno può serenamente avvicinarsi al peso della propria Felicità. Questo è il motivo per cui esisto. Un adulto direbbe: «Ah, è il tuo lavoro!» e uno dei miei piccoli seguaci risponderebbe canticchiando: «È un gioco, è il gioco di Peter!». Il gioco della Felicità […]».

 

Jay Manari ci fa conoscere le rocambolesche abilità di Peter, acrobata al Neverland Circus, diretto da Spugna al servizio del ricchissimo pubblicitario Sir James Hook. Un personaggio in bilico, non solo per la sua occupazione, ma anche per quello che rappresenta: un’anima votata all’eterna gioventù sempre in fuga, in un mondo che “non c’è”. Una narrazione ispirata all’opera di James Barrie che unisce l’evasione della fiaba al resoconto sofferto di chi ha potuto seguire la genesi di una creazione artistica che ha accompagnato – e continuerà ad accompagnare – intere generazioni.  Inquietudine e leggerezza, in un romanzo “dedicato a tutti quei bambini maggiorenni che conoscono la differenza fra crescere e invecchiare.

***

Un libro nel libro nel teatro: Il senso di un’ombra è liberamente ispirato all’opera teatrale “Peter Pan, il bambino che non voleva crescere” dello scrittore scozzese James Matthew Barrie. Questo significa molte cose, forse troppe, poste in un equilibrio mirabolante, perfetto, che fa saltare il fiato dal petto alla gola, proprio come fa un’acrobata sul filo. Peter Pan è tante cose: l’infanzia scandita da storie fantastiche, i sogni prima di addormentarsi, la crescita che non si accetta, la fuga da quest’ultima, l’assenza di peso, dimensione, ombra, gravità; una leggerezza che significa ritirarsi in un mondo immaginifico, così da non perdere mai quello slancio vitale, lo stesso, forse, che fa spiccare il volo. Nella vita comune questo può essere tradotto nell’attitudine a un vago sentore di giovialità che non è superficialità, ma piuttosto una ricerca incessante di questa bramata gioventù che non segue l’età biologica, bensì esiste in ognuno di noi ed è costituita dal bagaglio emotivo, fatto di secondi, ere, minuti, decenni, chi lo sa. Un’età incalcolabile, che non segue gli step canonici: non c’è un’infanzia che diventa adolescenza e poi giovinezza ed età adulta, ma un magma che si espande lento e scottante, che oltrepassa i confini generazionali e diventa uno stato generale e perpetuo; tutto questo diventa poi un’arte fine e infinitesima, ovvero riuscire a entrare nel surreale, tanto da conoscersi in meandri mai battuti, inconsci, estranei quasi. Il sorriso, il volo oltre le nuvole, la spensieratezza diventano così lo strumento per affrontare il proprio ospite inquietante, una presenza a volte scomoda che però ci permette di interpretare quella stessa “leggerezza” – la giovinezza – come un filtro attraverso cui guardare il mondo, viverlo, appassionarsi per riconoscere, nelle pulsioni più genuine, il senso della nostra identità, e così accendere un lumino, poi un faro sulle oscurità altrui. Parole che servono, tramite un’opera indimenticabile come quella di Peter Pan, a far emergere la natura pedagogica del testo, ed essere così anche d’esempio per una lettura non solo giovane, ma che certamente si può definire di formazione.  Jay fa tutto questo, e le immagini presenti nel testo creano un mondo trasversale che si ricollega alla natura molteplice e sconfinata delle arti, di quanto queste possano stringersi in un afflato che rinsalda il nostro più profondo sentire. Le immagini sono fantasia, ma possono anche essere diapositive, fotografie, fotogrammi, frame. Sogni? Sì, anche. E così l’artista che ce le dona si fa genitore delle nostre fantasticherie, del nostro mezzo interpretativo: lui acrobata e anche noi, oscilliamo su queste emozioni che si vedono, si sentono e si toccano con la speranza che possano rimanere eterne.

 

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TRAMA. Scrittore talentuoso e squattrinato, Peter lavora come acrobata al Neverland Circus, gestito dal capo clown, il signor Spugna, a sua volta alle dipendenze del pubblicitario plurimiliardario Sir James Hook, meglio noto come Uncino, ora marito di Wendy. Narrato attraverso gli occhi della prima attrice che abbia mai interpretato Peter Pan, Il Senso di un’ombra svela i lati più oscuri della sceneggiatura originale dell’autore scozzese James Barrie, approfondendo la natura del suo vero finale, molto spesso censurato sia dalle produzioni cinematografiche che da quelle teatrali, mettendo in luce i drastici cambiamenti avvenuti poco prima del suo celebre debutto al Teatro Duke York il 28 dicembre 1904. 

 

BIOGRAFIA. Regia. Scrittura. Pittura. Queste le arti predilette da Jay Manari, giovane artista indipendente che dal 2014 lavora per produzioni di film, promo, serie TV e video musicali tra l’Italia e gli Stati Uniti.  Nel 2014, ha fondato ManarìFilmArts Productions, una nascente casa di produzione e post produzione video, attualmente dedita alla pre-produzione di Feelings In The Shadow, la versione cinematografica de Il senso di un’ombra.  Da gennaio 2018, Jay lavora come Direttore Artistico e Video Content Creator per MiraBan LTD, una poliedrica Società di Arte e Intrattenimento londinese.  Da settembre 2019, vive a Cardiff, dedicandosi al potenziamento del proprio stile registico, così da far risorgere l’Italia quale sostenitrice partecipe e internazionale della Settima Arte e non solo come suo set cinematografico o musa inspiratrice.

 

 Dati libro 

Titolo: Il senso di un’ombra

Autore: Jay Manari

Genere: Racconto – Fantasy – Letteratura per ragazzi

Casa Editrice: Gruppo Albatros Editore

Pagine: 102

Prezzo: 13,90 €

Codice ISBN: 978-88-306-1155-9

 

 

“La trasparenza del camaleonte” di Anita Pulvirenti, DeA Planeta editore. A cura di Alessandra Micheli

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La trasparenza del camaleonte non è un libro facile, ne immediato. Eppure di una bellezza abbagliante.

Forse è il tema trattato che tocca profondamente l’anima, forse è perché in fondo, mette a nudo la verità dietro la nostra presunta e millantata normalità: aveva ragione Pirandello, recitiamo tutti a soggetto.

Ognuno di noi indossa maschere per poter essere accettato da quella invisibile giuria che comanda la cosiddetta società civile.

Che dall’alto ci impone regole di buon vivere, di cortesia e di interazione.

Bisogna sorridere al momento giusto, persino alle battute che non capiamo perché distanti dal nostro mondo interiore.

La differenza tra noi e una persona con una vera diversità è che il nostro mondo interiore noi lo impacchettiamo e con un bel fiocco lo nascondiamo in un cassetto.

Che per abitudine rimane chiuso.

E cosi costringiamo il nostro io assetato di altro a scendere in strada e immergersi felici nel mondo che va di fretta.

In fondo, ognuno di noi ha la sua parte, chi da protagonista chi da comparsa.

Convinti come siamo che alcuni ci credono fermamente e per non sfigurare alziamo il tono della voce e ci apprestiamo a eguagliare in perfezione la finta recita.

Carminia a differenza è incapace proprio di adeguarsi a questo strano ballo.

Lei ha una sindrome precisa, che rende le sue abitudini importanti. Indispensabili.

E che rende l’altro impaurito nell’osservarla, forse proprio perché rivediamo in lei qualcosa che dobbiamo negare a noi stessi.

Siamo tutti autistici quindi?

Forse.

In un certo modo l’essere umano è davvero alieno al mondo civile.

E alieno non perché non riesce a riconoscere le regola del buon vivere, ma perché il cervello non è preparato a crederle vere.

In un certo senso pur nelle enormi difficoltà alla socializzazione, un autistico è molto più vero del cosiddetto normale.

E forse siamo noi a considerarlo malato, perché diverso, perché non riusciamo a capirlo.

Non possiamo capirlo.

Non possiamo non vedere nelle loro ossessioni, nella loro abitudinaria stabilità qualcosa che ci tranquillizza.

Il ripetere di gesti, quell’essere lontani dall’interpretare i cosiddetti codici societari, è il simbolo dell’incapacità a adeguarsi alla legge della maggioranza.

Se chiedete a qualcuno cos’è la normalità oltre a una sequela di non si fa e non si deve non sa spiegarlo.

Normale è chi non vive di fantasia.

Normale è chi affronta il rischio.

Chi accetta la comunicazione anche qualora essa sia assurda e più folle delle immaginazioni che divengono reali.

Per tanto troppo tempo il diverso è stato curato.

E’ stato schedato.

E’ stato guardato con sospetto.

Carminia in fondo è più civile di noi.

Rispetta gli altri anche se non li capisce.

Vuole stare sola e cerca di restare fedele a se stessa.

Siamo noi i violenti nell’invadere il suo spazio, senza sapere perché Carminia non vuole vestirsi come noi, non vuole ridere come noi, sedersi in mensa o interpretare il ruolo della donna di mondo.

Siamo noi a dirle anormale solo per la sua mania di pulizia, per quel suo leggere solo una frase di un libro.

A me capita quando una musica mi parla, quando il suo ritmo disseta la mai mente, e capita di sentirla e risentirla più volte, addirittura per mesi interi.

Ci sono cosi canzoni che rassicurano la mia anima in subbuglio, asciugano le lacrime.

Eppure il mondo ci dice che dobbiamo sperimentare, riempire di parole anche inutili i silenzi, che dobbiamo vivere nel disordine. Dobbiamo.

Questa è la società che cerchiamo, che vogliamo difendere a scapito di persone speciali come Carminia.

Che per anni si è sentita frustrata, perché incapace di essere come gli altri.

Perché non rispettava la volontà altrui, le aspettative e non seguiva il dogma vigente.

Carminia era la sbagliata in un mondo omologato.

E cosi ha imparato a recitare per restare a galla.

E viene definita anormale.

Perché non facciamo lo stesso?

Alzi la mano chi di voi a volte non sente il peso del dover fare, del dover essere, del doversi vestire, del dover ridere.

A diciotto anni io odiavo uscire ma per essere accettata mi costringevo a lunghe sessioni nei pub, perché era cosi che rendeva un’adolescente normale.

Magari io sarei stata ore sul divano a leggere o sognare, o parlare con i miei amati personaggi di carta.

Per anni ho dovuto mentire sulla mia natura profonda, sulle mie credenze religiose, sui miei passatempi.

Per anni io sono uscita e truccata come si conveniva e ho sorriso, riso e finto di interessarmi ai discorsi altrui, alle banalità.

Per anni io, che non ho la stessa sindrome di Carmina (almeno a cosa so) mi sono sentita frustrata nel dover assecondare ciò che era consono al mio essere donna, cittadina, figlia amica, sorella.

Ho indossato le gonne nascondendo la mia coda di lupa, e dovuto soffocare i sogni di libertà che mi spingevano a buttare in aria ogni convenzione e correre libera.

Oggi a quarantanni sono finalmente riuscita ad accettare che, forse, io sono solo Alessandra.

Con le mie fobie, con i miei valori, con quel mio modo brusco di essere, con quella non voglia di socievolezza, con il mio bagaglio di sogni, con i miei anfibi sotto le gonne di tulle.

Sono io, come Carminia è Carminia, né sbagliata, ne perfetta.

Siamo noi che magari leggiamo solo una pagina di un libro, o ascoltiamo per ore, giorni, anni la stressa musica, perché si.

Siamo noi che ordiniamo lo stesso piatto da anni senza l’ansia di dover cambiare.

Tanto cambiamo lo stesso, che ci impegniamo o no.

Senza lo stress di riempire i vuoti correndo senza più aver respiro, riempendo il tempo con mille progetti ,mille impegni, in barba a una sana noia di cui abbiamo terrore.

Riempire i silenzi con voci e cacofonia.

Noi siamo cosi.

Strani, imperfetti, alieni, sognatori, folli, assurdi ma felici.

Nonostante tutti i giudizi alla fine l’unica vera strada possibile è fare ciò che desideriamo.

Accettarci per quello che siamo a prescindere dal giudizio altrui. Ora dopo aver letto la trasparenza del camaleonte ho capito perché ho amato la strana canzone di vecchioni Il violinista sul tetto: io sono fieramente folle di suonare, scrivere, leggere solo per le stelle.

Non per gloria successo, approvazione ammirazione.

Io sono cosi e ringrazio Carminia che oggi è seduta accanto a me.

Ha strane abitudini e legge sempre la stessa riga di un libro.

Ma è la migliore amica che io abbia mai avuto.

Spero diventi la vostra.