Di Islam se ne parla tanto, a volte troppo, a volte a sproposito.
Oggi è visto come il nemico, colui che minaccia la nostra democrazia, colui che si accompagna sempre all’oscurantismo.
Religione retrograda è la parola meno offensiva.
Complice una recrudescenza dell’elemento conservatore che lo rende agguerrito e arrabbiato contro un occidente che ha mostrato a tutti il suo peggior volto.
Allora, quando ogni promessa di benessere si scontra contro la finalità cosciente, quasi ogni cultura, ogni civiltà si rivolge al passato, epurando ogni influenza esterna.
Ma come si può raccontare un popolo eliminando i suoi fratelli?
Come si può separare una religione dal suo contesto e dal sacro?
E’ quello che è successo alla nostra nei secoli bui del cinquecento e del seicento, togliendo la parte chiamata erroneamente esoterica.
E rendendolo cosi fragile da essere usato come spada per porre Dio al nostro servizio, al servizio delle nostre ossessioni.
E osi non potremmo mai parlare davvero di niente perché le informazioni sono e saranno sempre parziali e manipolate.
Oggi noi consideriamo islam e regressione figli di una stessa moneta sporca di sangue.
Consideriamo il monoteismo, quello degli altri però mai il nostro, solo uno strumento di oppressione, liberticida e profondamente alieno dai diritti umani.
Che all’interno di ogni religione esista una parte capace di opporsi all’innovazione e al cambiamento delle prospettive umane, è vero.
Se la religione e è ciò che ci lega al cosmo, governato da un entità regolatrice e ultraterrena è pur vero che è nella natura di questo legame, che si innestano le nostre percezioni.
Dio è in alto, intento a regolare le interazioni tra lui e l’uomo, tra i singoli meccanismi di una creazione che è un vero e proprio organismo vivente. E lo fa servendosi di numeri e relazioni matematiche.
Lo fa usando il suono, il famoso verbo che noi raccontiamo nelle preghiere.
Avete mai notato come salmi e persino sure hanno un tono cantilenante capace di trasportarti altrove?
Capaci di farci immaginare altro?
Questo è il vero potere della preghiera.
Ecco che sta a noi decidere la natura profonda di quel misterioso legame. C’è chi lo riempie di consuetudini e di tradizioni e chi di sacro. Ovviamente, chi usa il secondo riempimento non può non essere legato alla terra, alle ossessioni e alle paure.
Le convenzioni, infatti nascono dalla nostra incapacità di lasciarci andare al flusso della vita.
Sono confini, sono parole che imprigionano un flusso altrimenti libero e ribelle.
Sono concetti che devono distinguere tra giusto e sbagliato, tra consentito e proibito.
Ogni religione divenuta ortodossia ha in se questa spinta a conservare. Diverso è il sacro.
Esso è quel qualcosa che mette d’accordo i contrari anzi che riunendoli in quell’organismo manovrato dal meraviglioso Architetto dell’universo li rende non più distanti e dissonanti, ma parti di uno stesso volto.
Cosi il sacro riunisce la purezza e l’impurità considerando quest’ultima come l’esortazione a superare i confini. E anzi l’aiuto a conoscere e sfidare dio.
Nel sacro sfidare dio con l’innovazione non è blasfemia.
Anzi.
E’ quello che serve al Misericordioso per mettere alla prova la resistenza dell’anima del suo prediletto.
L’uomo.
Uomo che deve dibattersi tra evoluzione e stasi.
Ed è da quel contrasto che inizia il movimento che porta avanti la creazione. Ogni regoline, anche quella che consideriamo più anacronistica ha in se questo meraviglioso concetto.
Nell’ebraismo è portato avanti dalla meraviglia della cabala. Nel cattolicesimo è il misticismo e persino lo gnosticismo che ci porta un po’ di aria pura nella rigidità delle pratiche a cui si asserviamo da secoli.
E nell’Islam direte voi?
E’ il sufismo.
Portatore di ogni passo in avanti dell’umanità, con le sue meravigliose frasi che danno un altro senso alle bellissima sure.
Se si priva il Corano del suo misticismo e si prende alla lettera si danneggia quel dio che lo ha ispirato e che ha voluto far sentire la sua voce, abbracciando quell’uomo che si sentiva solo e perso.
Allah non è, mi perdonino gli islamici che indegnamente lo asserisco, il dio guerriero.
Egli è il misericordioso.
Allah è l’amore manifesto in una terra difficile che gridava e grida il suo dolore al cielo.
E Allah risponde.
Chiedendo al suo credente e a tutti noi la stessa cosa che in fondo chiedono tutti i percorsi sacri: lo sforzo sulla strada di Dio.
E credetemi la vera autentica guerra santa è contro il peggior nemico esistente: noi stessi.
Noi che dobbiamo sottomettere l’altro per sentirci unici, eletti e per definirci. Noi che usiamo le preghiere, i passi del vangelo, la bibbia e persino le meraviglie di una tradizione millenaria per giustificare la nostra violenza.
L’islam, quello vero. ama il mondo.
E amandolo vede in ogni albero, in ogni creatura, in ogni moto dei cielo la magnificenza di Dio.
A cui si inchina con riverita meraviglia.
Ama i colori e ama la genialità. Ama l’immaginazione e sa unirla alla passione, senza che nessuno dei due prenda il sopravvento.
L’islam è patto, sottomissione alle regole del cielo, all’armonia del cosmo.
Alla grandezza di chi tutto regge e ci sorride, amandoci.
Islam è semplicemente la volontà di smettere di essere ossessionati dall’esterno per trovare dentro di noi la santità.
La sedia del custode a questo altro islam fa l’occhiolino.
Non a quello conservatore che ha bisogno di stroncare l’altro, creatura imperfetta di dio.
Non al Wahhabismo.
Non ai predicatori che odiano la creazione perché incapaci di sopportarne la meraviglia.
E il Marocco che emerge da questo stupendo libro è il Marocco che tenta di reagire all’orrore del conservatorismo, delle leggi liberticide, dalla volontà di chiudere l’immensità di Allah nella nostra concezione derivata da una frustrazione che nulla a a che fare con il sacro.
E’ una donna che porta avanti la ribellione.
E’ una donna ceduta in olocausto alla rabbia.
E’ però da una donna, che nasce il cambiamento e la ribellione. E’ quella donna a cui lo so Dio sorriderà.
“Essere candela non è facile: per fare luce devi prima bruciare.”
Rumi
La parabola archetipa di questo libro ci fa comprendere due cose: l’incapacità dell’uomo di vivere in armonia con la legge di dio e e la meraviglia di una regione storpiata ma che rifulge vincendo ogni stereotipo.
Qua troverete la vera strada che porta a Dio.
Non violenza, non sangue, non orrore.
Rispetto.
E meraviglia.
Colori e risate.
“Là fuori, al di là delle idee di falso e giusto, c’è un vasto campo: come vorrei incontrarvi là; quando colui che cerca raggiunge quel campo si stende e si rilassa, là non esiste credere o non credere.”
Rumi
Noi crediamo troppo spesso all’apparenza.
Noi prendiamo per buono ogni orrore che ci viene mostrato come realtà perché se comprendessimo la grandezza e l’importanza di ogni religione, se noi guardassimo il cuore del sacro celato agli occhi dello stolto, non saremmo più gli stessi uomini.
Apparterremmo al cielo, saremo nel mondo ma non del mondo.
E questo spaventa.
“Dio ha fatto in modo che l’illusione sembri reale e il reale un’illusione.
Ha nascosto il mare ed ha reso visibile la schiuma;
ha nascosto il vento e manifesta la polvere.
Tu vedi la polvere turbinare, ma come potrebbe sollevarsi da sola?
Tu vedi la schiuma, ma non l’oceano.
Perciò invocalo con le azioni, non con le parole,
perché le azioni sono reali e ti daranno la salvezza nella vita a venire.”
Rumi
Sono le nostre azioni a definirci.
Non lo scontro con l’altro.
E ogni volta che un uomo sarà ucciso per la nostra stoltezza, non faremo un elogio a dio.
Lo bestemmieremo.
Per questo leggere la sedia del custode è importantissimo.
Non è un giallo, non è una detective stories, non è un thriller.
E’ la mappa che ci indica la vera strada per rendere gloria a dio.