” A spasso con l’antiviaggiatore” di Carlo Crescitelli, Il Terebinto edizioni. A cura di Alessandra Micheli

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Ci sono libri che non vanno assolutamente narrati.

Sono sfumature di colore in un mondo cosi grigio e ripetitivo cosi deciso a nascondere la meraviglia dietro un velo convincendoci che essa, in fondo, non sia mai esistita.

Abituata, troppo oserei dire a raccogliere il senso del libro, il suo significato etico, morale o politico, mi sono spesso chiesta se questa mia intellettuale tendenza non mi avesse privato del piacere di leggere.

E non soltanto per scovare le mie dotte (a parer di molti) analisi, ma solo per farmi trasportare dal ritmo, sorridere senza un perché, amare i nonsense che aprivano la porta del mio mondo segreto, quel paese delle meraviglia in cui la mano di Lewis (Carrol) mi aveva condotto da bimba.

E cosi la mia razionalità tutta mente e intelletto, mi lasciava libera di correre tra prati color carminio senza soffermarmi a pensare e ma ora dover sta la sintesi clorofilliana?

O immergermi in acque odorose di sapone al mughetto, facendo le bolle con i più disparati compagni.

Perché un viaggio è sempre un esperienza, mentale prima che tattile.

Un viaggio cambia la prospettiva, cambia gli occhiali, educa, insomma stimola il nostro cervello, la ragione o la concretezza.

Ci aiuta a muoverci in dimensioni regolari dove la fisica regna, dove la scienza psicologica domina e dove ogni oggetto è fatto di parti di energia. E cosi ogni tanto la parte bambina di me sogna un anti-viaggio, qualcosa che scombini le regole, che renda le case meno allineate con la prospettiva o con le leggi di Newton.

Che le sovverta.

Che le contraddica, almeno per un istante, almeno per un attimo.

Vorrei giocare con fiori parlanti, con insetti bizzarri, e vorrei avere anche io accanto un anti-viaggiatore capace di sfottermi e mettermi alla prova. Cosi a volte senza un senso, senza un perché.

E cosi leggere Criscitelli è stato come bere, dopo tanto tempo acqua pura. Non che i suoi scritti non abbiano significato.

Potrete trovarci cosa il vostro cuore desidera (come direbbe il buon boss delle cerimonie).

Ma soprattutto poterete chiudere gli occhi e lasciare che la musica fatta parola vi invada e tocchi con mano soave, ogni corda del vostro essere fino a vibrare con voi.

E inondarvi, finalmente di incanto, orrore, meraviglia.

E sogno.

Un sono che sarà reale quanto la superficie che toccate, quanto la carne che ricopre il vostro spirito affannato.

E cosi il viaggio non sarà solo esperienza educativa ma soltanto ed esclusivamente emozione.

Cosi la metrica prenderà vita da sola e deciderà come mostrasi a voi. Cosi ogni racconto vivrà finalmente di vita propria e il suo personaggio come un alter ego irriverente e pedante, al pari di un uovo divenuto soggetto, inizierà a contrastavi, dialogare, interagire con voi.

Dire anche una fastidiosa personale opinione.

E ci saranno due soggetti a farvi sorridere e presentarvi ognuno degli strabilianti racconti.

Carlo e l’anti-viaggiatore.

Chi preferirete, beh sarà questione strettamente privata.

Io ammetto, e me ne scuso Carlo, ammicco al perfido antiviaggiatore.

Un compagno delizioso e fantasticamente beffardo.

Perché senza fantasia e immaginazione, noi siamo eternamente invisibili.

Dicono tutti che non c’è,

ma io che l’ho visto so dov’è.

Forse non immagini,

ma non è difficile comprendere.

L’hanno lasciato in libertà,

vive lontano;non è qua.

Forse si nasconde in mezzo agli alberi.

Vola veloce su di noi,

fotografare tu non puoi.

Chiede a una farfalla che gli faccia compagnia….

Dicono che non tornerà

ma come lo chiamo ci sarà;

mi aiutava sempre a fare i compiti.

Vola veloce su di noi,

cosa mi dice tu non sai;

vola raccontando quando

non lo sentirai.

Chi sei? Dimmi cosa vuoi.

Cosa devi raccontare?

Ci sei? Dimmi come sei.

Moriremo crescendo.

Chi sei? Dimmi come fai

a girare tutto il mondo.

Ci sei? Dove volerai

solamente con la fantasia?

Enrico Ruggeri

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