Ci sono libri che non vanno assolutamente narrati.
Sono sfumature di colore in un mondo cosi grigio e ripetitivo cosi deciso a nascondere la meraviglia dietro un velo convincendoci che essa, in fondo, non sia mai esistita.
Abituata, troppo oserei dire a raccogliere il senso del libro, il suo significato etico, morale o politico, mi sono spesso chiesta se questa mia intellettuale tendenza non mi avesse privato del piacere di leggere.
E non soltanto per scovare le mie dotte (a parer di molti) analisi, ma solo per farmi trasportare dal ritmo, sorridere senza un perché, amare i nonsense che aprivano la porta del mio mondo segreto, quel paese delle meraviglia in cui la mano di Lewis (Carrol) mi aveva condotto da bimba.
E cosi la mia razionalità tutta mente e intelletto, mi lasciava libera di correre tra prati color carminio senza soffermarmi a pensare e ma ora dover sta la sintesi clorofilliana?
O immergermi in acque odorose di sapone al mughetto, facendo le bolle con i più disparati compagni.
Perché un viaggio è sempre un esperienza, mentale prima che tattile.
Un viaggio cambia la prospettiva, cambia gli occhiali, educa, insomma stimola il nostro cervello, la ragione o la concretezza.
Ci aiuta a muoverci in dimensioni regolari dove la fisica regna, dove la scienza psicologica domina e dove ogni oggetto è fatto di parti di energia. E cosi ogni tanto la parte bambina di me sogna un anti-viaggio, qualcosa che scombini le regole, che renda le case meno allineate con la prospettiva o con le leggi di Newton.
Che le sovverta.
Che le contraddica, almeno per un istante, almeno per un attimo.
Vorrei giocare con fiori parlanti, con insetti bizzarri, e vorrei avere anche io accanto un anti-viaggiatore capace di sfottermi e mettermi alla prova. Cosi a volte senza un senso, senza un perché.
E cosi leggere Criscitelli è stato come bere, dopo tanto tempo acqua pura. Non che i suoi scritti non abbiano significato.
Potrete trovarci cosa il vostro cuore desidera (come direbbe il buon boss delle cerimonie).
Ma soprattutto poterete chiudere gli occhi e lasciare che la musica fatta parola vi invada e tocchi con mano soave, ogni corda del vostro essere fino a vibrare con voi.
E inondarvi, finalmente di incanto, orrore, meraviglia.
E sogno.
Un sono che sarà reale quanto la superficie che toccate, quanto la carne che ricopre il vostro spirito affannato.
E cosi il viaggio non sarà solo esperienza educativa ma soltanto ed esclusivamente emozione.
Cosi la metrica prenderà vita da sola e deciderà come mostrasi a voi. Cosi ogni racconto vivrà finalmente di vita propria e il suo personaggio come un alter ego irriverente e pedante, al pari di un uovo divenuto soggetto, inizierà a contrastavi, dialogare, interagire con voi.
Dire anche una fastidiosa personale opinione.
E ci saranno due soggetti a farvi sorridere e presentarvi ognuno degli strabilianti racconti.
Carlo e l’anti-viaggiatore.
Chi preferirete, beh sarà questione strettamente privata.
Io ammetto, e me ne scuso Carlo, ammicco al perfido antiviaggiatore.
Un compagno delizioso e fantasticamente beffardo.
Perché senza fantasia e immaginazione, noi siamo eternamente invisibili.
Dicono tutti che non c’è,
ma io che l’ho visto so dov’è.
Forse non immagini,
ma non è difficile comprendere.
L’hanno lasciato in libertà,
vive lontano;non è qua.
Forse si nasconde in mezzo agli alberi.
Vola veloce su di noi,
fotografare tu non puoi.
Chiede a una farfalla che gli faccia compagnia….
Dicono che non tornerà
ma come lo chiamo ci sarà;
mi aiutava sempre a fare i compiti.
Vola veloce su di noi,
cosa mi dice tu non sai;
vola raccontando quando
non lo sentirai.
Chi sei? Dimmi cosa vuoi.
Cosa devi raccontare?
Ci sei? Dimmi come sei.
Moriremo crescendo.
Chi sei? Dimmi come fai
a girare tutto il mondo.
Ci sei? Dove volerai
solamente con la fantasia?
Enrico Ruggeri