Chi lo ha detto che la poesia ha senso solo quando si occupa delle faccende dell’anima?
Questa frase l’ho sentita più e più volte e tende a relegare l’ars poetica nei meandri del io più profondo, come un atto magico usato per di-svelare i sottili legami tra noi e il mondo immaginativo.
In questo senso la poesia è una forma di letteratura alta, che si occupa delle faccende strane e enigmatiche dello spirito. E cosi i versi e il ritmo non sono altro che gli accordi segreti del regno del numinoso che si stacca dalle cose umane, troppo umili e troppo banali per una scelta cosi colta.
E’ per questo che ogni tanto la mia anima ribelle dileggia la poetica.
Proprio perché si estranea dalla vita reale e si immerge troppo nel sogno, senza che esso venga restituito alla quotidianità.
Io a differenza di altri miei colleghi ritengo questa forma di arte politica. Ogni faccenda mentale è in fondo il tentativo di mettere ordine nel caso dell’esistenza materiale e si incidere profondamente sui valori che la sostengono.
Mazzamuto ha questa straordinaria capacità, quella di prendere gli elementi utili alla volontà di rendere tutto ritmo, proprio dal basso, dal fango come direbbe il buon vecchio de Andrè. Nasce cosi una raccolta strana, a tratti perturbante del comodo ordine dei valori che si intitola appunto Diligenza del non padre di famiglia.
Ed è su quel non che ci incentra tutta la sua rivoluzionaria volontà di incidere sul substrato sociale. E’ il non il segreto o la chiave che apre la porta del suo sentire e del suo impegno civile prima che letterario.
Nel nostro codice civile, infatti, esistono degli strani articoli che non servono solo a dirimere questioni di interesse comune ma di porre appunto delle basi su cui impiantare una comunità accettabile.
Cosa dicono questi articoli?
Parlano appunto di diligenza DEL buon padre di famiglia.
Buon e del, sono gli elementi che qua ci interessano per comprendere l’humus su cii Riccardo impianta il suo arguto pensiero.
Tale forma sintattica esprime un concetto di diritto privato risalente a quello di stampo romano, in cui si sottolineano le linee di comportamento per adempiere a talune obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali.
Giustiniano stesso parla di diligentia diligentis patris familiae (diligenza del padre di famiglia diligente), un concetto utile a valutare la colpevolezza nell’inadempimento di una determinata obbligazione.
In sostanza si delineavano le caratteristica utili a assumersi responsabilità sia in ambito lavorativo che provato nei temi concernenti appunto il matrimonio e la paternità.
Per il sostentamento le la conduzione di un nucleo familiare servivano, secondo il giurista, determinate attitudini caratteriali che, se non in possesso naturalmente dal soggetto dovevano essere imposte.
Quindi lealtà, impegno, rigore, onestà concretezza divenivano obblighi non solo morali ma giuridici.
Eccoci al cloud della nostra raccolta poetica: qua Riccardo in un ottica anticonformista e deliziosamente polemica si ribella a tale concetto oramai fermamente inserito nella morale odierna proponendo una diligenza totalmente contraria, che si scaglia perciò sui valori portanti del buon padre di famiglia.
Esso per esserlo rinuncia in todo alla sua creatività, alla sua fantasia, ai sogni e al regno dell’immaginario. Con il non Riccardo propone una revisione critica di questa società ancorata a questi concetti, per proporre un alternativa diversa: un uomo profondamente dialogante con la sua parte profonda e deciso a creare un alternativa valide della comunità in cui a suo malgrado è inserito.
Ecco che la poesia indaga, propone, distrugge e ricrea toccando temi che vanno dalla famiglia, al lavoro al ruolo sociale, troppo incuneato e imprigionato in canoni rigidi ma stantii.
E cosi il concetto paterno ereditato da una società patriarcale ne esce ammaccato. E sta a noi lettori suggerine l’essenza, imparare dal nostro Riccardo l’arte del pensiero e proporre, finalmente, un monello meno scontato, meno rigido ma più aderente al senso vero di una comunità retta non dall’autoritarismo ma dall’autorevolezza, non dalla necessità ma dalla genuina cooperazione.
Non sulla sopraffazione ma sulla scoperta della meraviglia dello stare assieme.