“Appunti. A bordo della Nina” di Christoper Pepi, Scatole Parlanti. A cura di Raffaella Francesca Carretto.

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La peculiarità dei libri è catturare l’attenzione del lettore, assorbirne l’interesse, trascinarlo in un’esperienza nuova, fin dentro la trama, in modo da renderlo attore insieme ai personaggi … la lettura è un piacere che va assaporato lentamente; e succede che per alcuni libri venga naturale modificare il proprio ritmo di lettura, o comunque il piacere delle lettura, in base anche al coinvolgimento nei confronti di ciò che si sta leggendo, o anche in base all’approccio a un libro, soprattutto se si tratta di un libro che in poco più di 100 pagine sviscera pensieri, speranze e timori.. ed esperienze vissute. Tutto ciò che leggiamo ha congruenza con ciò che sappiamo dalla storia.

E forse questo definisce l’attrattiva nei confronti di una lettura che ha il sapore della conoscenza.

E accade così che, senza accorgersene, si resta ammaliati, presi da quella strana sensazione derivante dal leggere un libro in un solo giorno, e in poche ore.

Senza far caso al tempo.

Senza pressioni.

E forse è tutto qui il segreto, quando qualcosa stuzzica la tua curiosità.

E quando ciò accade, si finisce a quasi ignorare il tempo che scorre.

Talvolta si può passare un giorno intero a leggere. Altre volte anche solo poche ore. Tutto sta, indipendentemente dalla corposità del libro, allo stato d’animo e al coinvolgimento emotivo, che trasporta chi legge in una dimensione parallela alla realtà.

E poi, quando si arriva all’ultima pagina, si comprende che s’è fatto proprio un nuovo capitolo di vita, una nuova storia, che ha aperto la mente, magari anche il cuore.

Ed è un piacere potersi arricchire.

E soprattutto gli storici, sono quei libri che offrono quel quid che consente di allargare le proprie conoscenze, perché dietro a tutto ciò che è servito a costruirne la trama, c’è uno studio approfondito … del tempo, dei costumi e della vita.

E “Appunti. A bordo della Niña” è anche tutto questo.

È un diario, scritto da un giovane mozzo che sfoga tra quelle pagine tutti i suoi timori, le paure, le insicurezze che pervadono il suo spirito durante quei momenti che lo vedono catturato dal periodo storico e dalla nuova avventura, ma è anche un modo per rappresentare il contatto con sé stesso, e magari con una sanità mentale che rischierebbe di essere pregiudicata nel tempo dalla solitudine, pur vivendo in una realtà dove tutti si vive insieme un’avventura, che però rischia di farsi cagione di sventure.

Cristóbal è un giovane come tanti, e nel giorno del suo compleanno viene ingaggiato per partecipare alla spedizione verso le Indie comandata da Cristoforo Colombo.

Cristóbal ha molte speranze e forse tante illusioni in merito a questa esperienza, che vive in modo accorto, staccato dagli altri perché da osservatore nota come per molti suoi compagni sia estremamente fragile l’equilibrio psichico ed emotivo.

Ogni giorno, o quasi, appunta brevemente ciò che osserva, ciò che vive; l’avventura nel suo prologo, che precede l’inizio di questo viaggio e che si fa preludio di esperienze che segneranno non solo il suo spirito, nel bene e nel male, ma anche il suo corpo; e l’epilogo, o comunque quello che forse sarà…

E nei giorni subito dopo la partenza, lui sarà quando osservatore dei vizi dei suoi compagni, quando protagonista lui stesso di momenti in cui il vizio lo attira e sé, momenti di debolezza, che cerca di evitare quasi con un isolamento che però potrebbe portarlo alla follia, se non avesse questo diario su cui appuntare tutto, sensazioni, ricordi, speranze e sogni. Ma anche insicurezze… e delusioni.

L’impresa a cui assiste non è facile, al suo diario Cristóbal confida tutto, sentimenti, voci ed animosità che serpeggiano tra l’equipaggio, moti sovversivi nascenti… ma anche momenti più delicati come la gioia di aver trovato forse un amico tra i tanti compagni di avventura, col quale poter condividere, se pur in parte, i propri pensieri.

“Se c’è una cosa che ho capito è che non sono un marinaio, non sono un avventuriero, non sono impavido e coraggioso.

Sono un pensatore solitario, sono un gran lavoratore manuale, sono un nostalgico, sono un uomo come un altro, ma non credo ci sia niente di male”

Dalla storia, conosciamo molto dell’impresa di Colombo. E Cristóbal nel suo diario ci mostra le tappe che si sono susseguite temporalmente, sino al compimento di quella che oggigiorno sappiamo esser stata una scoperta.

Ma ogni giorno ci sono nuove scoperte in questa avventura

Anche questo diario è il racconto di una storia non priva di imprevisti, quelli che certamente si sentono dai racconti marinareschi e che dalla storia sono giunti a chi legge. In questo libro breve, tappa dopo tappa, Cristóbal racconta del suo viaggio, un viaggio della speranza per lui e i suoi compagni, e vi segna ogni nuova scoperta, e tra queste anche la scoperta di sé, del proprio coraggio, delle proprie paure, ma soprattutto vi lascia il segno delle sue fragilità e delle fragilità umane, e di come l’uomo davanti a qualcosa che non conosce diviene bestia feroce.

È un diario, è la scoperta di sé, ed è acquisire anche la consapevolezza su ciò che si è.

“… non ho idea di quale piega avrebbe potuto prendere la mia vita se avessi scelto di non imbattermi in quest’avventura, ma se dovessi tornare indietro rifarei tutto, perché qualunque cosa abbia fatto finora mi ha portato a essere ciò che sono.”

Scritto bene, scorrevole e con un linguaggio pulito e semplice, come può essere il diario di chi vuol rammentare ogni momento di un’esperienza; senza fronzoli, questo libro ha il pregio di mostrare diversi lati di quella che è la fragilità umana, anche nell’ultimo malinconico messaggio

“Prego chi dovesse trovare questa lettera e questo diario di cercare a Palos de la Frontera mia madre Maria Morales, vedova di Alonso Moya. Lo prego di consegnarle questo diario, perché io potrei essere morto.”

A chi sarà incuriosito e lo sceglierà, buona lettura!

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