“La paura del male” di Maria Lucia Caparelli, Segreti in giallo edizioni. A cura di Alessandra Micheli

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Non esiste una lotta tra il Bene e il Male, ma ci si è concentrati sulla paura che il Male incute nell’animo umano.

Ecco la frase che racconta un po’ tutto il fascino di questo libro cosi oscuro, cosi grondante di notte da lasciare tracce nerastre sulla nostra anima.

In fondo non è questa la funzione dell’orrore?

Darci non solo il coraggio di scendere nell’abisso, ma anche gli strumenti adatti per potercisi muovere e scoprire cosa cela nei suoi ammuffiti angoli.

Il male ci terrorizza.

Il male è quel ghigno sul volto che appare all’improvviso mentre il sole si nasconde dietro le nuvole e le ombre iniziano a danzare attorno a noi.

Ma sapete cosa ho compreso leggendo questi racconti?

Che in fondo la nostra paura, ciò che chiamiamo male è sopratutto ciò che deturpa la nostra tranquilla routine.

In maniera simbolica ogni racconto capovolge il perfetto percorso del reale, stravolgendolo e rendendolo cosi incongruente che è difficile per il nostro limitato cervello comprenderlo.

La nostra anima assetata invece lo accoglie come un figlio dimenticato da troppo tempo e lo saluta con gioia.

Un lungo esilio e lo straordinario torna timido a mostrarsi davanti a noi.

E cosi la notte che ama dare i natali a orrende creature che della nostra linfa vitale si nutrono, viene illuminata semplicemente da un atto semplice e assolutamente improvviso.

E’ la nostra umanità che vince.

Non la magia, non un potere altrettanto grandioso, come il lettore si aspetta.

Ed è quel dato stonato che irrompe sconvolgendo la trama in quel quadro che sembra scorrere pacifico, seguendo le vie prestabilite della narrazione.

In ognuno dei sei racconti è il fuori dall’ordinario a comandare, lui il vero protagonista assoluto che si inchina dopo ogni recita davanti a noi, totalmente affascinati ancora incapaci di renderci conto di cosa davvero sia successo.

E cosi la narrazione prende vita, e inizia a demolire pezzo per pezzo ogni nostra aspettativa, ogni nostra convinzione.

Persino ogni ostacolo della mente all’arrivo del treno dell’orrore.

Esso passa, ci accoglie e ci istiga a ribellarci all’eterno ritorno del male.

Non si sa bene cosa in fondo risulta vincente se un sentimento umano come la compassione, cosi come descritto nel racconto Il treno che viaggiava di notte, l’atto ribelle del suddito che preferisce perire in una fiammata di rabbia, che in una lenta tortura che lacera pezzo per pezzo la nostra anima.

O vince l’assurdo stravolgimento dei ruoli lì, in quelle zone dove luce e tenebre si incontrano per dare vita al grigio.

O forse è la nostra convinzione dell’immutabile che viene stravolta, la profezia che decide di ingannarci e di beffare il nostro cervello assuefatto al conosciuto.

In ogni racconto le certezza annegano, cosi come annega nel lago del villaggio di Losmark ogni idea che pone la scienza e la logica a servizio dell’uomo, che la impugna come uno scudo in grado di dominare la paura, di proteggersi dalla rassegnazione che serpeggia in ogni solitario vicolo, laddove la speranza sembra solo un vago, sottile ricordo.

La narrazione prosegue incurante di ogni protesta.

Ci colpisce con la forza di un fulmine.

Ci fa anche saltare con un groppo in gola sulla sedia.

Ci rende consapevoli che esiste solo una maledizione che imprigiona la nostra mente, che incombe su noi, incapaci di ribellarci, cosi avvinti al consueto, cosi decisi a dimenticare la nostra folle origine di frammenti divini capitati per caso su questa terra.

E allora anche se di raccapricciante si tratta, lasciatevi sedurre da questo strano mondo, dove la morte parla, dove un placido villaggio amish nasconde i suoi arcani segreti, e lasciatevi cullare dalla bravura di quest’autrice.

Affrontatelo il male.

Perché il vero problema miei adorati lettori, non è chi vincerà l’eterna lotta millenaria tra due facce della stessa medaglia, ma che nella costante ricerca di una perfezione inesistente lasciamo ai margini della notte l’altra parte, quel nero che ci spaventa troppo per osservarlo.

E cosi solo e abbandonato, non è detto che non covi un atroce vendetta.

Fino a stravolgere ogni fiaba e farla diventare un baratro senza fondo, un lago che non riflette affatto la luna, ma un mostruoso volto che ci deride.

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