Non è facile scrivere una recensione su un problema ancora troppo vicino a noi.
Per questo da mesi rifuggo libri che parlano della nostra pandemia, del dolore ma sopratutto della paura.
La viviamo troppo da vicino e non possiamo osservarla nel modo giusto, oggettivamente asettico, con la saggezza che il problema necessita. Vediamo un solo lato del dramma, quello dei pianti, delle perdite, di un orrore che pensavamo morto e sepolto.
Non è la prima pandemia.
Forse, lo spero con tutto il cuore ma bisogna essere realisti, non sarà l’ultima.
E questo ci lascia senza fiato, impotenti e fragili immersi come nei tempi passati in un modo tutto da comprendere e da leggere con occhiali diversi.
Noi che pensavamo di aver raggiunto il picco massimo di scienza tecnologia e comprensione, tronfi e arroganti con quella voglia di rubare di nuovo il fuoco agli Dei e di volare come Icaro verso il sole convinti che stavolta non avrebbe bruciato la fragile cera che appiccicava ali finte alle nostre spalle.
E invece siamo caduti giù.
Ci siamo fatti male, molto male, e spaventati cerchiamo nei libri, nei pareri dei virologi una sicurezza perduta affranti come bimbi senza la mamma, perduti in mezzo a una folla vociante che continua a ignorarti. Il virus è quella folla.
Lui il mostro semplicemente assolve la funzione di ogni microorganismo: sopravvivere anche se a scapito dell’altro, del suo ospite.
E’ la dura legge della vita, quel cerchio che sembra provenire da regioni alte, in preda a decisioni che non capiamo o che non volgiamo capire.
E cosi il libro di Sciè, anch’esso reduce dall’incontro con il male umano, quello della corruzione e del malaffare, quello che si bea di raccomandazioni e si getta fiero nell’abisso, affronta ciò che nessuno ha il coraggio di affrontare: guarda il virus negli occhi.
Senza paura di vederlo, di osservare il suo volto, e di cercare una verità, impossibile forse ma necessaria per guarire la ferite che oggi sembrano sanguinare senza fine.
E’ vero, tutto il libro è un abile thriller, ma è davvero tutto inventato?
Perché alla base di tante teorie complottistiche, la verità è molto più banale e folla: siamo in fondo noi, con la nostra noncuranza del mondo in cui ci troviamo a vivere che forse abbiamo aperto le porte al virus.
Con la nostra brama di potere resa cosi rigida da uccidere le foreste e rendere tutto cemento.
Con la nostra mania del progresso che ha avvelenato l’aria e creato il buco nell’ozono.
Con la nostra folle corsa verso il piacere estremo che ci ha reso fragili e deboli.
Con la malattie del benessere, con le fissazioni create dal materialismo.
E con la boria tipica dei vincenti.
Il virus forse non è il vero responsabile del terrore.
E’ la paura di chi si trova perdere tutto e si trova costretto a far fronte agli sbagli che lo chiamano con voci lamentose.
Allora il virus della paura diventerà per voi non solo un bellissimo e adrenalinico thriller, una diversa visuale del nostro dramma.
Ma anche il tentativo di provarci, almeno provarci, a dare uno sguardo al nostro sistema.
Che è quello che adesso sta esalando l’ultimo disperato respiro.
Perché solo il pensare che esista qualcuno di cosi pazzo che per il potere mette a repentaglio vite intere, è la vera paura che dovremmo avere.
Perché esistono uomini divenuti meno di bestie e involucri vuoti che noi chiamiamo presidenti, parlamentari, governanti.
Ed è questo il vero virus.