“Qualche parola tra padri e figli” di Tommaso Russi, Eretica edizioni. A cura di Aurora Stella

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Dopo aver letto questa raccolta di poesie, la prima parola che mi è venuta in mente è stata

Sturm un drang”.

Ora, molti di voi assoceranno sicuramente questa parola al romanticismo, dimenticando che invece lo “Sturm un drang” affonda le radici nella corrente illuminista. E normalmente queste due correnti di pensiero vengono presentate non in continuità, ma in opposizione. Perché all’illuminismo si associa la ragione e dunque la freddezza e il calcolo, mentre al romanticismo vengono collegate le passioni e gli impulsi. In realtà, oltre a confluire una nell’altra, non sono che due facce della stessa medaglia. Perché non si vive solo di cuore o solo di testa. (Menenio Agrippa docet)

Ed è per questo che lo ribadisco per la terza volta, il Romanticismo non è che la normale prosecuzione dell’Illuminismo.

Proprio come questi componimenti che, se da un lato osannano la ragione, esaminando la crescita e lo sviluppo dell’essere umano nelle sue fasi, da bambino ad adulto, da figlio a genitore, dall’altro non dimenticano il cuore e la passione. E la stessa parola “amore” cambia prospettiva, si contrae o si allarga se lo si osserva con gli occhi di un bambino o di un adulto.

 

Un’altra bomba

Con i giusti compagni,

si torna persino a sentirsi

umani.

 

Mi viene in mente il ritornello della canzone di Gino Paoli “Eravamo quattro amici al bar, che volevano cambiare il mondo”

Oppure

Bomba o non bomba, noi arriveremo a Roma” di Venditti

O “ Qui chi non terrorizza si ammala di terrore “ (De Andrè)

Chi non ha pensato, almeno una volta in gioventù, con l’ardore tipico dell’adolescenza, di mandare all’aria tutto il sistema, fosse pure con le bombe?

Per poi trovarsi invece, dopo che gli anni ti hanno cambiato, in questi versi

 

Vedo ragazzi appassionati

Appassire come schiavi.

 

Per quanto possa sembrare deprimente, la passione traspare da queste parole. Non per una donna o un uomo, ma sofferenza per una comunità, per un’umanità che sembra aver perso le sue peculiarità. C’è una lucidità, un razionalismo in questi versi che penso di aver visto solo in Ungaretti.

Con un’immagine racchiusa in un titolo e qualche figura retorica entrambi, con la violenza della tempesta ci gettano in faccia la realtà.

Ma lo fanno con una passione, un impulso che va assaporato e vissuto minuto dopo minuto, secondo dopo secondo.

Bevuto fino all’ultima goccia.

Sturm un drang, appunto

La vita gira in tondo e passa dall’essere figlio e rapportarsi con il proprio padre e diventare padre e rapportarsi con il proprio figlio. E dietro ogni fase della vita ci confrontiamo con l’amore, l’amicizia, la crescita e soprattutto con la percezione. Spesso finiamo per fare con i nostri figli ciò che da figli rimproveravamo ai nostri genitori.

Crescendo

Anche se di nascosto

Si somiglia ai padri…

 

E mentre cresci e conti i giorni che ti separano da quel mondo inarrivabile che è l’età adulta, corri verso quella meta

Finché un giorno ho notato che gli

Adulti hanno sempre l’orologio.

 

E quando ti rendi conto di questo

Come spifferi arrivano i ricordi

Scopro

Che di te ricordo

Più le parole che non ti ho detto

Che quelle che mi hai lasciato

 

E allora capisci che sì, il cerchio non solo si è stretto intorno a te, ma che sei passato dall’altra parte della barricata e che, in fin dei conti, questo è ciò che ti rende umano.

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