
L’ambientazione è uno degli elementi fondamentali della scrittura. Inquadrare la vicenda e dunque la trama in un periodo storico o sociale preciso dice molto sia dello svolgimento che della psicologia dei personaggi.
Chi per esempio, ambiente i suoi libri nel periodo vittoriano stra cercando la strada per raccontare in modo anche polemico la rivolta della poesia e della fantasia contro l’eccessiva rigidità di una nazione che voleva diventare la guida per l’intera Europa ( a tal proposito consigli oil libro il mistero di paradise road).
Quindi è dalla data, spesso sottovalutata dal lettore, e dalla collocazione geografica che il libro riesce a parlare e a farci entrare fin dentro la sua anima segreta.
Ecco perché ritengo fondamentale sia il periodo storico scelto dalla nostra Sofia Segovia che il paese scelto per ambientare questa imponente saga familiare.
E sono qua proprio per mostravi nel dettaglio cosa questi due elementi ci svelano, portandoci nei segreti mendai del libro che abbiamo scelto.
IL NOVECENTO
Il periodo storico in cui la Segovia colloca la vicenda della famiglia Morales è il novecento, anzi a essere più precisi i primi del novecento. E questo già ci indica una seria di dettagli importanti e fondamentali per la comprensione del testo in questione.
Il novecento è stato, al pari del so fratello il settecento da cui prenderà ampio spunto, uno dei secoli più controversi e studiati da ogni intellettuale possibile e inimmaginabile.
Non a caso, il sommo Bracher e il maestro Cerruti lo definirono il secolo delle ideologie. In questo lasso di tempo, infatti le suggestioni intellettuali e filosofiche del settecento ebbero la loro maturazione unendosi in un matrimonio affatto piacevole con un certo sentimentalismo ottocentesco che rese, pertanto questi ideali divenuti graniti fonte di disastri e di ambiguità. Il nazionalismo per esempio, non più un fatto puramente pragmatico, portato avanti da una lucida analisi delle similitudini e delle necessità economiche, quanto un fatto affettivo: la nazione diventava non più un banale organismo formato da territorio popolo e somiglianze quando un fattore di sangue: la nazione era la madre amorevole che riuniva i suoi figli sotto le sue morbide lai protettive, chiedendo però la totale rinuncia alla logica, all’etica stringendo un patto indissolubile tra lei e i suoi adepti.
I militanti che invocavano termini come patria e nazione divenivano, dunque totalmente ossessionati da questo concetto che molto prendeva dalla filosofia greca dell’appartenenza portandola però al suo estremo: chi abbracciava la patria diventava una cosa sola con essa, rinunciando pertanto anche alla sua porzione di libertà.
E aggiungo io, di libero arbitrio e quindi di umanità.
Se la patria imponeva sacrifici, o azioni contro qualcuno esterno pertanto considerato nemico. Chi amava la nazione doveva farlo in modo totalizzante, doveva sposare completamente, senza la necessaria forza acritica tale ideale.
Nonostante questo suo lato meno flessibile, il novecento fu anche l’epoca dei grandi traguardi, delle invenzioni e del progresso.
La belle epoque.
Con questo colto termine si intende indicare il periodo storico culturale e artistico che va dall’ultimo ventennio dell’ottocento all’inizio della prima guerra mondiale.
Nata in Francia alla fine di un ottocento che ci salutava nostalgico,
fu il culmine delle scoperte scientifiche, delle invenzioni e del progresso della scienza, secondo alcuni non paragonabili con le epoche passate.
Per esempio l’illuminazione elettrica. La radio, l’automobile, il cinema e persino la pastorizzazione (ossia un processo di risanamento termico applicato ad alcuni alimenti allo scopo di minimizzare i rischi per la salute dovuti a microorganismi patogeni sensibili al calore, quali batteri in forma vegetativa, con un’alterazione minima delle caratteristiche chimiche, fisiche ed organolettiche dell’alimento.) tutto questo contribuì sicuramente al miglioramento della condizioni di vita di alcuni ( sottolineo alcuni) e a un malcelato senso di ottimismo.
Di tutti, ma non per tutti
«Nazioni e Imperi, coronati di principi e di potentati, sorgevano maestosamente da ogni parte, avvolti nei tesori accumulati nei lunghi anni di pace. Tutti si inserivano e si saldavano, senza pericoli apparenti, in un immenso architrave. I due potenti sistemi europei stavano l’uno di fronte all’altro, scintillanti e rimbombanti nelle loro panoplie, ma con sguardo tranquillo… Il vecchio mondo, nell’ora del suo tramonto era bello a vedersi…» Winston Churchill, la crisi mondiale, 1921
Dopo gli eventi traumatici del 1873 e del 1895 ( la grande depressione NDR) e molto prima della tragedia spartiacque della prima guerra mondiale, La belle epoque fu idealizzata come un periodo di pace e prosperità in cui si presupponeva, in modo forse molto ingenuo una sorta di soluzione salvifica per tutti o problemi che affliggevano l’umanità. Come le epidemie ad esepmio, o il potere sfrenato della grandi entità nazionali che nella loro assurda corsa per primeggiare si facevano beffe dei loro cittadini.
Ma, sottolineo ma, l’apparente progresso aveva un suo costo: il benessere di alcuni si basava, ovviamente sulle fatiche e sul disagio di molti altri tipo l’operaio, il contadino e il proletariato, questo diede l’avvio delle mobilitazioni operaie e a quelle dei partiti ideologici, che occupavano le piazze con le loro proteste per far valere i propri diritti. I protagonisti della storia furono proprio questi movimenti di massa, i partiti, insieme allo stato, le industrie, le banche. La società industriale, la tecnologi applicata all’economia dei consumi, il carattere globale della vita dell’uomo, l’alfabetizzazione crescente produssero una nuova mentalità, con nuovi comportamenti e interessi
Arriva il grande massacro.
Ecco che anche il nostro famigerato novecento si mostra come Giano bifronte: due volti distanti e al tempo stesso empatici da un lato le grandi conquiste divili economiche sociali e scientifico tecniche dall’altro tragedie immani dal volto sanguinolento della decadenza il cui volto più terrificante è la prima guerra mondiale che diede poi l’avvio a altri grandi disastri sociali e politici ( la seconda guerra mondiale e lo scontro est ovest)
Le tensioni tra gli stati e il desiderio di supremazia furono pertanto la scintilla che diede inizio alla disastrosa guerra, che lacererà la psiche di molti uomini dell’epoca divenendo diversa dai conflitti a cui si era abituati in passato: tecnologica, senza eroismo, capace di alienare la psiche dei molti giovani idealisti che si offriranno come olocausti in pasto alle belve al potere.
La nuova tecnologia si sposerà quindi con la volontà ideologia di annientarlo il nemico caratterizzandosi per la recrudescenza delle battaglia, la disumanità di tante azioni belliche e sopratutto per i massacri che porterà con se.
E fa pena vedere sui grandi viali
tutti quei borghesi in festa;
se per loro la vita è rosea,
per noi non è la stessa cosa.
Invece di nascondersi, tutti quegli imboscati
farebbero meglio a scendere in trincea,
per difendere i loro averi; noi non abbiam nulla,
noialtri, poveri morti di fame.
Tutti i compagni son sepolti là
per difendere gli averi di quei signori.
Quelli coi soldi ritorneranno a casa
perché è per loro che noi si crepa.
Ma ora basta, perché i soldatini semplici
ora si metteranno in sciopero.
Sarà il vostro turno, grassi borghesi,
di salire sull’altopiano,
perché se volete la guerra
pagatela con la vostra pelle…Canzone di Craonne (Francia, 1917)
La terribile pandemia.
Altra tragedia, citata nel libro stesso fu la terribile pandemia della cosiddetta spagnola uno stato influenzale insolitamente mortale che fra il 1918 e il 1920 uccide decine di milioni di persone nel mondo.
Non solo la guerra, ma anche la natura sembra voler partecipare all’orrore.
E il messico?
Per quanto riguarda il Messico riporto uno stralcio del testo in questione
In certi momenti, prima della guerra, con tutte le promesse tangibili e lì davanti a lei, Beatriz si era sentita fortunata a essere una donna di quell’epoca e che le sue figlie fossero donne del nuovo secolo. In quell’era di meraviglie, le possibilità sembravano infinite: la moderna ferrovia accorciava le distanze e muoveva merci e persone in gran quantità. Le navi a vapore permettevano di attraversare l’Atlantico in direzione dell’Europa in poche settimane. Il telegrafo consentiva a una persona di venire a sapere, nonostante le grandi distanze e nello stesso giorno, della nascita o morte di un parente, o di portare a termine velocemente un affare che, tempo prima, avrebbe impiegato mesi a concludere. La luce elettrica aveva reso possibile una vasta gamma di attività notturne e il telefono, sebbene non fosse ancora d’uso generalizzato, avvicinava le persone.
Tuttavia, invece di avvicinarsi grazie a queste meraviglie, le persone si intestardivano ad allontanarsi: per prima cosa, in Messico, la Rivoluzione. Poi, nel mondo, la Grande guerra, che finalmente sembrava sul punto di finire. Ma non contenti di essere impegnati a soffrire e a lottare in questo conflitto, ora i russi se ne preparavano uno tutto loro in casa, fratelli contro fratelli, sudditi contro re.
Echi di grandi avvenimenti come appunto la rivoluzione russa e la grande guerra, sembrano scuotere una sorta di idilliaco quieto vivere , la famiglia Morales, sfiorandoli forse ma imprimendo su ognuno di loro il terribile marchio della violenza.
Sono questi avvenimenti che, forse, diedero fuoco alle polveri delle tante, troppe contraddizioni sociali presenti in molti paesi che, seppur apparentemente beneficiari di una ventata indiscussa di novità e benefici, non erano capaci di viverle fino in fondo, limitandosi a goderne dei benefici materiali, tecnologici, costruendo muri affinché come direbbe il buon Giuseppe Tomasi di Lampedusa:
Bisogna cambiare tutto per non cambiare niente
il gattopardo
Ecco che l’innovazione stessa era riservata agli eletti, ai privilegiati, lasciando gli altri nelle condizioni più disagevoli.
Echi della rivoluzione.
E cosi mentre la guerra mondiale:
Vista da questa prospettiva, la guerra le sembrava lontana.
un altro evento si palesa sullo sfondo del sussurro delle Api: la rivoluzione messicana.
Dopo la severa punizione federale imposta in seguito al tentativo indipendentista del governatore Vidaurri, alla fine del secolo precedente, il popolo dello Stato del Nuevo León preferiva mantenersi relativamente alla larga dalle oscillazioni di questa guerra. Non tutto il male vien per nuocere, pensava Beatriz. Ora si rendeva conto di essersi sbagliata: in un certo senso, si era convinta che, finché non l’avesse sentita propria, la guerra non avrebbe toccato né lei né i suoi cari. All’inizio la giovinezza e l’idealismo l’avevano portata a condividere il principio di non rielezione e il diritto al voto valido. «Suffragio effettivo, no alla rielezione»: le era parsa una frase elegante e degna di passare alla storia. Di certo era ciò di cui aveva bisogno il Paese, per rinnovarsi ed entrare in pieno nella modernità del ventesimo secolo. Avrebbe regnato il buon senso, la guerra presto si sarebbe conclusa con l’allontanamento dell’eterno presidente Díaz e sarebbe tornata la pace. Alla fine, l’unica persona di buon senso di questa storia si era dimostrato lo stesso Porfirio Díaz, che aveva smesso di restarsene attaccato al potere, si era accorto che non vale-va la pena di difendere l’indifendibile, aveva fatto le valigie e, dopo pochi mesi di scontri, se n’era andato in esilio.
La rivoluzione messicana ebbe inizio nel 1910 per porre fine alla dittatura militare del presidente Porfirio Diaz e terminò nel 1917 con la promulgazione della costituzione.
Durante i suoi 35 anni di governo Diaz portò al Messico una notevole crescita economica e una discreta stabilità politica a costo, ed è il dramma di ogni regime, di alti costi economici e sociali pagati dagli strati meno favoriti della società. E fu proprio la ribellione e l’opposizione al regime al centro della rivoluzione e fu il catalizzatore dello scoppio della ribellione politica.
Tutto iniziato dall’èlite progressista messicana ostile a Diaz guidata da Francisco Madero e appoggiata militarmente da Pascual Orozco e Pancho Villa. Si estese poi alla classe media ai contadini rurali e alla altre classi lavoratrici. Tutto questo postò all’elezione di Madero con una votazione libera ed equa. Essi furono poi deposti e assassinati dal regime controrivoluzionario di del generale Victoriano Huerta che sali al potere sostenuto, udite udite, dall’ambasciatore degli Stati Uniti Henry Lane Wilson, dagli interessi commerciali locali e altre forse reazionarie. E fu questo evento, inito alla costante intromissione delle ptoenze straniere una Adele cause che affliggeranno il pese, portandolo sempre sull’orlo del baratro a causa di costanti e crudeli guerre civili.
Epilogo
Una storia complessa, fatta di problematiche tipice del Messico, di una non volontà di creare un paese davvero florido e libero, si scontrarono con i problemi di un Europa che pensava di trovare una sua identità nelle guerre, nel nazionalismo e nel razzismo poi.
Ed è in questo momento quasi disperato, in questo novecento allo sbando che una luce filtra dalle pagine.
E Simonopio e la sua capacità di far pace con il silenzio senza la costante tentazione di riempirlo di urla e cacofonia.
Simonipio forse emerge con tutta la sua radiante bellezza quasi a voler esaltare l’autentico spirito, perso nei vagheggiamenti politici del secolo in questione.
La luce nel buio dell’arretratezza, sopratutto mentale, ostacolata da esseri senza scrupoli