
La prima cosa che ho pensato leggendo il libro non sono una signora è a uno dei mie aforismi preferiti di Anthony de Mello:
Mi capita spessissimo, nei miei gruppi, di trovare persone che non sono assolutamente presenti. È presente la loro mamma, è presente il loro papà, ma loro no. […] Potrei sezionarvi, pezzo dopo pezzo, e chiedervi: «Vediamo, questa frase viene dal papà, dalla mamma, dalla nonna, dal nonno, da chi?». […] Chi vive in voi? Pensate di essere liberi, ma probabilmente non c’è un gesto, un pensiero, un’emozione, un atteggiamento, una convinzione in voi che non venga da qualcun altro.
De Mello
Nella storia di Irene presente in modo ossessivo è il retaggio familiare, difficile e brutale.
E’ cosi impegnata a non farsi trasportare nel baratro dagli insegnamenti sbagliati, cosi decisa a distinguersi che per lei il temine signora divine una sorta di miraggio da raggiungere a ogni costo.
In quella definizione alla riversa ogni sentimento positivo, la rispettabilità, l’approvazione, la responsabilità di essere madre.
Sono una signora è capace di seguire i figli, di farli crescere e di proteggerli anche a costo della propria felicità.
E’ l’approvazione che diventa fondamentale per Irene, tanto da diventare quel balsamo capace di curare tutte le sue ferite.
E di nuovo mi sembra di ascoltare la voce di De Mello:
Voi e io abbiamo provato questa droga che si chiama approvazione, stima, successo, accettazione, popolarità. Una volta ingerita questa droga, la società può controllarci e diventiamo dei robot. «Come stai bene!». E il robot si gonfia d’orgoglio. Premi il tasto stima e il robot diventa dieci centimetri più alto. Premi il tasto critica e cade a terra. Controllo totale. (…) Avendo ingerito questa droga avete perso la vostra capacità di amare. Sapete perché? Perché non potete più vedere liberamente nessun essere umano. Vi limitate a prendere in considerazione soltanto il fatto che essi vi accettano oppure vi rifiutano, vi approvano o vi disapprovano
De Mello
Per Irene staccare la spina del passato, creare una cesura con il suo presente significa semplicemente trovare quel posto nel mondo che le è stato negato da gente bigotta e da genitori probabilmente incapaci di amare.
E di essere genitori.
E cosi la prima parte del libro ruota attorno a una donna che sacrifica tutto pur di essere degna non soltanto agli occhi della società, onnipresente e asfissiante, ma anche a quelle figlie che diventano per ironia della sorte il suo riscatto.
Un riscatto a cui non può ambire solo con le proprie capacità,solo con il reiterare in modo ossessivo l’aspettativa a diventare signora, ma con la possibilità donata a una sorta di inconsapevole Maddalena redenta, ossia il sacrifico.
E cosi essere una signora significa soffocare ogni impulso, ogni creatività, ogni ribellione.
Significa indossare una maschera e riscattare una colpa inesistente. Perché la sua unica colpa è quella di aver disatteso le aspettative sociali. Madre troppo presto, una scelta sbagliata e forse l’anatema peggiore di non aver potuto portare a temine un matrimonio.
Di non essere stata capace fino in fondo di subire.
Ciononostante la sua menzogna diviene realtà e si convince che una signora non può essere fantasticamente folle, favolosamente libertà.
Che non può essere felice.
Se non assurgendo a un ruolo di madre asessuata.
E lei è una signora perfetta, sottomessa al suo ruolo, capaci di sopportare i colpi della vita, l’ingratitudine, un ex marito opportunista che però deve sopportare perché rea di averlo scelto.
E i sogni distrutti.
Sopporta tutto, pensa di meritare tutto ma non la cosa che è il diritto fondamentale di ogni essere umano: la felicità
E la felicità è già dentro di lei.
E’ nella sua meraviglia di donna.
Nella sua anima così pura.
Nella capacità di accettare i suoi sbagli senza per questo smettere di migliorarsi.
Nel suo volto rigato di lacrime che però brilla senza smettere di sognare.
Perché Irene sogna.
Ed è quella capacità di immaginazione che le permette di aprire uno spiraglio dentro di lei e far accadere il miracolo più semplice e più grande di ogni tempo: l’amore.
Un amore che le da la spinta a vedersi di nuovo, che le da la voglia di cambiare prospettiva e occhiali con cui osservare il suo reale.
E solo in questo momento, seppur con difficoltà, con resistenze, che davvero la vita cambia.
E finalmente la felicità sboccia.
Un libro intenso, importante, di quelli che scavano nell’anima e la rendono migliore decisa come Irene a farsi baciare il volto dal sole.
E mai più tenerlo all’ombra.