“L’inganno del serpente” di E. C. Cann, Panesi edizioni. A cura di Alessandra Micheli

Tutto ha inizio con la genesi.

Si miei cari lettori, anche il libro di cui vi parlerò tra poco.

Come?

Sento le vostre lamentele soffuse, è un libro religioso?

No e si.

No se pensate a un testo che legittimi un’ortodossa visione scolastica.

Si se intendete religione nel suo temine più puro, ossia religio ciò che lega noi, la natura, il cosmo in un qualcosa di organico e interdipendente.

Per troppo tempo la religione e il sacro che essa deve contenere per non diventare parola vuota è stata considerata come prigione.

Ma la conoscenza dei legami tra noi e quel dio chiamato abilmente da
Gregory Bateson Dio Ecologico (dio eco) non possono che darci conoscenza, quindi consapevolezza di noi e del nostro posto nell’universo e quindi…udite udite, libertà.

Del resto non vi ricordate quel mantra di uno strano rabbino, la verità vi rende liberi?

Ecco tatuatelo nella mente nell’anima e nel cuore.

Prima però, di arrivare al controverso Jhesus cosi controverso che molti dubitano della sua esistenza (in fondo nessuno storico ebreo cita un simile maestro, mentre di figli di dio, ossia libertador ne nomina a iosa) esiste la bibbia.

O meglio i primi libri di quella bibbia che è e resta emblematica e oscura. Perché già nelle sue prime pagine appaiono contraddizioni insanabili, se non vengono accettate acriticamente.

Se si usa la logica, unione tra regione e intuito, troppe sono le domande che sorgono durante la lettura.

In primis facciamo l’uomo a nostra immagine.

Nostra, presuppone non un monoteismo ma una sorta di Enneade di divinità che decidono di punto in bianco, di creare la vita dal nulla.

Non vi sovviene nessun dubbio?

Non sembra quasi una versione romanzata del big bang?

In più, sia questa frase che il nostro, per quanto vogliamo usare la forma linguistica rispettosa del plurale majestatis, appare troppo ma troppo ambigua anche per la presenza di due nomi di una, si suppone stessa divinità, Jahve e Elohim.

Nome e cognome?

O due diverse forme energetiche?

In fondo la genesi assomiglia paurosamente ai miti sumeri.

E questo ci dà una sorta di primo indizio, collegato con l’inganno del serpente: che in fondo esiste, come asseriva la Bradley nelle nebbie di Avalon, una sola verità: Ogni dio è un unico dio e ogni dea è un unica dea e entrambi sono parte di uno stesso volto.

E già la concezione religiosa cambia: non più verità rivelata a pochi ma verità, semmai spezzettata per tutti a seconda del grado di evoluzione spirituale.

E fin qui abbiamo questa panteistica e enorme visione religiosa: siamo noi che de diamante, riusciamo e a vedere un solo lato illuminato dal sole.

E il mosaico di Otranto, con la sua apparente cacofonia di simboli ce lo rivela.

Ma attenzione.

Nel testo esiste un altra grande verità celata alle masse ancor più perniciosa di quella che in fondo dio è dio come lo si chiami: l’inganno, appunto, del serpente.

Allora torniamo alla Genesi.

La sapete tutti la storia no?

Adamo e Eva sono nel giardino delle delizie.

Entrambi nudi ma inconsapevoli di esserlo in uno stato di beata ignoranza.

E mentre passeggiavano felici in questo giardino qualcuno sbuca dall’ombra.

Il serpente, proprio lui colui che pare, ci abbia dannato per l’eternità rendendoci non più figli di dio ma umani, e soggetti alla mortalità e al dolore.

Dio nella sua immensa bontà ( ma è davvero bontà?) aveva elargito alle sue creature un benessere assonnato.

Potevano avere tutto e non sentivano ne freddo ne fame: deliziosamente anestetizzati..unconfortabl numb.

Insomma una pacchia.

Dominatori di ogni essere, fruitori di ogni benessere, a loro era precluso soltanto l’albero del bene e del male, identificato, strano a dirsi con la mela.

E il monito era terrificante “Se mangerete il frutto proibito morirete!”

E chi si azzarda, pensa il buon Adamo, adagiato nella stasi del benessere. Sennonché un serpente, infingardo e manipolatorio, ingannatore, cosi ci viene presentato arriva da Eva che appariva meno tonta del suo partner e gli dice “ehi bella ti hanno fregato. Se mangi il frutto proibito non muori. Ma diventi simile a dio perché conosci…il limite. Ossia il bene e il male”.

Eva stuzzicata da questo dubbio prende il frutto e lo mangia.

E pare, costringe a imitarla, il povero Adamo, che subito per placare l’ira di dio si discolpa con un banale “io mica centro nulla. E’ stata lei!”.

La galanteria.

Eppure…mentre la descrizione di urla tuoni filmini, saette, dolore, punizioni ci distoglie, un dato è li presente, troppo scomodo per rendersene conto.

Voi lo state individuando?

No vero?

Vi aiuto io.

Il serpente ingannatore, e dio il buono.

Ci siete vero?

Ecco il passo che vi dovrebbe far rabbrividire:

Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «E’ vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?».
Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato»

Alt.

Fermatevi. Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato.

Ma notate un dato discordante: Adamo e Eva non sono affatto morti come gli aveva intimato il signore.

Anzi.

Sono vivi e vegeti e consapevoli.

E il serpente che dice “Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male».

Ora non vi arriva nessun brivido?

Chi è davvero l’ingannatore?

Dio o il serpente?

Chi davvero ha aiutato i nostri progenitori, statici, ottusi e senza coscienza a diventare esseri umani?

E’ da questo inghippo socio teologico che nasce la dissidenza gnostica, capace a questo punto di stravolgere la severa e ortodossa interpretazione della bibbia.

E del vangelo stesso.

Cosa centra allora tutto questo pippone con il libro?

Perché nascosto dietro le pagine del mistery avvincente, adrenalinico, c’è nascosto questo messaggio.

Forse il serpente, che ci fa ribrezzo, a cui attacchiamo una veste cosi negativa, da averlo tolto persino dai segni zodiacali ( erano tredici e il tredicesimo si chiamava ofiuco) è un salvatore più che il simbolo del male.

Forse bene e male vanno rivisti, forse il serpente può tornare, come era prima, a essere il simbolo di rinascita e di acquisizione della coscienza.

Caso strano, emblema del potere femminile.

E caso strano il tredicesimo segno è collegato alla donna.

Si alla Dea perduta cosi come sostenuto da un eminente studioso come Robert Graves.

E non è un caso che la protagonista della storia, una figura evanescente, a metà, adombrata da un potere maschile corrosivo e limitante, acquisisce mano a mano più fiducia in se, divenendo quasi una Morrigan in cerca di riscatto.

Con una menomazione tipica di chi, lotta contro dio.

Cosi come racconta l’avventura del buon Giacobbe.

Allora l’inganno del serpente è forse più di un libro godibile e ludico: è il racconto lucido e simbolico di un furto.

Un furto ben studiato e consapevole.

Che i naasseni, omaggiati in questo libro, avevano ben compreso.

Che il viaggio abbia inizio e i prodi sollevino il velo.

E i degni possano impossessarsi del messaggio salvifico nascosto tra le pagine.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...