
Ogni donna ha un paio di ali
chiuse dentro di se
Pronta a certe ascese sconfinate
Mentre scrivo questa recensione non posso non ascoltare la bellissima canzone di Enrico Ruggeri “le notte delle fate”.
Perfetta per descrivere il dramma di noi donne spesso chiuse dentro aggettivi che non sono altro che triti e ritriti cliché.
Non si indossano i pantaloni, come raccontava Lara Cardella.
Non si corre ma si cammina leggiadre.
Non si va discinte, ma eleganti e meste.
Non ci si presenta struccate, ma perfette per allietare lo sguardo altrui.
Non si rifiuta il matrimonio, è il nostro destino.
Non ci si ribella.
Bisogna essere carine, comprensive, curate, ingenue e innocenti.
E guai a avere negli occhi un certo luccichio malizioso.
Pena, l’essere violentate non solo fisicamente.
Pena essere additate come puttane.
Parola orribile, deprecabile che per ironia della sorte, in origine non era altro che un modo per definire una donna sacra, colei che comprendeva gli arcani segreti di un orgasmo.
Eh si miei cari lettori.
So che sghignazzerete come piccoli monelli un po’ tonti a questa parola. Ma anticamente il sesso (oddio ha detto sesso! Si ho scritto sesso allora? Siete Barbie?) non era altro che un rito sacrale: faceva avvicinare a Dio. Alla divinità che non era cosi bigotta come quella che dipingiamo oggi e che costringe tutte noi donne a essere delle bambole di plastica.
O incapaci di amarlo.
O costrette a banalizzarlo facendolo divenire oggetto di consumo.
Era un atto che non faceva altro che ricongiungersi con arcane energie un matrimonio sacro che donava conoscenza e crescita la nostro re sacerdote.
Tempi antichi in cui il ciclo non era altro che il segno della nostra particolare condizione umana cardini tra cielo e terra, immagini viventi di quella preghiera che stolti, mormoriamo senza portarle rispetto
cosi in cielo
come in terra.
Come a dire
cosi in alto
cosi in basso.
E infatti, la donna seguiva con il suo ciclo mensile il viaggio della luna. Con la stessa magnificenza solare di quell’astro che donava la vita.
La stessa che cresceva o può crescere in noi, nel nostro ventre.
E non creiamo materia inanimata.
Siamo come il soffio di Dio della bibbia: non solo carne ossa e sangue.
Ma una coscienza tolta dall’enneade del cielo e portata già in quest’immagine dell’infinito.
Ecco cosa significava la donna, prima di essere rinchiusa in definizioni cosi rigide.
E cosi avvilenti.
Donna era solo la madre che si sacrificava per la famiglia.
Che accettava impassibile il volere degli altri perché cosi che si fa.
Donna era la meretrice, colei che sollazzava l’ego maschile e che, degradava, per sua stessa scelta, l’atto sacro, rendendosi meno sacerdotessa e più merce.
Ecco cosa è successo a noi donne.
Imprigionate in gabbie dorate, costrette ogni giorno a recitare a soggetto, tenendosi però la notte tutta per se, con i suoi canti silenti e misteriosi.
E cosi il libro di Barbara è un po’ arrabbiato.
Arrabbiato contro questi cliché che ci perseguitano e ci condizionano la vita.
Questa dicotomia tra donna da sposare e donna da letto.
Tra brava e peccatrice.
E ci presenta due figure, cosi come emergono dalla letteratura classica. Lei dolce, buona adorabile e l’altra folle scandalosa, politicamente socrretta.
Mina è antipatica.
Vi avverto.
Se cercate una protagonista in cui identificarvi non è lei.
Porterà, mentre riderete di cuore, alla luce qualcosa che la società ci ha costrette a scordare: la goduriosa bellezza del corpo, la voglia di sentire ogni emozione carnale senza che essa diventi peccato.
Mina è bella, formosa, dissacrante, ironica.
Libera e fragile cosi fragile che il mondo corrotto tenta di uccidere la sua spontaneità e la sua deliziosa presenza facendola diventare semplice oggetto delle voglie maschili.
Come lo scoprirete.
Fatto sta che tutto ciò che dicono di Mina che fanno a Mina, in un certo senso appare, ripeto appare, quasi meritato.
Ella è come la Nora di Giacono Feraiuolo, troppo poco biancaneve per essere difesa, perché le sua aperta la porta del cuore e molto Grimilde.
A noi Grimilde fa paura, perché rappresenta la femminilità oscura, necessaria però, per poter dare alla luce la Donna, quella vera non quella di plastica.
Allora mentre leggerete questo libro potrete fare due cose.
Considerarlo solo una piacevole frizzante commedia romantica.
O un occasione, per mettere il vostro femminismo alla prova.
E i vostri valori verranno messi a nudo.
Se ci credete davvero, Mina l’amerete come la amo io.
Cosi com’è.
Imperfetta.
Fragile,vittima e carnefice.
E solo allora quando l’amerete, Mina farà pace con la sia fragilità
E diventerà la donna che vive dentro tutte noi, anche voi che la temete. Quella fiera, quella capace di avere la dignità anche tra il fango più melmoso.
Perché lei ha un paio di ali brillanti.
Chiuse dentro di se e pronte a stupirci.
Brava Barbara.
***
per te
che mi hai insegnato a essere ribelle
dovunque sei
non smetterò mia di esserlo
in tuo onore.