
Non tutto è come appare.
Spesso dietro la superficie calma e sonnacchiosa di ogni città, di ogni persone si cela un mondo oscuro molto spesso cosi marcio che è impossibile da osservare.
Allora tentiamo di far finta di nulla, tentiamo di nascondere le scorie e la polvere sotto i tappeti.
Fino a che la sporcizia diventa cosi tanta da far capolino ogni tanto ricamandoci alle nostre responsabilità.
Il bambino della porta accanto di una Hope editore che non delude racconta con un ritmo che modula perfettamente la tensione di questi temi spesso usate e abusati nella letteratura thriller: il dramma della facciata.
E lo fa con una originalità tutta sua, giocando con le parole, illudendo e sbeffeggiando il lettore, che nel momento in cui si sente sicuro di aver risolto il rompicapo…si ritrova di nuovo spaesato.
Anche qua ci troviamo di fronte a un quartiere sano, tranquillo e idilliaco. Uno di quelli che rapisce lo sguardo che conquista per la sua pulizia e per quella perfezione che sembra stonare con un mondo eccessivamente cacofonico.
Eppure…le unghie sulla lavagna con quel rumore ossessivo e agghiacciante iniziano a raschiare in una notte come tante, fino a turbare il sonno dei giusti.
Ma sono davvero giusti quelli che perseguita?
E’ davvero cosi perfetta la vita di Kirstie?
E cosi un urlo nella notte, il pianto di un bimbo, qualcosa che non dovrebbe esserci, inizia a distruggere questa tranquillità, questa pacatezza.
Come sempre i segreti custoditi dietro giardini ben curati, vicini un po’ pazzi ma innocui, famiglie perbene e sopratutto modello delle meraviglia chiamata famiglia tolgono la maschera di serenità e iniziano a diventare…
Che cosa?
Mostri?
O semplicemente vittime di se stessi?
La vita perfetta inizia a cadere pezzo per pezzo.
Si rivelano sorrisi fasulli, vicini per nulla gentili.
Si rivelano storie macabre e disgustose che neanche la cosiddetta rispettabilità possono rendere meno oscene.
Eppure…come sempre accade in questi libri, Kirstie nel momento in cui vede inizia a diventare più donna.
All’inizio del libro è una vaga figura, materna, adorabile ma totalmente evanescente.
Compressa dai suoi doveri, da ciò che è giusto per la sua famiglia, sbiadisce.
Inesorabilmente.
Ed è solo nel momento del terrore più cupo, quando pensa che qualcosa in quel quartiere modello non funziona i suoi sensi la rendono più ricettiva e più forte. Non è più solo madre, non è più soltanto moglie, diviene persona.
Una persona che una volta a contatto con il freddo di segreti inconfessabili, una volta aperta la porta di Barbablu, si costringe a vedere.
Contro tutto e tutti.
E cosi i torti vengono riparati e questa discesa all’inferno si risolve in una sorta di crescita personale.
E tutto torna a brillare di nuovo di pulizia e purezza.
Apparentemente.
Perché alcuni segreti vivono ancora e hanno il volto crudele della normalità.
Ma per capire di cosa parlo….beh dovete assolutamente leggere il libro.
E state attenti.
Non sempre ciò che sembra è la realtà.
Un libro agghiacciante, soffocante e claustrofobico, capace di tenere alta la giusta adrenalina e capace di terrorizzare soltanto con immagini, mai eccessivi sempre di enorme classe.
Sono accenni, sono elementi buttati, apparentemente per caso.
Sono piccoli dettagli orrorifici nella loro banalità
L’autrice riesce in questo, rendere orribile il quotidiano.
Un impronte sul prato.
Finestre non chiuse.
Ombre.
E’ il non detto qua a fare da padrone.
Sono i fruscii, è il buio che appare minaccioso, sono i silenzi interrotti da sussurri.
Dall’incubo di Kirstie ne uscirete soltanto sfogliando l’ultima pagina…ma anche questa è solo apparenza.