
Spesso ci si chiede se quel dio che ci ha creati, cosi belli e potenti sia davvero buono come ci raccontano.
Perché se lo fosse, non ci sarebbe motivo di avvertire il male, o il dolore e avere l’anima ricca di ferite.
Un dio benevolo non concederebbe a un essere dal ghigno crudele di prender possesso della coscienza dell’altro e permettergli di inserire vetri taglienti su un cammino già tortuoso e in salita.
Allora dietro ogni storia raccontata dai libri sacri, dietro ogni sermone e ogni fede, cosa davvero si cela?
O tutta la vita cosi come la conosciamo laddove morale e etica le danno forma, non è forse un drappo di seta che nasconde un antro sconosciuto e spaventoso, proprio perché ignoto.
E cosi la storia di Maddalena, donna dal nome importante, non è soltanto una storia di formazione.
La protagonista non trova soltanto la via giusta per riacquistare la propria interiorità perduta e azzittita dal perbenismo e dalla chiusura bigotta di un mondo che queste domande ignora, ma anche un libro sulla paura.
E sono proprio le esperienze pregresse a instillare in noi, cosi come nella protagonista un profondo senso di inadeguatezza, di prigionia rendendoci incapaci con consapevolezza di esplorare la vera porta segreta ossia quella sul nostro inconscio e sollevare quel drappo e fissare il volto di una Dea remota, che in fondo non è altro che la nostra capacità di lasciar andare cosa deve morire e far nascere in quel vuoto, il nuovo. Maddalena porta il nome di una regina, colei che è a guardia di una torre da cui, il mondo, non può essere visto se non nella sua vastità.
Eppure soffre perché in questo piano esistenziale fasullo, il vero mondo demoniaco cosi come direbbero gli gnostici, il potere femminile connesso alla vita, alla morte e alla rinascita è negato.
E la Regina diviene semplice oggetto di desiderio.
E il nome che in fondo potrebbero forgiare un destino diverso, diviene un peso e una maledizione.
Maddalena colei che deve essere redenta da un atto di finta compassione.
Colei che deve pentirsi del peccato maggiore, quello di avere il privilegio della vera femminilità.
Ossia l’empatia con arte, creatività, piacere e voglia di sfiorare il cielo fino a inglobarlo dentro di lei, nel suo DNA.
Che risvegliato da questo connubio mostrerebbe tutta la sua potenza. Cosa ostacola davvero Maddalena?
Le parole del passato.
L’educazione, le abitudini, l’impegno di un mondo profondamente materiale a non far ascoltare la voce interiore.
Ed è allora l’incontro con una strana divinità, bianca, antica eppure sempre nuova che le da la spinta per affrontare i suoi limiti.
Ed è qua che la Catalano introduce gli studi di un autore molto intrigante, che ho amato e che ho usato per comprendere cosa si celi dietro il drappo di seta: Igor Sibaldi.
E nel suo libro migliore quello che fa da sfondo al libro, ossia il frutto proibito della conoscenza, si scopre che il diavolo cosi dipinto come ostacolo e nemico, come antagonista e avversario non è altro che il concetto del limite.
Un limite che, per evolverci dobbiamo superare.
E in fondo il diavolo è e resta l’antico guardiano della porta, quella che da ne regno che ci spetta, l’enneade divino.
Che può essere raggiunto soltanto…sconfiggendo la paura.
Una paura nata dall’educazione, dalle speranze che ci tarpano le ali e ci rendono convinti di essere…semplicemente umani.
E cosi il drappo di seta può essere sollevato solo da una mano ferma, una mano che seppur ferita mantiene la voglia di esplorare e di conoscere.
Ed è con il tatto, che essa riesce a comunicare con ciò che si cela dietro l’arcana porta: un energia universale che ci appartiene, il soffio divino nostro per diritto di nascita.
L’ha ripubblicato su La fantasia anima la vita.
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