
Quando amo molto un autore, mi convinco che, conoscendo il suo stile, a menadito oramai non può più stupirmi.
Insomma so che sei brava Karin e ti seguo da sempre, da quando la mia passione per il thriller è eruttata come un vulcano.
Quindi cosa potevo mai aspettarmi dal tuo libro la moglie silenziosa? Adrenalina.
E due ore in cui sparire per un po’ e ritornare a questa mia vita più ricca e carica.
Mi sono sbagliata Karin.
Già dalle prime pagine ho capito che qua, avevi osato di più.
Che in questo libro non esistevano solo i miei amati personaggi, ne gli intrecci strabilianti che ti hanno resa famosa.
Non c’era solo adrenalina e la voglia di leggerti fino in fondo. Questo libro colpisce per un altro motivo.
E’ un pugno nello stomaco.
E un omaggio a tutte le vittime senza nome di questi tempi insensati, troppo presi dalla ricerca del domino e poco incentrati a condividere la bellezza di un incontro.
Troppo chiusi in se stessi affascinati dalle luci brillanti di città senza anima, per osservare la brutale ma incredibile bellezza dell’altra parte della luna.
Quella donna che erroneamente è stata considerata per troppo tempo, proprietà e oggetto.
E tu qua, in questo libro, lo riveli, lo collochi nero su bianco e ci metti all’angolo, impedendoci di distogliere lo sguardo.
I protagonisti non sono certo i miei amati detective.
Non è Will con quel carico di dolore che lo rende cosi vicino a noi, cosi imperfetto e forse per questo…perfetto.
Non è Sara cosi fragile e al tempo stesso cosi decisa a non permettere alle sue ferite di impedirle di vivere.
E di amare.
E di dolore qua ne vediamo scorrere a fiumi, nelle vite strappate, nella corruzione non solo di animi lasciati marcire.
Lo vediamo questo dolore, agitare i rami degli alberi con forza e udiamo quel fruscio trasformasi in parole “non più”.
E per questo i veri protagonisti…sono quegli angeli a cui spezzano la vita.
A cui tolgono la possibilità di danzare felici sotto la pioggia. E cui recidono i sogni.
Sono quelle donne, descritte cosi bene cosi semplici e cosi piene di vita, brutalmente seviziate da chi, alla compassione non ha aperto la porta.
Di chi al dolore ha preferito la vendetta, la rivalsa.
L’illusione di essere potente solo perché capace di recidere le vite come se fossero steli di un fiore.
Ma anche qua, il vero criminale non è la persona concreta, colui che uccide, il serial killer.
Il colpevole è quel modo di pensare, quelle convinzioni che permettono allo stupratore, al serial killer di fare i suoi orci comodi.
Ecco che la forma mentis appare come il filo conduttore che causa oggi la violenza sulle donne:
“Pensi sia stata stuprata?”
Jeffrey fu sconcertato da quella conclusione
“stiamo parlando di una brava ragazza. Hai visto com’era vestita. Non era nemmeno truccata. Aveva passato l’intera notte in biblioteca.
Non è un tipo festaiolo che ti aspetti venga aggredito”.
La penna smise di battere.
“Mi stai dicendo che esiste qualcosa come una donna stuprabile?”
Per quanto diciamo di no, questa mentalità specie oggi, diventa dominante.
Le categorie ci perseguitano: donna brava e donna poco seria, donna da sposare e donna con cui spassarsela.
E appartengono al linguaggio comune.
Di ogni giorno.
Non vestirti cosi altrimenti poi induci al peccato.
Ecco cosa ci dice quella voce chiamata condizionamento societario.
Non uscire la sera, rischi e in fondo se ti vesti cosi e invece di andare in biblioteca vai in un bar, te la cerchi.
Karin tu lo sia.
Esiste da millenni questa mentalità.
Ed è lei che arma non solo il serial kilelr ma ogni uomo che crede suo diritto usarci violenza, dominarci, sottometterci.
In fondo siamo nate da una costola vero?
Ma la costola non è posata in alto o in basso.
E nel fianco.
E significa che l’uomo doveva tenerla vicino a se, non lontano, non sotto i piedi.
Accanto.
Al fianco o vicina al cuore.
E cosi oggi questo libro piange quegli angeli vittime di questo mostro.
Mentre aspettiamo che una luce lo cacci via e lo restituisca al regno degli incubi.
C’erano 7 angeli Spagnoli
All’altare del Sole
Stavano pregando per gli innamorati
Nella valle dei fucili
quando la battaglia finì e il fumo si schiarì
c’erano tuoni dal trono
e sette angeli Spagnoli
portarono un altro angelo a casa
Willie Nelson
Aspettiamo la fine della battaglia.
Mentre altri angeli anche ora che scrivo, vengono portati in un luogo chiamato casa.
Solo che noi li vorremmo qua, con noi a provarci a vivere.
A sognare e magari cadere.
Per poi rialzarci assieme