“La figlia di Caino” di Natascia Norcia, Myth Press. A cura di Alessandra Micheli

Siete ancora con me miei lettori?

O vi siete nascosti per il troppo terrore?

Non dovete affatto vivere cosi questa strana notte. Le paure sono la vostra compagnia, abbracciatele piuttosto non sfuggite loro.

Dovete imparare a vedere la radiosità dell’oscuro unico senso di meraviglia in questo mondo cosi scontato.

Ma oggi con il velo che si solleva davanti ai vostro occhi attoniti, non è di segreti oscuri che voglio parlarvi.

Conoscete davvero la magia di questo giorno?

E non solo la comunione tra dimensioni.

E’ anche lo svelamento di un reale che non è affatto quello a cui siete abituati.

A Halloween tutto diviene il contrari odi quanto avete sempre visto, dei valori in cui avete sempre creduto e dei volti che pensate di conoscere da sempre.

In questa sacra notte vi è dato il dono di vedere non solo spiriti e mostri, non solo demoni e antenati ma la verità in ogni antro, in ogni angolo in ogni abitudine.

E sapete quella più deleteria di questi tempi solitari?

Quando si scambia la banalità per bellezza.

O miei adorati voi pensate alla bellezza come perfezione, armonia e bontà.

Ma la bellezza è altro e non può essere scissa dalla sua parte..oscura.

La bellezza è quella cantata dai bardi antichi dove il nero dei capelli era paragonato alle ali di un corvo, il biancore della pelle alla neve dove una goccia di sangue rovina l’apparente armonia del tutto.

E’ nell’imperfezione che possiamo ammirare la vera bellezza.

E cosi oggi io vi racconto con le mie vesti da oscura signora, da Cailleach la saggia il libro che deve incantarvi e farvi inchinare di fronte allo spettacolo dell’armonia disarmonica.

E se leggerete la figlia di Caino capirete cosa intendo.

Il testo è scritto con una maestria dono solo dei grandi del passato, coloro che avevano uno strano sguardo sul mondo, tanto da essere tacciati da strani e da devianti.

Uno scrittore del passato vedere attraverso le stringhe del tempo e i buchi della realtà per osservare l’essenza.

E questo libro oltre la trama avvincente, è pieno di quest’eleganza che si mostra a noi in ogni suo splendore.

Non è importante cosa racconta.

Siete troppo abituati alla forma e poco all’essenza.

Non è importante la coerenza dei fatti, siete troppo attaccati alle certezze.

E importante il rimo delle parole, l’intricata maestria dell’intreccio.

La meraviglia canora di questa lingua perduta usata come sinfonia.

Non è importante nulla.

Quello che avrete tra le mani non è una semplice storia.

Ma la possibilità di udire dalla voce tenera e roca di Justine il delicato e inquietante racconto della sua vita e della non vita.

E in questo suo ricordare, noi siamo avvinti.

Come se la parola tornasse incantesimo oscuro e al tempo stesso luminoso.

Una strana malia che occhieggia da questa vetuste pagine, nuove e al tempo stesso ricche di secoli.

Come una cantilena Justine tesse la sua tela per rapire il lettore e farlo restare a bocca aperta.

Perché lei è la signora senza tempo, immortale e amorale, fanciulla e fiera dai lunghi denti ghignanti.

Innocente e peccatrice.

E in questa soffusa atmosfera gotica, senza tempo, senza dimensiona il nostro cuore finalmente più librare, libero in quel cielo che forse è un po’ caliginoso ma che, in fondo, è casa.

Ha un inizio?

Ha una fine?

Oh no miei cari.

I racconti, quelli veri non sono altro che una strana forma circolare fatta di suoni, che si ripetono all’infinito.

Le vere storia un po’ come questo ballo, non finiscono mai.

Si nascondo nei nostri sogni, si rintanano al mattino.

Ma restano incollati a noi.

E anche se apparentemente in questo libro l’etica e la morale, sembrano scomparse esse restano nascoste nelle pieghe di un io che costantemente lotta contro l’istinto selvaggio.

Ed è per questo che, forse Justine è molto più umana di ognuno di noi.

Non cede.

Non fa altro che guardare la sua vita con un occhi a tratti critico, a tratti cinico.

Ma a differenza di noi sa compiangere il proprio peccato.

E promettersi di non ricaderci più.

Possiamo dire lo stesso di tu che leggi?

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