“La fabbrica del Santo” di Leonardo Gliatta, Ianieri edizioni. A cura di Patrizia Baglioni

Valentino è un bambino già sicuro di sé, nulla lo spaventa e tutto può permettersi, lui è il figlio dei Giurato la famiglia più potente della città, il loro nome lo rende intoccabile.

Salvatore, per tutti Tore, è un orfano, i suoi genitori sono morti in un incidente stradale e viene affidato alla nonna dal passato poco limpido.

I due ragazzi non si frequentano, né si cercano, troppo diversi.

Tore inoltre è tutto di Marida, la bimba che cresce davanti alla sua finestra, con cui condivide le giornate, la bicicletta e il sogno di un futuro insieme. Poi una sera, Valentino insulta la nonna di Tore e lui, bambino buono e pacato reagisce in modo imprevisto, lo prende a pugni e lo umilia davanti a tutti.

Ma non basta, lo aspetta nascosto fuori casa per tirargli due pietre appuntite.

La cicatrice che rimane da quella ferita alla testa, diventa il simbolo della loro amicizia. Dopo qualche anno infatti i giovani si ritrovano insieme al liceo, Valentino è svogliato mentre Tore è studioso e responsabile.

Ancora diversi, ancora lontani, è Valentino a fare il primo passo e nonostante le resistenze di Tore i due ben presto diventano inseparabili.

Con la scusa dello studio, gli adolescenti si ritrovano tutti i pomeriggi scoprendosi indispensabili uno all’altro.

Tore è attirato dal fascino naturale e dalla sfrontatezza del compagno, Valentino invece si appoggia sulla rettezza di Tore.

Trascorrono insieme gli anni migliori e nulla sembra poterli separare fino a quando tra i due si inserisce Marisa, da lì tutto sfugge al loro controllo.

Non si tratta solo di loro ma di ciò che hanno intorno.

I tre ragazzi vivono a San Giovanni Rotondo, il paese di Padre Pio e tra storie di amore e amicizia iniziano i lavori per la nuova chiesa dedicata al Santo.

I grandi nomi dell’architettura e dell’arte si muovono per raggiungere il paesello e Tore segue tutto da vicino.

Dopo la scomparsa dei genitori, infatti, il Convento era diventato il suo rifugio e i frati la sua famiglia e in questo momento i religiosi hanno bisogno delle sue capacità e della sua freschezza, lo impiegano prima alla radio e poi alla televisione dedicata a Padre Pio.

Gli eventi scorrono talmente veloci che tutti fanno fatica ad adattarsi, primo tra loro ll paese di S. Giovanni Rotondo, che da piccolo centro deve trasformarsi in meta di fede e pellegrinaggio.

Gli ingranaggi però sono sempre quelli di un vecchio sistema, i soldi per finanziare la chiesa scompaiono presto, i lavori si prolungano, si interrompono e l’impresa tutto sembra, tranne un’espressione di fede.

Soldi e fede d’altronde raramente sono andati d’accordo.

E le contraddizioni riemergono anche tra Valentino e Tore che sembrano ritrovare le loro nature così differenti da allontanarli ancora.

I due continuano a cercarsi talvolta solo per ferire l’altro, per lasciargli un segno della sua presenza fino all’esasperazione dei sentimenti dove gli estremi di amore e odio si toccano.

Un romanzo toccante e coinvolgente in cui i temi dialogano tra loro: la religione controbatte alla legalità, la fede requisisce l’apparenza, e il vizio circuisce la virtù.

Tra di loro i protagonisti tratteggiati con la massima cura, ci rimangono accanto, tanto da sentirli vivi.

Gliatta ha la rara capacità di creare immagini con le parole e chiudo il libro pensando di aver visto un film.

La narrazione fluida guida il lettore e lo cattura con brevi descrizioni liriche ed evocative.

Dopo innumerevoli difficoltà la nuova chiesa è ormai terminata e anche Tore e Vale sembrano aver trovato la propria strada, ma la sofferenza investita è stata troppa.

Si ritrovano irriconoscibili a sé e all’altro, come il nuovo volto di San Giovanni Rotondo, come le vesti da Santo vestite da Padre Pio.

La fabbrica del successo per Valentino e quella del Santo per Tore li ha cambiati, trasformati e condannati per sempre, si sa: “ogni peccato ha il suo angelo punitore”, eppure la loro è solo una storia di due amici che non volevano restare soli.

***

Leonardo Gliatta è nato a Foggia, nel 1977. Ha studiato Cinema all’Università di Siena. Dopo tanti anni a Roma, dove ha lavorato in ambito media per canali tv satellitari, dal 2011 vive a Milano e si occupa di media strategy e analytics per le reti Discovery.

Scrive racconti, sceneggiature, storyboard per graphic novel e radiodrammi (Lifegate Radio). Ha pubblicato una monografia sul cinema di Wong Kar-wai, per Dino Audino Editore.

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