
Conosco Roma come le mie tasche.
Ho passato giovinezza e adolescenza tra i suoi vicoli, in quei palazzi ricchi di storia che però per noi erano solo i goielli ad adornare una città dai mille volti.
Allegro e malinconico.
Potente e fragile.
Aristocratico e popolare.
Dalle mille leggende e dai mille volti anche crudeli come quello del più famoso boia di Roma mastro Titta.
Ma anche la ribellione di Pasquino e i potenti, quelli che un tempo abitarono i palazzi e deciso assieme alla chiesa la sorte di noi cittadini.
E’ il tempo che fu che però sembra ripetersi in una strana spirale senza tempo.
Come se a Roma in fondo lo scorrere delle ere non fosse importante, come se la nostra amata Città fosse un area zero dove tutto ricomincia, con altri abiti altri linguaggi ma sempre con quel cipiglio orgoglioso e a tratti superbo di chi un segno sulle storie tramandate vuole lasciarlo.
E cosi ogni volta che sosto a Campo de fiori, sotto la bellissima e annerita dallo smog statua di Giordano Bruno non posso non ammirare un palazzo ricco di storia e di sussurri a tratti tragici e inquetanti: palazzo Orsini Pio righetti.
Ma un altro palazzo con il nome orsini ammaliava i miei sogni di ragazza, quello a Monte Savello costruito sulle strutture del teatro Marcello.
E potrei elencare altri palazzi con il nome Orsini, che svettano su Roma.
E tutti con quel nome che evoca il più temibile degli animali selvaggi Orsini.
Sembra che certe famiglie lascino dietro di se una strana scia che attragga inesorabilmente noi romani.
Certo una stirpe antica, una delle più importanti di Roma mia.
Una famiglia che ci ha regalato molti papi tra cui Celestyino III ( ovvero Giacinto di Borbone) Niccolo III (Giovanni Gaetano Orsini) e Benedetto XIII. Per noi romani i papi sono un discorso complicato.
Amati e odiati, invidiati, considerati custodi della tradizione eppure posteggiati per quella loro incapacità di lasciare che le nostre energie fluissero libere.
Roma conteneva un popolo strano, a tratti incomprensibile, allegro e romantico.
Guascone e irriverente.
Ma dotato di grande forza espressa dal migliore dei sonetti Romani e trasteverini gagliardi ma senza quattrini.
Il cuore nostro è una capanna
cuore sincero
Che non inganna.
Se sei in difficoltà noi ti aiutiamo.
Ma da fessi non ci passiamo
Ecco per poter accettare il dominio di santa madre chiesa e di ogni famiglia con le pretese di dominazione sulle vite politiche e economica di ognuno un po’ fesso dovresti esserlo.
E il romano fingeva, ma dentro covava quell’ideale malinconico di chi è profondamente realista, dentro il cuore.
Ma volente o nolente, gli Orsini fanno parte della mia memoria di romana.
E mi sento quasi in dovere di comprendere chi erano.
Per questo ho accettato di partecipare a questo evento e leggere,avidamente i lupi di Roma.
Lupi cosi come è lupo anzi scusate lupa l’emblema di questa stupenda e acciaccata città.
Gli Orsini rimasero un po’ come tutti quelli che arrivano a Roma imbrigliati nella sua tentacolare parte oscura, quella che della politica faceva sempre un affar
Quella che la usava per potersi pavoneggiare e arrivare in alto,. Cosi in alto da dimenticare persino la sua anima.
E non certo per il bene comune.
Forse si raccontavano questa favoletta.
Ma il bene era solo oro e potere, la capacità di annichilire il nemico e una “sadica” gioia nel creare intrighi per fregare persino l’alleato.
Gli Orsini furono grandi.
Ma non grandi come la parte buona di Roma vorrebbe.
Per il romano grande è quel senso di incanto che avverte a ogni tramonto, quando il cielo diventa fuoco e allora sa che questa vita, questi vicoli, ogni ciottolo non è altro che un sogno da cui ci sveglieremo per abbracciare latri tramonti e altre primavere.
No.
La grandezza degli orsini e di tanti “regnanti” è quella di accettare il patto e perdersi convinti di essere vincenti e incapaci di vedersi vittime.
Cosi presi da chissà quale chimere da scordarsi quel tramonto meraviglioso.
Che è l’unico potere che Roma ci dona.
La bellezza.
Un libro meraviglioso, scorrevole e avvincente.
Con uno stile che da accogliere in se crudezza e poesia.
Un libro per tutti, non solo per me romana orgogliosa ma per chi vuole che la stira possa raccontare la sua verità.
Perché in fondo la storia siamo noi no?