“Piranesi” di Susanna Clarke, Fazi editore. A cura di Alessandra Micheli.

Surreale è la realtà che non è stata separata dal suo mistero.

René Magritte

Piranesi è uno di quei libri che dividono.

O lo si ama o lo si odia.

E chi lo ama è perché in fondo riconosce lo stesso bisogno di piranesi di vivere in una sorta di dimensione alternativa, quasi una regione dell’anima.

Laddove esiste qualcosa di vivo e al tempo stesso di tangibile che lo ami e lo protegga.

Non un dio distante, quindi, o lontano eoni, assiso su un trono che ci scruta con severità mettendo a nudo ogni nostra debolezza.

Ma qualcosa in cui muoversi, da scoprire e di cui far parte.

Ecco che il mondo uscito dalla penna della Clarke, seppur non originale, è un archetipo che ci colpisce.

Perché il luogo dove noi possiamo essere e non apparire è l’anima.

E’ un luogo per nulla amorevole.

O meglio ci ama, e ci dona bellezza.

Ma la bellezza dello spirito è molto diversa da quella che, qua in questa fallace dimensione ci hanno insegnato ad amare.

E’ la regione del contrasto, delle maree che invadono ogni stanza e che ci fanno conoscere il pericolo e quel senso di appartenenza provato, forse nel regno materno fatto di placenta.

Ci sono statue a ogni porta, che adornano sale ricche di nuvole e stelle, di uccelli che vivono liberi come dovrebbero fare i nostri pensieri, ingabbiati in tante troppe limitazioni.

E le idee rese granito, impossibili da muovere cosi fisse e immobili a ricordarci un po’ quelle che sono le vere certezze, magari erose dalle emozioni ma fisse e sorridenti.

Immobili capaci di sfidare il tempo.

E le statue non solo solo valori, immagini e persino archetipi, sono un po’ quello che dimostra il nostro genio, un genio che non ha forma e aspetta le nostra laboriose mani per urlare la cielo.

E’ la bellezza che resta e ci fa da rifugio quando la notte si ammanta di neve, quando il vento soffia e ferisce la pelle.

Piranesi deve solo rannicchiarsi tra le mani di un gigante di pietra e nulla può minacciarlo.

E abbiamo persino le ossa, quello che ci serve per poter cantare si ricordi, per imparare a venerare e rispetta la nera signora e magari imparare la canzone della donna scheletro, colei che nutrendosi delle lacrime scese dal cuore, riesce a ricoprire di pelle tutto ciò che resta di noi, dei sogni e delle speranze.

Piranesi viaggia con noi attraverso questo strano mondo, che basta a se stesso e però ha bisogno di chi lo racconti perché non svanisce all’alba come fanno certe illusioni.

Ha bisogno di Piranesi, che Piranesi si perda in lui.

Che compatisca i morti, che accarezzi le ossa del tempo che fu, che ammiri le statue e si dimentichi, per un momento o per sempre il suo nome.

Chi è, chi è stato.

E ricomincio come un bambino in fasce a meravigliarsi.

La casa è compassionevole e generosa solo con chi è capace di meraviglia, di tornare solo una potenzialità inespressa, capace di diventare qualsiasi cosa, foglia, stella, albatros, uovo o solo scheggia di marmo.

E pochi, i figli della casa, color che questi viaggi li compiono sempre comprende e apprezza questo libro.

Noi che in fondo sappiamo ascoltare la voce dietro il rumore del mondo.

Che sanno lasciarsi trascinare della maree, non hanno bisogno di un perfetto mondo fantasy.

La casa, quel labirinto in cui si rifugiano quando fuori il freddo taglia la pelle è l’unico vero mondo altro che esista.

Forse non è come lo immaginate.

Ma vi garantisco chi lo sogna ogni notte lo riconosce, e ci si perde volentieri.

Ma attenti.

La casa può rapirvi.

Per sempre.

Può farvi sentire alieni in questo puntino nel vasto universo.

E’ pericolosa proprio perché ti accoglie.

Ma in fondo, vale la pena farci un giretto.

Voi siete pronti?

Piranesi è un libro per i folli, per chi non vuole le cose dritte, per chi sa che la fantasia è un regno oscuro e al tempo stesso luminoso. Che è totalmente storto o sghembo, e per niente capace di venerare le proporzioni, la logica e la coerenza.

Non è realistico, non nel senso che date voi alla realtà e non può essere assolutamente credibile.

La sua forza è nel suo venerare il dio del weird.

Pertanto, se cercate un fantasy in cui la logica domina e innalza pomposi edifici con ogni regola del world building, lasciate stare.

Se invece volete un brivido che profumi di salsedine e poesia, che sia un totalmente insensato, e assurdamente contraddittorio…la casa vi aspetta.

Solo per chi è cosi pazzo da stare seduto su un tetto a suonare il violino sotto un cielo viola.

Se nessuno sente

Suono per me solo

Suono per le stelle

Vecchioni

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